Emilio Vedova, un sole d’inverno a Milano

Palazzo Reale, Milano – fino al 9 febbraio 2020. Grande folla a Milano per l’inaugurazione della mostra dedicata a Emilio Vedova, nel centenario della sua nascita.

Giovedì 5 dicembre dalle 18.30 per almeno tre ore – nonostante il freddo intenso – una lunga fila, lenta, ordinata e paziente si è formata nel cortile di Palazzo Reale a Milano per accedere alla Sala del Piccolo Lucernario e subito dopo nello spazio maestoso della Sala delle Cariatidi. Nel capoluogo lombardo uno spettacolo tutto sommato abituale. Meno abituale il tipo di impianto espositivo dedicato alla mostra per il centenario della nascita di Emilio Vedova (Venezia, 1919-2006). Che quanto ad allestimenti si può reputare davvero un artista fortunato. Per niente scontato è infatti anche quello escogitato da Renzo Piano ai Magazzini del Sale per la Fondazione Vedova, affidato alle cure di Germano Celant. Per questo spazio l’archistar genovese progettò un meccanismo a rotazione capace di alternarne un grande numero di opere che si rivelano agli occhi dello spettatore in uno spazio tutto sommato ristretto.

LA MOSTRA

A Palazzo Reale le opere invece sono solo 48, ma tutte di grandi dimensioni. Lo scorso giovedì Germano Celant, con una glamourosissima chioma di lunghi capelli bianchi, le presidiava, disposto appena oltre la porta della Sala del Piermarini, certamente per dare un segnale forte: non si può difatti dimenticare il ruolo che negli Anni Settanta e Ottanta proprio Celant ha avuto come promotore di movimenti, pittori e fotografi che senza le sue capacità transnazionali avrebbero avuto sicuramente minori fortune.
Collocato all’estremo opposto della sala, ad accogliere amabilmente gli ospiti, il presidente della Fondazione Vedova, l’avvocato Alfredo Bianchini: “Per la Fondazione il significato di questa esposizione è fare il punto sul valore di un artista del Novecento, che a cento anni dalla nascita continua a sprigionare la sua energia anche negli Anni Venti del nuovo secolo”. Una mostra in qualche modo definitiva dunque? Non per Bianchini: “Vedova non si è mai fermato, era angosciato per quel che succedeva intorno a lui e cercava di capirlo attraverso l’arte: Vedova oggi va considerato come un sole d’inverno: senza troppo clamore, un punto di ripartenza. Questa mostra è solo la prima del genere. Nel 2020 già abbiamo programmato di portarla in un’altra location, questa volta negli USA”. Bianchini non lo dice apertamente, ma, vista la contiguità a Venezia con un’altra fondazione americana, è possibile azzardare che si tratterà del Guggenheim di New York.

Emilio Vedova a Palazzo Reale, sketch ® Junko Kirimoto

Emilio Vedova a Palazzo Reale, sketch ® Junko Kirimoto

L’ALLESTIMENTO

Tornando a Celant, nel suo testo introduttivo si legge: “La mostra scaturisce dalla possibilità di usare come luogo espositivo la spettacolare Sala della Cariatidi… Oggi, vista la difficoltà nell’utilizzo delle pareti, la Sala ospita allestimenti temporanei che salvaguardano gli apparati decorativi. Ogni esposizione, pertanto, offre una lettura dello spazio in ragione al soggetto prescelto: nel caso dell’artista Vedova… si è optato per un intervento elementare e minimale…”.
Elementare, forse, ma definire minimale una parete di 34 metri, alta 5 e spessa 1 che attraversa diagonalmente questa spazio è davvero riduttivo. Un taglio non banale quello disegnato dallo studio Alvisi Kirimoto: un muro grigio con pannelli di OSB circondato da un’impalcatura di sottili tubi metallici neri che si in alzano sino quasi a raggiungere gli stucchi degli alti soffitti, consentendo l’adeguata illuminazione delle opere.
Sulla destra Celant ha scelto di esporre i celebri Plurimi, le sculture dipinte snodabili che a suo parere anticipano “l’ondata sensoriale e ribelle del 1968”. Dall’altra parte del muro sono invece stati disposti i Dischi e i Tondi dipinti su due lati sviluppati negli Anni Ottanta come personale retour à l’ordre di Vedova: sono installati a pavimento, arrampicati sul muro o appoggiati gli uni agli altri, persino trafitti da bricole. Figure geometriche perfette che pure Vedova più volte ha definito come “misteriose” e “minacciose”, capaci dunque di rotolare e travolgere.

Aldo Premoli

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Aldo Premoli

Aldo Premoli

Milanese di nascita, dopo un lungo periodo trascorso in Sicilia ora risiede a Cernobbio. Lunghi periodi li trascorre a New York, dove lavorano i suoi figli. Tra il 1989 e il 2000 dirige “L’Uomo Vogue”. Nel 2001 fonda Apstudio e…

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