Le icone contemporanee di Ismaele Nones sono in mostra a Lissone
Figure bizantine a bordo piscina o impegnate in un bacio alla francese: nella sua prima mostra personale istituzionale, il pittore Ismaele Nones porta un corpus coeso e corale, che si rapporta con la storia dell’arte, delle forme e dei simboli. Ma anche con la collezione del MAC di Lissone

Il MAC di Lissone ospita la prima mostra istituzionale di Ismaele Nones (Trento, 1992), a cura di Stefano Raimondi, una panoramica degli ultimi quattro anni di lavoro dell’artista, con l’esposizione di circa cinquanta opere che occupano l’intero spazio museale, dal piano interrato al secondo piano.
Ismaele Nones e la pittura
Nones approccia la pittura nel laboratorio del padre, imparando a casa, dove i colori erano sempre disponibili, l’accostamento delle tinte, l’equilibrio delle forme e la bellezza del decoro e delle geometrie. Con il lavoro di bottega, quasi in modo inconsapevole, acquisisce un alfabeto, uno stile, che fa proprio e nel quale si ritrovano riferimenti alle icone e agli ideali delle forme antiche, che egli reinterpreta con uno sguardo laico. Emblematica di questa postura l’opera Riposare in pace a bordo piscina (2023), che evoca la deposizione di Cristo traslandola in un contesto ordinario e in una condizione profana.
La mostra di Ismaele Nones a Lissone
Con il linguaggio acquisito Nones affronta i temi che lo interessano, tra cui l’eros, la lotta, gli alberi e gli animali,attingendo a piene mani ai riferimenti della storia dell’arte. A chi parlo quando parlo – titolo dell’esposizione e di una delle opere esposte – è una domanda, tratta da una poesia di Patrizia Cavalli, che è posta non in senso autoreferenziale ma in un tentativo di parlare un linguaggio universale. I corpi delle figure che egli traccia con una linea sintetica e lineare, e con una pittura grafica, gli animali che emergono da sfondi ora naturali – montagne, radure –, come nel trittico Chiara confusione (2023), ora artificiali – pavimenti, pareti e piscine – di evocative residenze, come in Volevo fare il bagno ma c’era un pavone (2020) e Leopardo in villa (2021), ingaggiano una relazione interna all’opera e con chi guarda, in un tentativo di ritorno al simbolico come elemento attivatore di una relazione umana e di un dialogo sincero. I’m fine I’m just dying (2024) contrappone la staticità dell’uomo e la lotta tra le due fiere, disegnate come in un manoscritto medievale, che riemergono anche in una battaglia, in volo, ne L’inadeguato (2021), ove l’uomo condivide con l’animale un amaro destino.







La pittura di Ismaele Nones al MAC
La capacità di restituire la bellezza come chiave di lettura del reale è al primo posto anche nell’allestimento che riesce a fare dell’opera di Nones un corpus coeso e corale, tra dentro e fuori, integrando le finestre-vetrine del museo come luogo espositivo per i dipinti. L’artista dialoga anche con le opere di Karel Appel, Giorgio de Chirico, Piero Dorazio, Mario Schifano e Antoni Tàpies, parte della collezione permanente del MAC. Il Museo di Lissone conferma, dunque, sotto la direzione Raimondi, la volontà di proseguire nella promozione degli artisti emergenti costruendo un progetto dal solido impianto che porti avanti l’azione di accreditamento del luogo come centro di sperimentazione e ricerca, come ponte tra passato e futuro.
Silvia Scaravaggi
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