Istantanee di fine secolo. Giuseppe De Nittis a Ferrara

Palazzo dei Diamanti, Ferrara – fino al 13 aprile 2020. A Ferrara la monografica dedicata a Giuseppe De Nittis indaga il suo rivoluzionario sguardo sulla realtà: un viaggio in carrozza dalle pendici del Vesuvio alle grandi capitali della modernità, tra pittura e fotografia, realismo e suggestione.

Giuseppe De Nittis (Barletta, 25 febbraio 1846 – Saint-Germain-en-Laye, 1884), collezionista di attimi e scorci di mondo: la mostra ferrarese a Palazzo dei Diamanti ripercorre la vicenda creativa del vedutista di Barletta da una prospettiva originale, il modo inedito di tradurre l’immediatezza della realtà sulla tela. Che si tratti di paesaggi del sud Italia, ritratti o piazze affollate di Londra e Parigi, De Nittis lasciò ai posteri una raccolta di istantanee del mondo nel suo apparire fugace, partecipe di quel nuovo sguardo ottimista aperto alla modernità. In un percorso parallelo ma distinto rispetto alla corrente degli impressionisti, De Nittis interpretò il gusto delle esposizioni universali, intrecciando la sua pittura con il raffinato sintetismo giapponese e i codici della fotografia. I dipinti in mostra aggiungono valore agli scatti dei fotografi dell’epoca, da Steichen a Le Gray, da Coburn a Stieglitz, e alle prime immagini in movimento dei fratelli Lumière. Prende vita un percorso avvincente, scandito da centosessanta opere, fino all’estrema fluidità di tratto, quando vero e sentimento del vero sono ormai fusi senza più soluzione di continuità.

VEDUTE E COLORI

Espulso dall’accademia di Napoli per il temperamento ribelle, con la Scuola di Resina il giovane De Nittis fissò nelle sue opere i colori dell’aria e del cielo: registrò le variazioni atmosferiche nello scorrere delle ore e delle stagioni, le suggestioni di una natura en plein air mai uguale a se stessa, confidenziale e leggera. Incantano le vedute degli Anni Sessanta e Settanta, tagliate da strade che si perdono all’orizzonte: la tavolozza già essenziale si annulla per descrivere le aride pendici del Vesuvio, lasciando parlare la ruvidità del legno sottostante. De Nittis fu un istantaneo itinerante, un occhio rubato alla fotografia, che tradusse la realtà attraverso inquadrature audaci come il suo carattere, tagli improvvisi e prospettive inconsuete che sorprendono l’osservatore, partecipe di quell’attimo cangiante.

Giuseppe De Nittis, Nel grano, 1873, olio su tela, cm 33 x 25. Collezione privata

Giuseppe De Nittis, Nel grano, 1873, olio su tela, cm 33 x 25. Collezione privata

IN VIAGGIO CON DE NITTIS

Lasciò a Barletta i ricordi di un’infanzia infelice: era diretto a Napoli per non fermarsi, e poi al nord, fino alla consacrazione di Parigi e Londra. De Nittis viaggiò per tutta la vita alla ricerca di nuove città e nuovi cieli da dipingere e da vivere, che in fondo per lui era la stessa cosa. Dipinse “fotografie viventi” da una carrozza, atelier mobile il cui finestrino era l’inquadratura. Nacque così una serie affascinante di vedute urbane in cui il pittore cedette il passo al regista: affiorano i profili indefiniti dei passanti lungo la Senna, le sagome delle carrozze si riflettono sull’asfalto bagnato; la luce opalescente di Londra dissolve le architetture in una visione fantasmatica.
Il “pittore del sole” divenne così il “pittore della nebbia”: con sguardo baudelairiano celebrò i manifesti del progresso moderno e i suoi svaghi. Nei salotti più eleganti immortalò creature sfuggenti dalla bellezza impeccabile, fuochi fatui ai bagliori della luce artificiale; dipinse donne malinconiche, rapite dalle note di un pianoforte, i guanti di velluto delle divine di spalle splendenti al lume delle candele. Ma è quando guarda l’amata Léontine che l’anima del pittore si distende e la sua visione diventa intima, a colazione con il figlio Jacques all’ombra di un grande albero. Una mostra dedicata a un pittore che amò il mondo e l’irripetibilità di ogni suo frammento, dipingendo quello che ogni fotografia ambisce a riprodurre: l’eternità di un’epoca.

Serena Tacchini

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Serena Tacchini

Serena Tacchini

Serena Tacchini è laureata in Lettere moderne presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, con una tesi in letteratura italiana sul colorismo poetico del padre dell’ermetismo, Camillo Sbarbaro. Attualmente si sta specializzando in Archeologia e Storia dell’arte presso lo…

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