La semplicità del sesso: Iva Lulashi al Padiglione Albania della Biennale 

Alla 60. Biennale di Venezia è Iva Lulashi a rappresentare l’Albania, con uno statement ben definito: dobbiamo pensare alla sessualità nella sua spontaneità e naturalezza, “come bere un bicchiere d’acqua”. Ne parliamo con il curatore del padiglione, Antonio Grulli

All’Arsenale di Venezia, il Padiglione Albania della 60. Esposizione Internazionale d’Arte vede la partecipazione della pittrice italo-albanese Iva Lulashi (Tirana, 1988), con nuovi dipinti allestiti nella ricostruzione 1:1 dell’appartamento milanese (nonché studio) dell’artista. Abbiamo intervistato il curatore del padiglione, Antonio Grulli, per parlare della pratica artistica di Lulashi, che indaga il desiderio e la sessualità nella loro semplicità. 

Iva Lulashi, Love as a Glass of Water, Padiglione Albania, 60. Biennale di Venezia. Installation view, Photo Andrea Rossetti
Iva Lulashi, Love as a Glass of Water, Padiglione Albania, 60. Biennale di Venezia. Installation view, Photo Andrea Rossetti

Intervista ad Antonio Grulli 

Il titolo del padiglione che hai scelto, Love as a Glass of Water, come tu ben spieghi, deriva dalla teoria con cui la rivoluzionaria femminista Alexandra Kollontai descrive il pensare gli impulsi sessuali come una pura e normale necessità umana, che deve essere soddisfatta con spontaneità e spensieratezza… come “bere un bicchiere d’acqua”. Come mai questa scelta per il titolo del padiglione, da cosa deriva? 
Il titolo è sempre un elemento fondamentale di ogni progetto. Deve riuscire a colpire e a riassumere immediatamente il nocciolo di quello che si vuole presentare. Avevamo bisogno di un titolo che potesse comunicare sia il Padiglione Albania sia il lavoro di Iva Lulashi nella sua totalità. Iva aveva già usato questo titolo in passato e lo abbiamo recuperato perché ci sembrava perfetto per il contesto veneziano. C’è il termine “amore” che riassume i soggetti cardine delle sue opere: la sessualità, i rapporti interpersonali, e tutto quello che sesso e sentimenti possono portarsi dietro in termini di desiderio, paura, speranza, problematiche, ragioni di vita. C’è la parola “vetro”, che richiama uno degli elementi più caratteristici di Venezia ma è in grado di trasmettere l’idea di qualcosa di prezioso, bello e al tempo stesso fragile. E infine abbiamo l’“acqua”, anche questo un concetto profondamente veneziano e al tempo stesso una metafora di tutto ciò che è fluido, inafferrabile, trasparente, vitale e al tempo stesso pericoloso. Tutto si teneva assieme in questo titolo e lo abbiamo amato senza dubbi dal primo secondo. 

Ci puoi parlare delle opere pittoriche di Iva Lulashi? Pensi che il tema dell’amore e del desiderio sessuale femminile sia centrale nei suoi lavori o è più una lente attraverso la quale poterli intendere? 
No, è davvero centrale. Il sesso, l’amore e il desiderio sono elementi fondamentali della nostra vita ma che vengono trattati troppo poco nell’arte, se non in maniera estremamente ideologica e politicizzata, mai nella loro semplicità. In questo il lavoro di Iva è davvero importante oggi. Ovviamente facendolo dalla prospettiva di una donna si porta dietro anche tutto un apparato femminile che rende il suo lavoro anche uno strumento esistenziale, liberatorio e destabilizzante per molti. 

Quadri come Il silenzio di latte del 2021 o VOI del 2020, ricordano gli still o frame di video o film. Come vengono scelti i soggetti da cui trarre poi le opere? 
A questa domanda dovrebbe rispondere l’artista. Da parte mia posso solo dire che l’abilità dell’artista nel trovare immagini dotate di una “profondità abitata”, di una ambiguità significativa, e di una complessità destabilizzante sono uno dei suoi punti di forza, su cui poi si innesta tutto il processo pittorico. Alla base c’è quindi un grande intuito “fotografico” nel trovare il fotogramma perfetto ogni volta. 

In che modo è avvenuta la scelta delle opere pittoriche da esporre e come ci parleresti dell’iterazione tra la tua visione, la visione dell’artista e lo spazio del padiglione? 
È stato tutto molto naturale. Abbiamo messo assieme un gruppo di opere nuove pensate appositamente per la Biennale a cui abbiamo aggiunto un piccolo gruppo di opere del passato che ci sembrava potessero creare un rapporto intrigante con la nuova produzione. Volevamo rendere questa idea di “liquidità” molto forte che c’è nel lavoro di Iva con tutto quello che può portarsi dietro a livello metaforico. Il tutto è tenuto assieme dal Padiglione vero e proprio, che abbiamo pensato come opera in grado di contenere altre opere.  

Le opere e poi anche il padiglione dell’Albania, come si relazionano con i temi della Biennale Arte 2024, Stranieri Ovunque – Foreigners Everywhere curata da Adriano Pedrosa? 
Iva Lulashi incarna completamente il tema di questa Biennale. Fa parte di una delle diaspore più importanti accadute in Europa negli ultimi anni ma non solo: quella albanese. La sua identità è ibrida e si muove a cavallo tra Albania e Italia. Lo stesso vale per la sua pittura, un intrigante ibrido di tradizioni differenti. La sessualità e il desiderio, inoltre, sono alcune delle tematiche più universali, in grado di superare barriere nazionali e culturali. Rimangono una delle forze più rivoluzionarie e destabilizzanti ancora oggi.  

Chiara Battaglino 

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