Banca d’Italia: la lunga storia della collezione d’arte e l’ultima opera acquisita

Luigi Donato, Capo del Dipartimento Immobili e appalti della Banca d’Italia, ci ha parlato del vasto patrimonio della Banca e delle iniziative volte alla condivisione del patrimonio con il pubblico. E del recente acquisto di un’opera di Alberto Di Fabio.

Per implementare al meglio le risorse e sviluppare il patrimonio artistico del nostro Paese – quello del passato, ma anche quello del futuro – è cruciale la sinergia tra soggetti pubblici e privati. Soprattutto nei grandi progetti: vi avevamo per esempio già parlato del caso di Banca Generali a Milano e del programma Valore Cultura per l’acquisizione e la riqualificazione di beni storici e artistici. Non è da meno la Banca Centrale d’Italia, che a dicembre 2019 è entrata in possesso di Quanti, una grande installazione dell’artista Alberto Di Fabio (Avezzano, 1966). L’opera è stata posta nella preziosa Saletta Orientale, al primo piano di Palazzo Koch a Roma (oggi aperto al pubblico e visitabile ogni sabato su prenotazione), nel quale la banca ha sede e che conserva un’ampia collezione dalla lunga storia. Ma quando ha inizio la raccolta di questo patrimonio culturale? E qual è la linea adottata dalla Banca d’Italia per la sua valorizzazione? Abbiamo parlato di queste e altre questioni con Luigi Donato, Capo del Dipartimento Immobili e appalti della Banca d’Italia.

Quando nasce la collezione d’arte della Banca?
Il nucleo originario della raccolta d’arte arriva in Banca alla fine dell’Ottocento, durante gli scavi effettuati per la costruzione di Palazzo Koch, la sede centrale della Banca a Roma. Dal terreno emergono reperti archeologici così numerosi che il Ministero della Pubblica Istruzione dispone che vi sia una “guardia delle antichità” durante i lavori, ai quali sovrintende il grande archeologo Rodolfo Lanciani.

Quali reperti sono stati rinvenuti?
Tra i tanti ritrovamenti, il più pregevole è senz’altro la statua marmorea di Antinoo di epoca adrianea, rinvenuta nel 1886, che tuttora adorna il secondo cortile di Palazzo Koch.

Tornando alle acquisizioni…
L’acquisizione di gran lunga più importante avviene negli anni Trenta, quando la Banca entra in possesso di una parte cospicua della collezione di Riccardo Gualino, nei confronti del quale l’Istituto vantava un rilevante credito a seguito del default dell’imprenditore nel 1930. Entrano così in Banca importanti capolavori, tra i quali ricordiamo il Paesaggio campestre di Monet, le tele di Spadini, l’imponente sarcofago a lenòs del III sec. d.C., il gruppo marmoreo dell’Abisso di Canonica e, soprattutto, le preziose opere d’arte orientale, che recentemente sono state collocate tutte insieme in un’unica sala espositiva, appositamente realizzata a piano terra di Palazzo Koch, per essere più facilmente ammirate dagli studiosi e dai visitatori.

La Sede di Firenze

La Sede di Firenze

Oltre alle opere possedete anche dei palazzi straordinari in tutta Italia.
La Banca possiede edifici di rilevante pregio architettonico e artistico, appartenenti ad epoche diverse, che testimoniano il ruolo svolto dalla Banca anche nel territorio per la stabilità della moneta e lo sviluppo del sistema economico. Le Filiali dell’Istituto, non a caso, sono collocate nei punti più rappresentativi dei capoluoghi di provincia, in palazzi storici che custodiscono opere di grande valore, evidenziando così il profondo legame tra architettura ed arte. 

Quali sono i più significativi?
Ricordiamo Palazzo Dolfin Manin a Venezia, il Palazzo della Papesse a Siena, il palazzo che ospita la Sede di Firenze, tutti edifici che sono stati recentemente oggetto di attento restauro conservativo. I relativi progetti, curati dai professionisti interni della Banca in stretta collaborazione con le Soprintendenze, hanno mirato all’ottimale fusione tra patrimonio storico e installazione di infrastrutture tecnologiche, evitando impatti sull’immagine complessiva degli edifici. Va infine ricordato Palazzo Koch, la sede che ospita la maggior parte delle opere d’arte della Banca.

Che progetti avete per gli edifici che ormai non ospitano più le attività bancarie?
I palazzi che non sono più adibiti ad uso funzionale sono oggetto di un attento piano di dismissioni che, nel rispetto dei vincoli storico-artistici, mira ad assicurare un uso futuro coerente con le peculiari caratteristiche degli edifici. Le nuove vite di questi palazzi si svolgono frequentemente in ambito universitario o museale oppure attraverso iniziative residenziali adeguate rispetto al contesto. 

Le acquisizioni della Banca d’Italia nella storia, leggiamo, sono state “periodiche e mai casuali”. Quale è il senso di questa affermazione?
Negli anni la Banca ha raccolto – per rafforzare il valore del proprio patrimonio artistico – opere rilevanti per qualità e importanza storica, che spaziano dall’arte antica ai maestri del Novecento. Dagli anni Ottanta la collezione è stata arricchita con l’acquisizione di autori rappresentativi della produzione artistica italiana: Afro, De Pisis, Morandi, Balla, Burri, Tancredi, Accardi, per citarne solo alcuni. Le scelte sono state effettuate cercando di ampliare il novero degli artisti e delle correnti pittoriche rappresentate, tenendo conto delle indicazioni degli accademici e dagli studiosi che negli anni hanno seguito e studiato la collezione.

Recentemente c’è stato un nuovo acquisto per la sede centrale della Banca a Palazzo Koch a Roma: un grande lavoro di Alberto Di Fabio. In base a cosa avete scelto?
Da qualche tempo abbiamo provato a innestare opere contemporanee a Palazzo Koch – come pure reperti archeologici nel moderno Centro Donato Menichella della Banca a Frascati – e i risultati sono stati molto apprezzati dal personale e dai visitatori. Le opere e le installazioni di Alberto Di Fabio sono apparse subito adatte agli ambienti della Banca d’Italia.

Per quale motivo?
L’inserimento nel vano dello scalone d’onore, studiata con l’artista, ha dato un tocco di leggerezza ad un ambiente classico, senza alterarne il rigore e la bellezza. Più in generale, la collocazione di queste opere, oltre a rispondere ad un’esigenza estetica, intende anche avvicinare le persone che frequentano i palazzi della Banca all’arte contemporanea, soprattutto quella degli autori più giovani.  

Sarà l’inizio di una stagione di acquisizioni, magari mirate verso autori italiani contemporanei?
La Banca ha intrapreso da qualche anno una policy diretta alla valorizzazione di artisti italiani contemporanei, anche emergenti: sono quindi entrate nella collezione le opere di Guido Strazza, Gianfranco Notargiacomo, Minya Mikic, Marco Ferri, Antonio Del Donno, Turi Sottile e, per l’appunto, Alberto Di Fabio. Le opere, inserite nei vasti corridoi e nei saloni della Banca, sono visibili a chiunque vi acceda e confermano l’attenzione della Banca per la qualità degli ambienti lavorativi, nella convinzione che l’arte sia uno straordinario strumento di comunicazione. 

Alberto Di Fabio, I Quanti, 2019, Roma Palazzo Koch

Alberto Di Fabio, I Quanti, 2019, Roma Palazzo Koch

Quali sono i momenti in cui gli spazi sono visitabili dal pubblico?
È possibile visitare gratuitamente Palazzo Koch, normalmente di sabato: basta inviare una mail e prenotare la visita guidata, seguendo le indicazioni sul sito internet della Banca, per vedere i saloni di rappresentanza, gli arazzi e gli arredi d’epoca, le opere d’arte collocate negli ambienti di lavoro e nei vasti corridoi. Periodicamente, sono visitabili anche altri edifici di pregio della Banca, di solito in concomitanza con le giornate FAI o le aperture dell’ABI. Dal 2011, è disponibile nel sito internet della Banca il “Museo virtuale” che mostra le opere più significative della collezione, con schede critiche redatte da importanti studiosi. È un’altra importante finestra sulla collezione, il primo progetto del genere tra le Banche centrali europee.

In che modo la Banca percepisce oggi la propria missione di promozione culturale?
Il percorso di valorizzazione del patrimonio artistico della Banca si è orientato sempre più verso la condivisione con la collettività, in una prospettiva di responsabilità sociale, nella consapevolezza del valore che le testimonianze d’arte rappresentano per la crescita culturale e l’espressione identitaria del Paese. In tale prospettiva, la valorizzazione si è arricchita ultimamente di eventi anche all’ “esterno” dei palazzi.

Può farci qualche esempio?
A fine 2017 la Banca ha realizzato la mostra itinerante Altre stanze anni ’50-’60: per la prima volta sono uscite dalle stanze della Banca, tutte insieme, 43 opere di maestri italiani contemporanei, per essere apprezzate dal grande pubblico. La mostra – che ha toccato Frascati, Latina, Bari e Palermo – si è chiusa nel 2019 registrando un grande successo di visite. Nel 2019, la Banca ha realizzato, insieme ai Musei Reali di Torino, la mostra I mondi di Riccardo Gualino collezionista e imprenditore, nella quale 41 opere della Banca, già appartenenti alla collezione Gualino, sono state esposte a Torino: una straordinaria sinergia tra due istituzioni, entrambe impegnate a sostenere la cultura, che ha consentito di far apprezzare, in una prestigiosa sede museale, una parte rilevante delle opere della Banca.

Quali saranno le vostre prospettive per la valorizzazione del patrimonio dell’ente per i prossimi anni? In che direzione andrete?
Non prevediamo di modificare la nostra policy, che sicuramente consente di valorizzare le opere d’arte della Banca in una prospettiva di responsabilità sociale e di collaborazione con le Istituzioni culturali, a partire ovviamente dal MIBACT.

– Giulia Ronchi

https://collezionedarte.bancaditalia.it/

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Giulia Ronchi

Giulia Ronchi

Giulia Ronchi è nata a Pesaro nel 1991. È laureata in Scienze dei Beni Culturali all’Università Cattolica di Milano e in Visual Cultures e Pratiche curatoriali presso l’Accademia di Brera. È stata tra i fondatori del gruppo curatoriale OUT44, organizzando…

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