Come è ripartito il sistema artistico cinese? Ce ne parla il team di Long March Space di Pechino

Lockdown e riaperture: in questa serie condividiamo alcune testimonianze di musei e gallerie cinesi, raccontando della pandemia che ha lasciato ovunque dei segni tangibili. Intervista al team di Long March Space di Pechino.

Come è noto, i primi mesi di questo 2020 hanno messo a dura prova il sistema artistico di tutto il mondo, costringendo i luoghi deputati alla cultura ad affrontare profondi ripensamenti e ad abbracciare nuove sfide. Per questo, già nei mesi scorsi, vi abbiamo raccontato come è stata la reazione di musei e gallerie sparsi per diverse città del territorio cinese – i primi ad affrontare il lockdown e la cancellazione di fiere, eventi e turismo internazionale – in una serie di interviste pubblicate in diverse puntate. Ci siamo confrontati con il museo OCAT di Shenzhen, con le gallerie Capsule Shanghai, Beijing Commune, Bank Gallery Shanghai e Don Gallery Shanghai. Chiudiamo ora questa serie con Long March Space, galleria di Pechino che durante la pandemia ha incrementato gli strumenti digitali tutt’ora utilizzati e che ha attuato anche una riflessione sul tempo presente e sui modi di rappresentarlo, adattando il proprio lavoro alle nuove esigenze dell’arte e non solo.

LONG MARCH SPACE PECHINO

Fondato da Lu Jie nel 2002, la galleria Long March Space sorge nell’Art District 798 di Pechino, mettendo a disposizione degli artisti il suo spazio espositivo di 2500 metri quadrati. Il suo compito principale è quello di individuare nuove strade di produzione e comunicazione dell’arte, in modo da promuovere al meglio l’arte contemporanea in Cina. La sua attività si muove su due binari: la collaborazione con artisti affermati e la continua ricerca di artisti emergenti, considerati come risorsa dalla galleria. Dalla sua apertura, Long March Space ha prodotto oltre un centinaio di mostre e progetti artistici, includendo opere di pittura, scultura, installazione e video. Ha partecipato a fiere nazionali e internazionali, come Art Basel Hong Kong, Basel e Miami Beach, FIAC di Parigi, Frieze Art Fair di New York e Art 021 a Shanghai.

Installation view of Zhu Yu solo show“Mute”, 2020, Long March Space, image courtesy of Long March Space, photo by Yang Chao Studio

Installation view of Zhu Yu solo show“Mute”, 2020, Long March Space, image courtesy of Long March Space, photo by Yang Chao Studio

Come avete gestito il periodo di chiusura della galleria?
Long March Space ha lavorato da remoto su vari progetti durante i mesi di febbraio e marzo. Tuttavia, anche ora che gli spazi sono stati riaperti al pubblico, sta investendo nella creazione di sale espositive online.

Come è stata svolta, invece, la riapertura dello spazio espositivo?
La prima mostra dell’anno è stata rinviata. Ma, di pari passo con il miglioramento della situazione sanitaria, durante il mese di maggio Long March Space ha potuto aprire la prima mostra dell’anno: la personale dell’artista Zhu Yu, Mute.

Quali sono state per voi le difficoltà maggiori dallo scoppio del virus al suo contenimento?
La criticità maggiore che abbiamo riscontrato riguarda alcune logistiche legate allo spazio: a fine 2019, avevamo iniziato la ristrutturazione della nostra sede. Per forza di cose i lavori sono stati fermi durante l’epidemia e quindi il completamento del progetto ha subito un notevole ritardo. (Nota del traduttore: Lo spazio è stato riaperto in occasione di Beijing Gallery Weekend in concomitanza con l’opening della mostra personale di Zhu Yu, Mute il 21 maggio 2020).

Zhu Yu, 2015-2020 02, 2019, oil on canvas, 50 x 60 cm, image courtesy of Long March Space

Zhu Yu, 2015-2020 02, 2019, oil on canvas, 50 x 60 cm, image courtesy of Long March Space

Quali sono le principali riflessioni sorte attorno a questo inconsueto e drammatico periodo, che ha sconvolto ovunque le precedenti abitudini?
La pandemia ha interrotto la logica di sviluppo lineare del capitalismo che si era protratta nel corso degli anni: la cognizione, la gestione e il mantenimento di tale logica – a cui eravamo abituati da tempo – hanno mostrato le loro falle. Di conseguenza, ci siamo trovati a ripensare a come affrontare tanti ambiti diversi parte delle nostre vite: dalla scienza alla cultura visiva, dal capitale culturale alla ricchezza, dalla qualità della vita al grado della nostra libertà; abbiamo dovuto ripensare anche a come gestire le nostre emozioni, le nostre riflessioni ma anche la nostra conoscenza.

E l’arte che ruolo ha in questa cornice?
In questo contesto, abbiamo cercato di comprendere appieno il nuovo scenario che si stava delineando anche attraverso l’arte, un mezzo multi sfacettato e carico di vitalità, le cui implicazioni si spingono negli ambiti della politica, dell’economia e della cultura.

Ad esempio?
Long March Space ha sempre avuto una certa lungimiranza: nel corso degli ultimi diciotto anni abbiamo saputo sincronizzare l’aspetto teorico con quello pratico; abbiamo contestualizzato la nostra visione e prassi. Quando Long March Space ha aperto i battenti, ha affrontato la polmonite atipica (SARS). Questa prima emergenza è stata seguita da un periodo di prosperità che è poi confluito nella crisi finanziaria del post Olimpiadi di Pechino. Abbiamo capito che il nostro periodo storico ha le sue norme ma anche le sue contraddizioni e sono proprio queste ultime che ci rendono più forti e più creativi.

Si ringrazia Manuela Lietti per la traduzione dal cinese

– Giulia Ronchi

http://www.longmarchspace.com/ 

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Giulia Ronchi

Giulia Ronchi

Giulia Ronchi è nata a Pesaro nel 1991. È laureata in Scienze dei Beni Culturali all’Università Cattolica di Milano e in Visual Cultures e Pratiche curatoriali presso l’Accademia di Brera. È stata tra i fondatori del gruppo curatoriale OUT44, organizzando…

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