Quello tra Franco Guerzoni (Modena, 1948) e Lorenzo Modica (Roma, 1988) è un dialogo il cui senso non risiede nella ricerca di affinità e divergenze nel lavoro di due artisti di generazioni distanti, né nel rilevare, nei quarant’anni che li separano, qualche elemento di continuità o addirittura una comune urgenza creativa. Ammesso e non concesso che un simile vis à vis tra artisti possa soddisfare certe ambizioni, la mostra alla galleria Studio G7 di Bologna si pone su una prospettiva diversa: impostare un dialogo su elementi minuti, apparentemente episodici, sul vicendevole “non detto” che innerva la ricerca di entrambi.
La mostra Nascosto in bella vista, in effetti, si presta bene come formula rappresentativa di questo “non detto”, che altro non è che il problema dell’immagine che gli artisti affrontano.
Il problema non riguarda però, o almeno non solo, un’immagine assoluta, in sé, quanto piuttosto la sua messa in forma contingente, nel farsi di un processo creativo. Entrambi pittori – pur in una mostra che pittorica non è –, Guerzoni e Modica non si limitano a un’indagine che mira alla pienezza di forma e figura, ma guardano a un’immagine che viene alla luce ai margini di un percorso lento e meticoloso, forse volutamente incerto, e che da esso trae forza.

LA MOSTRA DI MODICA E GUERZONI A BOLOGNA
Una mostra come esercizio per lo sguardo: le opere esposte – grafiche, scultoree e installative – stimolano lo spettatore a farsi vicino, ad assumere una postura esplorativa, e a un tempo lo spingono a fare l’opposto, nel timore di aver perduto un elemento, un dettaglio, decisivo. Se su una parete una lastra di gesso mostra una crepa dalla quale vediamo emergere un volto che ci offre un contatto visivo inequivocabile, su un’altra tre lastre di plexiglas accolgono disegni, bozzetti, stampe e ci invitano a possibili associazioni mentali. Nel primo caso, Guerzoni sembra porre il dominio dell’immagine in seno alla materia, in una sua archeologia; nel secondo, Modica pare assumere una posizione opposta, dispiegando note, appunti e schizzi in una sorta di atlante in attesa di essere completato. Due opere, e non le uniche in mostra, agli antipodi, per rispondere a una sola domanda: come afferrare l’immagine, come non farla sfuggire?
– Enrico Camprini
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