La grande mostra dell’artista iperrealista Ron Mueck a Parigi

Cumuli di teschi, una neonata gigante e nuove opere: il maestro della scultura iperrealista va in mostra alla Fondation Cartier, con lavori disturbanti e fuori scala

Nata dalla collaborazione tra l’artista australiano Ron Mueck (Melbourne, 1958) e la Fondation Cartier e ospitata nell’affascinante edificio in vetro e acciaio progettato da Jean Nouvel, la mostra accompagna gli spettatori in una dimensione di meraviglia e riflessione. Con una selezione delle opere più significative dell’artista, insieme a nuovi lavori mai esposti prima, l’esposizione offre un’occasione unica per immergersi nell’opera di uno dei maestri contemporanei dell’iperrealismo.

Ron Mueck, A Girl, 2006. Fondation Cartier pour l’art contemporain, Paris
Ron Mueck, A Girl, 2006. Fondation Cartier pour l’art contemporain, Paris

Le opere di Ron Mueck alla Fondation Cartier

L’attenzione è catturata subito dall’imponente installazione Mass (2017), composta da cento grandi teschi umani, organizzati in cumuli apparentemente disordinati che lasciano spazio per il passaggio e permettono quindi una percezione “dall’interno”. L’installazione crea una sorta di ambiente percettivo che trasporta il visitatore in un’esperienza fisica e psicologica intensa, invitando a riflettere sulla fragilità e sulla finitezza dell’esistenza umana, sulla nostra individualità (ogni teschio appare unico per caratteristiche e dimensioni), ma anche sul significato del teschio come potente icona che attraversa storia e culture e che si impone attraverso sentimenti contrastanti e ambigui nella nostra realtà. Icona ubiqua impossibile da ignorare, che sentiamo immancabilmente vicina perché, come afferma l’artista, “Questi teschi erano persone. Persone come noi. Siamo noi”.

Ron Mueck, Man in a boat (particolare), 2000. Fondation Cartier pour l’art contemporain, Paris
Ron Mueck, Man in a boat (particolare), 2000. Fondation Cartier pour l’art contemporain, Paris

Cambiamenti di scala nelle opere di Ron Mueck

L’effetto di straniamento qui creato dalla quantità e dalla dimensione, si ritrova in tutta la produzione artistica di Mueck, come elemento focale: le sue sculture sono spesso ingrandite o ridotte rispetto alle dimensioni reali, creando un effetto impressionante e disturbante. Così non possiamo ignorare A Girl (2006), un’enorme neonata di cui diventiamo osservatori e insieme oggetto del suo primo sguardo sul mondo. Le tracce di sangue e il cordone ombelicale intatto testimoniano un corpo segnato dall’esperienza del parto e ci mettono di fronte al miracolo e alla fatica della nascita. All’interno della mostra parigina c’è dunque un equilibrio narrativo, creato mediante la contrapposizione tra morte e vita: anche Baby (2000), una piccola scultura di un bambino appena nato, ispirata ad un’immagine tratta da un testo medico, ci invita alla contemplazione, enfatizzando il suo senso sacrale grazie alla collocazione a parete, che crea una sorta di crocifissione.

L’iperrealismo di Ron Mueck e le nuove sculture

L’attenzione al particolare è maniacale e si realizza nella resa di ogni dettaglio della pelle, dei capelli e della loro texture e l’effetto finale è il risultato di un processo che trascende la semplice rappresentazione visiva e crea una profonda connessione emotiva con lo spettatore. Con Man in a boat (2002) Mueck realizza magistralmente l’effetto di sospensione, catturando un momento congelato nel tempo in cui vengono veicolate e cristallizzate le emozioni. È la scena misteriosa di un uomo che copre il suo corpo nudo, seduto in una barca, mentre il suo sguardo vaga  sfuggente e doloroso. È uno stato di sospensione che declina nell’angoscia e nella tristezza, una scena di cui siamo testimoni e che empaticamente viviamo, ma che appare sfuggire alla nostra completa comprensione.
Tra le nuove sculture progettate appositamente per l’esposizione, e che ci aprono alla recente evoluzione della ricerca artistica di Mueck, troviamo This Little Piggy, che rappresenta un gruppo di uomini che macellano un maiale, episodio tratto dal romanzo Pig Earth di John Berger. Qui Mueck dimentica la precisione della resa del particolare a favore di un linguaggio sintetico, “non finito”, che sembra abbandonarsi ad un mondo onirico, una dimensione altra, ad una riflessione sulla ricchezza di un mondo che stiamo perdendo.

Alessandra Frosini

Parigi // fino al 5 novembre 2023
Ron Mueck
FONDATION CARTIER POUR L’ART CONTEMPORAIN
261 Bd Raspail
https://www.fondationcartier.com/en/

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Alessandra Frosini

Alessandra Frosini

Alessandra Frosini è critica e curatrice di mostre d'arte contemporanea. Laureata in Storia dell'Arte Medievale presso l’Università degli Studi di Firenze e specializzata in museologia e in management culturale, dal 2009 ha collaborato con musei, istituzioni, società e gallerie d'arte…

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