Verità e post-verità. Thomas Hirschhorn al Maxxi di Roma

Fino al 6 marzo 2022 il Maxxi ospita “The purple line”, una grande mostra che si articola lungo un corridoio viola progettato da Thomas Hirschhorn

Artista svizzero, da sempre interessato a una dimensione sociale e politica, Thomas Hirschhorn (Berna, 1957) porta avanti sin dagli Anni Ottanta una ricerca composta da materiali di recupero e assemblaggi che danno forma a idee e concetti complessi. Nella mostra al Maxxi di Roma, curata da Hou Hanru e Luigia Lonardelli, installa una serie di collage di varie dimensioni su pareti di colore viola.

Thomas Hirschhorn. The Purple Line. Exhibition view at MAXXI, Roma 2021. Photo Matteo Dioguardi

Thomas Hirschhorn. The Purple Line. Exhibition view at MAXXI, Roma 2021. Photo Matteo Dioguardi

IL VIOLA SECONDO THOMAS HIRSCHHORN

La tonalità è stata scelta dall’artista per costringere lo spettatore a una visione all’apice della saturazione, fino a spingerlo verso il limite estremo della sua percezione. Anche lo spazio è stato ridisegnato proprio per indurre chi lo attraversa a osservare meglio: il continuo cambiamento di direzione, infatti, rende impossibile la visione della fine del percorso. Facendo così, l’artista mette in discussione l’idea del museo come luogo confortevole e accomodante, “obbligando” sia gli artisti che il pubblico a confrontarsi con il crudo realismo delle immagini, a riconoscere le proprie responsabilità e magari anche a ripensare la propria sensibilità.
I temi centrali sono: la post-verità, l’ipersensibilità, l’autenticità e la censura. Tutti concetti sui quali l’artista si espone per incoraggiare lo spettatore a mantenere vigile l’attenzione. Le immagini mostrano integralmente i fatti e i volti della cronaca senza i filtri della sfocatura e della pixellazione che vengono applicati in genere dalle autorità. Sono immagini trovate su internet, escluse di concerto da editori e redattori dalle prime pagine dei giornali, proprio per impedirne la diffusione pubblica. Le immagini sono presentate avvolte in buste di plastica trasparente: questo provoca un ulteriore coinvolgimento dello spettatore, che per osservare meglio deve sporgersi per trovare l’angolazione giusta.

ETICA ED ESTETICA NELL’ARTE DI HIRSCHHORN

La serie denominata Pixel-Collage è stata esposta per la prima volta il 9 gennaio 2016 alla Galerie Chantal Crousel di Parigi. Rispetto agli atri collage realizzati dall’artista, questa serie mostra un’importante inversione: i pixel coprono ciò che in genere viene mostrato ‒come ad esempio alcune campagne pubblicitarie ‒ e mostrano spudoratamente corpi dilaniati riconducibili a episodi di guerra senza alcun riferimento esplicito. L’intento dell’artista è anche quello di mettere in relazione due aspetti del mondo che gravitano attorno alla sua esistenza: il consumismo e la guerra. Quando l’artista ha iniziato a lavorare ai suoi Pixel-Collage c’erano già stati quattordici anni di guerra e distruzione in Afghanistan, dodici anni di conflitto armato ed esodo in Iraq. Inoltre la serie ha preso forma mentre si scatenava la guerra civile in Siria e continuava la lotta per la liberazione della Palestina e la sua violenta repressione, solo per citare alcune tra le tante guerre in corso in quel periodo.
Sono sensibile e voglio essere sensibile ma allo stesso tempo voglio essere vigile. Non voglio starmene in disparte, A volte quando vedo spettatori che guardano immagini di corpi martoriati, li sento dire: ‘Non riesco a sopportare questa visione, sono troppo sensibile’. Questo per me è il modo di mantenere una distanza confortevole, narcisistica ed esclusiva della realtà di questo mondo. Dal nostro unico mondo. Il discorso della sensibilità, che in realtà sarebbe dell’ipersensibilità, rappresenta la volontà di mantenere il proprio comfort, la propria calma e il proprio lusso. La distanza viene presa da chi, con i propri occhi, non vuole confrontarsi con l’incommensurabile realtà”, dichiara Hirschhorn.
Secondo l’artista bisogna combattere il fenomeno dell’ipersensibilità, pretendere di conoscere la verità, opporsi alla censura. Bisogna “depixellare” il mondo, perché la pixellazione infantilizza e manipola chi guarda.

Thomas Hirschhorn, Pixel Collage n. 66, 2016. Photo Matteo Dioguardi

Thomas Hirschhorn, Pixel Collage n. 66, 2016. Photo Matteo Dioguardi

HIRSCHHORN TRA REALISMO E ASTRAZIONE

I processi creativi che Thomas Hirschhorn utilizza per mostrarci la ridondanza globale di esseri umani uccisi e disumanizzati sono la pixellazione e la depixellazione. Sono pixel fatti a mano, realizzati con la procedura dei collage, con la traccia visibile delle sovrapposizioni e dell’incollaggio. L’uso spasmodico dei pixel porta a volte a fotografie totalmente incomprensibili che conducono alle forme d’arte astratta. Questo gli dà l’occasione di ricordare uno dei primi fautori dell’astrazione geometrica, Otto Freundlich. Sull’artista tedesco dalle origini ebree, perseguitato durante il regime nazista e morto nel campo di concentramento di Majdanek nel 1943, Hirschhorn dice: “La sua opera non ha ancora la taratura che merita! Perfino i nazisti riconobbero la forza esplosiva della scultura di Freundlich, e usarono l’immagine di una sua opera, ‘Der Neue Mensch’, per il frontespizio del catalogo di Arte Degenerata”. Citando i suoi mosaici Hirschhorn vuole di certo mostrare il dovere di restare indignati di fronte a tutte le persecuzioni e di continuare a piangere ogni vittima. Per instaurare un rapporto didattico con gli spettatori il percorso si arricchisce di documentazioni, immagini e libri disposti accuratamente nelle teche collocate accanto ai collage. L’artista presenta così ogni sua decisione, motivazione e riferimento attraverso un cammino che porta verso l’emancipazione, perché “la verità è visibile soltanto per chi aprirà gli occhi”.

Donatella Giordano

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Donatella Giordano

Donatella Giordano

Nata in Sicilia, vive a Roma dal 2001. Ha studiato presso l’Accademia di Belle Arti di Roma, dove nel 2006 ha conseguito il diploma di laurea con una tesi che approfondiva la nascita dei primi happening e delle azioni performative…

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