È una villa il nuovo spazio d’arte della Fondazione Bally sul Lago di Lugano

Nell’eclettica residenza Anni Trenta conosciuta come Heleneum, la fondazione svizzera porta mostre e appuntamenti con il contemporaneo. A dirigerla c’è l’architetta italiana Vittoria Matarrese

La visita alla mostra Un lac Inconnu, la prima della Fondazione Bally nella nuova sede di Villa Heleneum, è anche l’occasione per scoprire un piccolo gioiello situato a Castagnola, sobborgo di Lugano, sulle rive del lago. Costruita fra il 1930 e il 1934 sul sito dell’ex Villa Caréol è il sogno, solo parzialmente realizzato, di un personaggio eccentrico e bizzarro: Hélène Bieber.

Bally Foundation at Villa Heleneum. Photo Andrea Rossetti
Bally Foundation at Villa Heleneum, Lugano. Photo Andrea Rossetti

La storia di Villa Heleneum a Lugano

Nata nel 1890, originaria di Francoforte, fece fortuna come ballerina di avanspettacolo a Parigi dove frequentava gli atelier artistici e sulle rive del lago svizzero ebbe l’ambizione di creare un cenacolo mondano e culturale, forse in qualche modo ispirato alle esperienze del Monte Verità. Hélène non riuscì completamente nei suoi intenti a causa della crisi economica degli Anni ’30 e della sua ridotta disponibilità economica, e poi dello scoppio della Seconda guerra mondiale. Riuscì comunque a far costruire il suo Heleneum ispirandosi ai modelli neoclassici e in particolare al Petit Trianon di Versailles. Nell’inferriata in ferro battuto del parco si può notare l’iniziale (H.) del suo nome, forse a imitazione delle iniziali che Maria Antonietta (M. A.) volle sul piccolo palcoscenico della reggia dove amava esibirsi.

Haim Steinbach, Close your eyes, 2003, Tania Gheerbrant, Twin in the clouds and other stories, 2023, Bally Foundation, Lugano. Photo Andrea Moretti
Haim Steinbach, Close your eyes, 2003, Tania Gheerbrant, Twin in the clouds and other stories, 2023, Bally Foundation, Lugano. Photo Andrea Moretti

Uno spazio per la cultura sul lago di Lugano

Per volere della Fondazione Bally, il parco e il primo piano della villa, sono liberamente accessibili al pubblico per favorire i legami con la cittadinanza e il territorio. Grazie al particolare microclima, soleggiato e protetto dalle correnti fredde, il parco offre una rigogliosa vegetazione mediterranea (aranci, limoni, pompelmi, kumquat, palme da dattero) non facile da osservare in altre zone del Luganese.  E poi ancora camelie, rose antiche, glicini, cedri, cipressi, eucalyptus. Proseguendo per poche centinaia di metri in direzione Gandria, si raggiunge un’altra oasi mediterranea affacciata sul lago, il Parco degli Ulivi.
Dopo la morte della Bieber (1967) la villa ha attraversato momenti felici e altri più incerti. Fra i primi vanno annoverate le stagioni dal 1969 al 1971, in cui Arturo Benedetti Michelangeli e Franco Ferrara furono presenti come insegnanti ai corsi di perfezionamento pianistico a cui parteciparono giovani talenti, fra i quali Marta Argerich. L’impegno didattico che il maestro bresciano svolse, a titolo completamente gratuito, è forse meno conosciuto di quello concertistico. Vale la pena riascoltare una rara intervista concessa nel 1969 alla Radio-Televisione della Svizzera italiana (si trova su YouTube) proprio a Villa Heleneum in cui Benedetti Michelangeli sottolinea che “il sapere è un diritto, conoscere è un diritto, non è facoltativo.”
Negli anni successivi un altro grande nome della cultura come Elémire Zolla, in qualità di direttore dell’Istituto Ticinese di Alti Studi, ospitò a Villa Heleneum incontri con archeologi, antropologi, storici dell’arte, filosofi, orientalisti. L’ultimo periodo (dal 1988) – prima dell’assegnazione degli spazi alla Fondazione Bally – ha visto la villa unire il suo destino a quello del Museo delle Culture Extraeuropee, diventato poi Museo delle Culture ora trasferito a Villa Malpensata.

La nuova sede della Fondazione Bally

Dunque una storia non banale quella di questo angolo del lago di Lugano, che Vittoria Matarrese, nominata a novembre direttrice della Fondazione Bally da Nicolas Girotto – Ceo dell’azienda svizzera che produce scarpe, capi d’abbigliamento e accessori e conta 1.400 dipendenti e 300 negozi in tutto il mondo – ha raccontato così: “Il mio primo incontro con Villa Heleneum è stato di quelli che non si possono dimenticare: un’architettura elegante, interamente rivolta verso le acque. Quando sono entrata, ho scoperto con sorpresa che il ritmo delle finestre era interrotto da una grande finestra orizzontale, tagliata come uno schermo cinematografico che si affaccia sulla natura incontaminata della montagna antistante. La città di Lugano scompare improvvisamente dalla vista e ci si trova immersi nel silenzio del lago, in una forma di contemplazione intensa e commovente”.
È sulla base di queste sensazioni emozionali, anche connesse con la Recherche proustiana, che è partita l’ispirazione per la mostra inaugurale (fino al 24 settembre). L’architetta barese, con lunghe esperienze dirigenziali a Villa Medici a Roma e al Palais de Tokyo a Parigi, ha allestito un percorso che coinvolge oltre venti artisti, alcuni già affermati a livello mondiale, come Vito Acconci, Rebecca Horn, Caroline Bachmann, Petrit Halilaj e Álvaro Urbano, e altri giovani protagonisti svizzeri come Ligia Dias e il locarnese Karim Forlin.

Emilija Škarnulyt ė, Sunken Cities, 2021, Exhibition view of Un Lac Inconnu, Bally Foundation, Lugano, 2023 © Andrea Rossetti
Emilija Škarnulyt ė, Sunken Cities, 2021, Exhibition view of Un Lac Inconnu, Bally Foundation, Lugano, 2023 © Andrea Rossetti

La prima mostra all’Heleneum e le residenze artistiche

Ad accogliere i visitatori è proprio “quella grande finestra orizzontale, tagliata come uno schermo cinematografico” dove l’artista Haim Steinbach (Rehovot, Israele, 1944) ha apposto la scritta in vinile Close your eyes che sembra essere lo strumento di transizione fra il paesaggio esterno – il lago a pochi metri e la montagna di fronte – e il mondo interiore di ciascun visitatore. Ed è questa la chiave per interpretare tutto il percorso, l’osmosi fra il fuori e il dentro, lo scenario idillico che diventa luogo dell’anima nella memoria di ciascuno.
L’opera 27th of March 2012 (Forsythias) (2020) di Petrit Halilaj (Kosterrc, 1986) & Álvaro Urbano (Madrid, 1983) troneggia sospesa in alto sulla prima rampa di scale che porta al primo piano. Le due grandi forsizie in acciaio colorato si confrontano con la vegetazione esterna, che penetra simbolicamente nella villa e si scorge oltre la grande vetrata.
Lungo il percorso di visita si susseguono opere ipnotiche come la video installazione Sunken Cities (2021) in cui la lituana Emilija Škarnulytė (Vilnius, 1987) esplora – moderna sirena-archeologa – le città romane sommerse nel Golfo di Napoli. O le delicate trame della francese Elise Peroi (1990) che tesse e dipinge la seta per poi cancellare parzialmente le trame costruendo scenari fragili e tremolanti.
Fino al temine dell’esposizione sono in programma performance per sviluppare le connessioni fra le varie discipline artistiche, secondo un approccio curatoriale voluto dalla neo direttrice. Nell’immediato futuro, l’impegno di Vittoria Matarrese sarà anche quello di sviluppare un programma di residenze accogliendo artisti da tutto il mondo e nel contempo rafforzare i legami con il territorio, i giardini e la storia del luogo. La vicenda di Villa Heleneum è ora destinata a intrecciarsi con quella della ditta svizzera creata nel 1851 da Carl Franz Bally, che nel corso degli anni ha calzato personaggi come Charlie Chaplin o l’imperatrice Sissy (il giorno del suo matrimonio indossava stivali svizzeri) o addirittura ha fatto la storia: nel 1953, Edmund Hillary e Tenzing Norgay hanno raggiunto la vetta dell’Everest utilizzando scarponi Bally.

Dario Bragaglia

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Dario Bragaglia

Dario Bragaglia

Dario Bragaglia si è laureato con Gianni Rondolino in Storia e critica del cinema con una tesi sul rapporto fra Dashiell Hammett e Raymond Chandler e gli studios hollywoodiani. Dal 2000 al 2020 è stato Responsabile delle acquisizioni documentarie e…

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