Affrontare il tempo. Il doppio ritorno di Georg Baselitz a Venezia

Il Museo di Palazzo Grimani schiude le porte dopo un restauro durato due anni e trova in Georg Baselitz un efficace interprete del dialogo tra passato e presente. Mentre alla Fondazione Vedova si srotolano 17 grandi opere pittoriche.

È un ritorno a Venezia in grande spolvero quello compiuto da Georg Baselitz, protagonista nei rinnovati ambienti di Palazzo Grimani, restituiti a uno splendore che evoca le imprese collezionistiche della famiglia cui deve il nome. Dopo la mostra-evento alle Gallerie dell’Accademia, in concomitanza con la Biennale Arte del 2019, il pittore e scultore tedesco, classe 1938, torna in Laguna supportato nuovamente da Gagosian – che sceglie così di iterare una formula dal successo garantito – e mette in atto un dialogo policromatico con le architetture dell’edificio, muovendosi lungo la linea obliqua del tempo.

BASELITZ A PALAZZO GRIMANI

Fin dal titolo, Archinto chiama in causa uno dei capolavori più enigmatici di Tiziano, l’omonimo ritratto del cardinale Filippo datato 1558 e conservato presso il Philadelphia Museum of Art. Carica di rimandi alle vicissitudini politiche e personali del suo soggetto, ma anche alla maestria dell’autore nella resa della materia – fino quasi a sfociare in una dialettica meta-pittorica ‒, l’opera fornisce a Baselitz la sponda ideale per aggiungere un tassello alla propria riflessione sulla caducità del tempo. Il fulcro delle dodici tele dipinte ad hoc da Baselitz, allestite nelle cornici del portego di Palazzo Grimani ‒ che un tempo ospitavano i ritratti dei membri della famiglia – e in prestito a lungo termine al museo gestito dalla Regione Veneto, è un teschio rovesciato, motivo ricorrente nella poetica dell’artista. Mescolando afflati decadenti e richiami a un astrattismo pop, Baselitz torna, con l’affilata lucidità che lo contraddistingue, a rappresentare la morte, facendola precipitare a testa in giù nel vuoto di un supporto “impresso” dal colore. La tecnica usata per la realizzazione di questo ciclo di opere, infatti, trova nel contatto il mezzo per raggiungere l’esito finale. Baselitz agisce su una tela disposta a terra sopra alla quale ne dispone un’altra in fase di asciugatura del pigmento. Dopo aver esercitato pressione con una scopa, l’artista scarta la prima tela e individua nelle forme trasferite sulla seconda l’esito conclusivo del proprio gesto. Il processo messo in campo resta visibile nelle sbavature e nelle irregolarità registrate dal supporto, rendendo tangibile la ricerca condotta da Baselitz sulla materia – quasi un’eco lontana di Tiziano.

Georg Baselitz, Surrealismus die Filzlüge, 2020, olio su tela, 300x400 cm © Georg Baselitz 2021. Photo Jochen Littkemann, Berlino. Courtesy Gagosian

Georg Baselitz, Surrealismus die Filzlüge, 2020, olio su tela, 300×400 cm © Georg Baselitz 2021. Photo Jochen Littkemann, Berlino. Courtesy Gagosian

BASELITZ, LA MATERIA E IL TEMPO

La materia resta al centro della scena anche nel resto dei lavori che compongono la mostra (che durerà oltre un anno), un mix pittorico e scultoreo che affonda le radici negli anni recenti. L’archetipo della figura capovolta emerge sia negli interventi bidimensionali sia in quelli plastici come Zero Mobil, dove il teschio compie una nuova rotazione e si lascia avviluppare da una spirale nera, densa, emblema di quella “diversa figuratività” cui lo stesso Baselitz alludeva in una conversazione con Okwui Enwezor, che lo incluse nella sua Biennale del 2015. Ancora una volta, l’arte di Baselitz non si sottrae alla prova del tempo, invocando una sorta di resa dei conti con un passato mai definitivo. Per tale ragione il confronto con gli ambienti di Palazzo Grimani non stride, ma procede in maniera fluida, giocando su consonanze cromatiche fra stucchi, soffitti, pavimenti e tele, colori, legno plumbeo. Senza indietreggiare nemmeno di fronte alla poderosa statuaria greca e romana della collezione Grimani ricollocata nella maestosa Sala del Doge: a riprova che il presente sa innestarsi sulle corde del passato, purché riesca a trovare la giusta chiave di accesso. E Baselitz sembra possederne una.

Georg Baselitz. Vedova accendi la luce. Exhibition view at Fondazione Vedova, Venezia 2021. Photo Irene Fanizza

Georg Baselitz. Vedova accendi la luce. Exhibition view at Fondazione Vedova, Venezia 2021. Photo Irene Fanizza

BASELITZ & VEDOVA: UNA AMICIZIA DI LUNGA DATA

Se il Baselitz della Domus Grimani è powered by Gagosian, alla Fondazione Vedova il sostegno è garantito da un’altra megas, la galleria Thaddaeus Ropac. Qui il punto è innanzitutto la decennale amicizia che ha legato i due, con Vedova che nel 1963 si reca a Berlino con l’intento di sostenere i giovani artisti tedeschi e che trova in Baselitz un pupillo; un legame che si mantiene saldo negli anni, fino all’omaggio che Baselitz rende a Vedova durante la Biennale di Venezia del 2007, curando poi, nel 2019, negli spazi dei Magazzini del Sale, una mostra dello stesso Vedova, e ora con questa mostra.
Il titolo è Vedova accendi la luce e la sequenza è potente, perfettamente inserita nell’ex studio di Vedova, spazio stretto e lungo, leggermente in salita, ridisegnato da Renzo Piano alla nascita della Fondazione. In totale sono diciassette dipinti, tutti datati 2020. Dieci fanno parte della serie del “gelato” (Speiseeis), atipici ritratti della moglie Elke; sono realizzati con una tecnica che prevede la pressione di una seconda tela sulla prima, quella dipinta, “un procedimento imprevedibile e rischioso, e che allontana l’artista dal risultato”, come scrive Philip Rylands, new entry nel board della Fondazione. Gli altri sette sono altrettanto atipici omaggi al maestro veneziano, non ritratti bensì allusioni all’opera e all’artista, nei quali i titoli sono non parerga ma parte integrante della creazione. In estrema sintesi: la moglie e l’amico; anche Baselitz, superati gli ottant’anni, guarda all’essenziale dell’umano, ovvero le relazioni, lasciando da parte un poco di ruvidezza, nel carattere e sulla tela.

Arianna Testino & Marco Enrico Giacomelli

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Marco Enrico Giacomelli

Marco Enrico Giacomelli

Giornalista professionista e dottore di ricerca in Estetica, ha studiato filosofia alle Università di Torino, Paris 8 e Bologna. Ha collaborato all’"Abécédaire de Michel Foucault" (Mons-Paris 2004) e all’"Abécédaire de Jacques Derrida" (Mons-Paris 2007). Tra le sue pubblicazioni: "Ascendances et…

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