Quotidianità e percezione. Le mostre di Helene Appel e Mairead O’hEocha a Bologna

Dagli oggetti d’uso comune all’impatto di quelli tecnologici sulle nostre esistenze, le opere di Helene Appel e Mairead O'hEocha in mostra alla galleria P420 di Bologna mettono in luce le dinamiche della quotidianità

Ogni opera di Helene Appel (Karlsruhe, 1976) in mostra alla galleria P420 di Bologna ha come fulcro un oggetto comune e l’artista ne compie un ritratto analitico ed estremamente minuzioso. La scelta stilistica del ‒ quasi ‒ iperrealismo fa sì che lo spettatore si interroghi sul soggetto dell’opera. La decisione di raffigurare oggetti consueti è volta al far notare allo spettatore ciò che di norma non avrebbe notato. L’artista, con Towel, sembra ricordarci quanto gli oggetti a noi familiari e quasi scontati, banali siano in verità interessanti: è come se mediante le sue opere lo spettatore si fermasse per un attimo a pensare alla composizione e alla forma degli elementi di cui si circonda. Helene Appel costringe a considerare la vita di tutti i giorni, ma anche la nostra routine, catturandone un particolare.

Helene Appel, Sandbox, 2023

Helene Appel, Sandbox, 2023

LE OPERE DI HELENE APPEL ALLA GALLERIA P420

Envelope ‒ tela che ritrae una busta per le lettere ‒ sottolinea la volontà di riprodurre fedelmente la realtà da parte dell’artista. La scelta di dipingere in modo iperrealista sembra trarre spunto dal Realismo ottocentesco, se non dal Verismo: nelle sue opere, infatti, non vi è giudizio ma solo descrizione, come se l’artista stesse usando il principio dell’impersonalità ‒ tipico del Verismo ‒ per porsi con distacco rispetto a ciò che sta rappresentando.
In Cutting Board (Chopped Fennel) l’artista dipinge un finocchio a pezzi sul tagliere, da cui il titolo della mostra, On the Cutting Board. In quest’ottica le opere ricordano la trasposizione in pittura della poetica sulla busta di plastica nel film American Beauty: un oggetto consueto e ordinario in quel caso diventa un’epifania e ci svela la bellezza di quel particolare e raro ‒ nella sua frequenza ‒ momento.

Mairead O’hEocha, Christmas Goldfish, 2020

Mairead O’hEocha, Christmas Goldfish, 2020

LA MOSTRA DI MAIREAD O’HEOCHA A BOLOGNA

La galleria P420 ospita anche la mostra di Mairead O’hEocha (Dublino, 1962) intitolata Light spells enter. Le opere sono una serie di nature morte realizzate la sera, usando come fonte luminosa uno schermo. L’artista di Dublino riflette sul periodo del lockdown e sul significato che gli oggetti tecnologici hanno avuto per noi: la scelta atipica della luce impiegata per creare le nature morte mette in risalto il tema indagato dall’artista: gli oggetti risultano plasmati e pervasi dalla luce azzurrina, il reale viene plasmato da ciò che, invece, non lo è.
Nel lavoro di O’hEocha il tangibile viene definito dall’intangibile: nelle sue opere l’apparenza e la realtà si fondono, quasi a suscitare nello spettatore un sentimento d’inquietudine.

Chiara Battaglino

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