Ritmica, cadenzata, ipnotica, ossessiva. È la danza inscenata dagli oggetti di José Angelino (Ragusa, 1977) che si muovono alla ricerca di una definitiva liberazione dallo stato di equilibrio in cui sono ordinariamente confinati.
Steli ferrosi si contraggono come in preda a una pozione iniettata nel torrente circolatorio, mentre un arcano strumento musicale fa vibrare a intervalli regolari una catena d’acciaio.
Più in là, due lance di balsa danzano sinuosamente come amanti che si rispecchiano nelle loro ombre. Un debole flusso d’aria ha destato i corpi dal torpore immobile di un equilibrio indifferente e ora essi sfidano le leggi della statica, spingendosi, come nel corteggiamento amoroso, fino allo stato limite di sbilanciamento.
Ancora una volta Angelino misura le competenze accademiche acquisite come fisico con l’esplorazione di fenomeni che coinvolgono l’elettricità, la luce, la termodinamica.
Dopo l’esposizione del 2016 nella stessa Galleria Bonomo, incentrata sull’effetto Leidenfrost di calefazione dei liquidi, l’artista ragusano si lascia ispirare dalle strutture dissipative dello scienziato russo Ilya Prigogine, premio Nobel per la termodinamica applicata ai sistemi complessi e lontani dall’equilibrio.
‒ Alessandro Iazeolla