La mostra esperienziale di Daniele Puppi a Roma

Daniele Puppi torna ad abitare gli spazi della galleria romana con un progetto inedito, curato da Valentino Catricalà. I lavori conducono lo spettatore in un’esperienza sensoriale che riflette sulle emozioni vissute durante l’ultimo anno.

Inutile ribadire quanto sia stata dura – e quanto lo sia tutt’ora ‒ la pandemia. I severi lockdown, le città deserte, l’assenza di relazioni umane e l’uso smisurato del web ci hanno forgiato nel profondo, amplificando una serie di emozioni vissute in un periodo del tutto anomalo. Ma come è possibile raccontare, o meglio, rappresentare il turbamento e lo stupore di questo tempo? A farlo in maniera coinvolgente è Daniele Puppi (Pordenone, 1970), giunto alla sua terza mostra personale presso Magazzino a Roma. All’interno di ogni stanza dello spazio espositivo alberga uno stato d’animo differente, dove l’immagine e il sound ricercato colpiscono e rapiscono il pubblico in una spirale sensoriale.

VENTIVENTUNO, UN VIAGGIO TRA IMMAGINI E SUONI

Colpire il corpo è l’obiettivo di Daniele Puppi. Il corpo dello spettatore, ovviamente”, così scrive il curatore Valentino Catricalà nel testo critico che accompagna la mostra. “Ma se si vuole influenzare il corpo devi lavorare sull’ambiente, devi dare forma all’architettura dello spazio. Ed è proprio questa la cifra stilistica di Puppi, tant’è che ogni stanza della galleria diventa una ‘vasca’ nella quale immergersi completamente, come nel cielo buio squarciato da una tempesta elettromagnetica, quasi a ritrovare quel romantico sublime arricchito da nuance contemporanee, la cui percezione è amplificata attraverso un lavoro in post-produzione.

Daniele Puppi, Menocchio, 2021. Courtesy l'artista & Magazzino Arte Moderna, Roma

Daniele Puppi, Menocchio, 2021. Courtesy l’artista & Magazzino Arte Moderna, Roma

LE OPERE DI DANIELE PUPPI

Oppure fare un “‘viaggio allucinante’ (FANTASTIC VOYAGE) come titola il film ripreso e rimontato nell’installazione nella piccola sala della Galleria. Qui, l’elemento scultoreo è dato dall’immagine che rompe la gabbia degli schermi con una rotazione infinita, creando un’illusoria tridimensionalità. Un vortice nel quale l’occhio non trova vie d’uscita così come il corpo, toccato dall’incessante ritmo di un’elica in moto. In questo caos ‘allucinante’ si corre senza fermarsi mai, in quel loop mentale e fisico dato dalla spinta finale, quando “il nostro corpo ci dice di rallentare e cambiare la respirazione”. Oppure, lasciare che le macchine prendano il sopravvento senza la possibilità di avere alcun tipo di controllo sulle nostre azioni, come nel lavoro MASTER BLASTER, che riprende alcune immagini del noto film muto La palla n° 13 di Buster Keaton. La comicità della pellicola viene così trasformata in una scena dalle sfumature inquietanti, cercando di acuire lo sguardo verso il nostro tempo.

Valentina Muzi

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Valentina Muzi

Valentina Muzi

Valentina Muzi (Roma, 1991) è diplomata in lingue presso il liceo G.V. Catullo, matura esperienze all’estero e si specializza in lingua francese e spagnola con corsi di approfondimento DELF e DELE. La passione per l’arte l’ha portata a iscriversi alla…

Scopri di più