La signora del Novecento. Margherita Sarfatti a Milano e Rovereto

Museo del Novecento, Milano // Mart, Rovereto ‒ fino al 24 febbraio 2019. Milano e Rovereto celebrano Margherita Sarfatti: due mostre che si integrano a vicenda, pur rimanendo autonome, e che delineano il profilo della critica d'arte che inventò un movimento, il Novecento, collocandolo con intelligenza nei complessi anni del Ventennio fascista. E rendendolo un mezzo potente di diffusione e conoscenza dell'arte italiana in tutto il mondo.

PRIMA TAPPA: MILANO

Perché dedicare una mostra a Margherita Sarfatti (Venezia, 1880 ‒ Cavallasca, 1961), verrebbe da chiedersi. In fondo non era un’artista e contribuì all’ascesa di Mussolini oltre che alla propaganda del fascismo. Ma, come spesso accade, è andando al di là dei pregiudizi che si trovano le risposte.
L’importanza e la complessità della figura di Margherita Sarfatti sono ben rappresentate nelle undici sezioni della mostra a lei dedicata a Milano dal Museo del Novecento, dal titolo Margherita Sarfatti. Segni, colori e luci a Milano. Sezione dopo sezione la rassegna, con una studiata mescolanza di opere d’arte, abiti, carteggi, inviti e articoli, tocca tutte le tematiche della vita e della carriera della Sarfatti: dapprima l’importanza del contesto milanese nella sua vita e attività e poi il costituirsi di un inedito sistema d’arte tra mercanti, galleristi, artisti e critici, nella Milano degli Anni Dieci e Venti del XX secolo, al cui centro c’è Margherita.
Il percorso prosegue mettendo in luce il ruolo della Sarfatti nella creazione del movimento artistico Novecento e poi di Novecento italiano, indagando sia la sua capacità di orientare il gusto e gli acquisti pubblici che la sua influenza nella formazione delle raccolte pubbliche milanesi. Solo alla fine l’esposizione dà spazio al capitolo più noto della vita della Sarfatti: il suo rapporto con la politica e con Mussolini, l’attività di giornalista e poi la fuga dall’Italia in seguito alla promulgazione delle leggi razziali, nel 1938. Un percorso diacronico attraverso novanta opere di autori come Boccioni, Carrà, Casorati, de Chirico, Funi, Sironi che riesce a fugare qualsiasi dubbio sulla necessità, oggi, grazie alla giusta prospettiva che la storia consente di avere, di far conoscere una figura di importanza culturale e politica eccezionali a cui l’arte e la storia italiana sono indissolubilmente legate.

Mario Sironi, Ritratto di Margherita Sarfatti, 1916-17. Collezione privata, Roma

Mario Sironi, Ritratto di Margherita Sarfatti, 1916-17. Collezione privata, Roma

SECONDA TAPPA: ROVERETO

Ma chi vuole conoscere la personalità e la vita – quella legata al mondo dell’arte e in parte della politica – di Margherita Sarfatti deve percorrere anche la valle dell’Adige e raggiungere il Mart di Rovereto: museo più che titolato a organizzare un approfondimento sulla protagonista, dal momento che detiene il Fondo Margherita Sarfatti e che sin dalla sua fondazione ha concentrato le sue attenzione sulle vicende del XX secolo (indimenticabili le ultime mostre, tra cui Un’eterna bellezza). Focus della mostra, come del resto recita il sottotitolo, è la riproposizione, tramite una selezione limitata, delle tante tappe internazionali che hanno visto viaggiare da un continente all’altro, tra il 1926 e il 1932, le opere – quelle più piccole, più trasportabili e più resistenti – dei maggiori esponenti di Novecento.
Dalla Francia all’Argentina, dalla Germania all’Ungheria, dalla Scandinavia all’Uruguay, Margherita si fece reale ambasciatrice dell’arte italiana nel mondo. Ma questa sezione giunge solo al termine di un ricco percorso che indaga le origini, la formazione, la famiglia dell’intellettuale, per poi indugiare sugli autoritratti dei comprimari di questa avventura straordinaria, gli artisti che si sono autorappresentati e le loro opere. La temperatura della mostra sale in corrispondenza del passaggio – che è culturale, è politico e basato su una profonda riflessione critica di Sarfatti – dall’atmosfera entusiasta e celebrativa di Dux (pubblicato nel 1926) al ridimensionamento di tutto quello che fu – delusioni e dolori compresi – con Acqua passata (1955): una lucida memoria di una donna che sposò un’ideologia e che infine ne rimase vittima.

Letizia Pellegatta e Marta Santacatterina

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Letizia Pellegatta

Letizia Pellegatta

Letizia Pellegatta, laureata in Architettura presso il Politecnico di Milano con una tesi in ambito storico-urbanistico, è appassionata di storia, arte e dei legami tra storia e manifestazioni artistiche ma anche profondamente curiosa della contemporaneità. Inaspettate casualità l’hanno portata a…

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