A un primo sguardo, tutto nella terza personale di Phillip Lai (Kuala Lumpur, 1969) da Noero sembra essere prodotto a livello industriale ma, entrando nel mondo dell’artista, si scopre una incredibile manualità e un maniacale controllo delle misure, dei colori e dell’allestimento, per un lavoro che nel complesso rimanda in senso contrario alla massificazione degli oggetti e alla sovrapproduzione nella cultura Occidentale.
Dalle bacinelle prodotte con cast di resina, ognuna diversa e unica se pur apparentemente identiche, ai sostegni di acciaio che ospitano bottiglie di plastica sabbiate per ottenere un effetto vetro, le sue opere riflettono sul concetto di consumo, di spreco, di abbondanza e sull’irrazionale bisogno di continuare a produrre a costo di distruggere la produzione stessa.
È il caso del grano bruciato che si presenta al visitatore in un grande contenitore blu: come non pensare ai tanti casi internazionali di produzioni distrutte appositamente per ricavarne una convenienza economica? L’opera che tuttavia sembra svelare a pieno la ricerca di Lai è Facts are Presented Only as they Arise, una lunga fila di contenitori dipinti di giallo, che ricorda il sacrificio degli africani in coda per l’acqua e soprattutto la sovrapproduzione occidentale, i cui rifiuti finiscono per essere riutilizzati nei Paesi più bisognosi. Dal reale al sublime, questa sorta di illusione ottica creata da Lai si svela solo dopo averne ricercato l’origine, compreso il pensiero.
‒ Angela Pastore