Sessantotto: una grande abbuffata. A Parma

CSAC, Parma ‒ fino al 1° settembre 2019. Tra i tanti eventi che hanno ricordato i 50 anni appena trascorsi dal 1968, lo CSAC di Parma propone una mostra sfaccettata che, attraverso i materiali dell'archivio, dà voce a una pluralità di aspetti tipici di quel periodo.

Una lunga timeline si srotola nella navata centrale dell’antica abbazia che ospita le raccolte e le mostre temporanee del CSAC di Parma: dal 1° gennaio al 31 dicembre del 1968, si ripercorre un anno cruciale per la storia della politica, della cultura, della società mondiali. E lo si ripercorre con il calendario degli eventi grandi e piccoli – fanno quasi tenerezza quelli accaduti a Parma, affiancati a momenti giganteschi ed epocali che ancora oggi permangono con forza nella memoria collettiva – riportati sui margini della linea del tempo, mentre al centro scorrono fotografie, riviste, oggetti di design – tra tutti, le proverbiali macchine da scrivere Olivetti o le radio Brionvega –, abiti ideati per palcoscenici teatrali e set cinematografici, sequenze fotografiche che documentano i fatti più significativi.
Il nucleo centrale della mostra si rivela quindi un efficace strumento che aiuta anche chi non l’ha vissuto a comprendere quel che è stato e quanto è stato il 1968: e infatti i tanti curatori che hanno contribuito al progetto hanno inteso “proporre una riflessione sul tempo e sul concetto di sincronia che un grande archivio, costituito da tracce di processi di ideazione, progettazione e realizzazione, è in grado di mettere in discussione”. Non uno sguardo univoco, quindi, ma “una serie di contraddizioni, confronti e nuove prospettive” scaturite dall’analisi del Sessantotto.

Publifoto Roma, Roma, 11 ottobre 1968, Dimostrazione comunista per il Messico (e Congo)

Publifoto Roma, Roma, 11 ottobre 1968, Dimostrazione comunista per il Messico (e Congo)

DALL’ARCHIVIO ALLE CAPPELLE LATERALI

Chi entra allo CSAC, tuttavia, deve necessariamente tener conto della natura delle raccolte che vi sono conservate (e da cui sono selezionati tutti i materiali della mostra): si tratta di un vero e proprio archivio, e le iniziative che vi vengono realizzate rispecchiano la finalità di documentazione che spesso comporta un livellamento delle opere proposte. È infatti assente la logica “del capolavoro”, e il singolo oggetto non va osservato nel dettaglio – impossibile peraltro soffermarsi su tutto quel che è esposto della mostra, sia per la quantità di materiali esposti sia perché molti progetti, fotografie, tavole di fumetti sono appesi in composizioni complesse e in alcuni casi troppo in alto per poter essere osservati con attenzione – ma come parte di un contesto.
Queste le caratteristiche degli approfondimenti allestiti nelle cappelle laterali della chiesa, dove si sviluppano temi come le trasformazioni urbane, i linguaggi e la politica, il modellare il corpo. E nelle sezioni di approfondimento emerge anche un’altra peculiarità dell’istituto, vale a dire il legame con l’università, che si traduce nell’esposizione e nell’accostamento di progetti, disegni, fotografie sorretti senza dubbio da solide ricerche scientifiche, ma che risultano difficilmente comprensibili dai visitatori che non hanno fatto parte del gruppo di intellettuali sessantottini o che non hanno dedicato ampi studi all’argomento.

Carrozzeria e custodia, macchina da scrivere portatile Valentine, plastica rossa e metallo

Carrozzeria e custodia, macchina da scrivere portatile Valentine, plastica rossa e metallo

TANTI PUNTI DI VISTA

Il risultato è la sensazione di un’abbuffata intellettuale eccessiva (e in alcuni punti un poco indigesta), in parte probabilmente voluta dallo stesso gruppo di ricerca, per il quale il 1968 non può essere messo a fuoco osservandone solo un aspetto, ma lo sguardo si deve ampliare per comprendere un sistema in rapidissima trasformazione, che ha incluso “idee, utopie, opere, progetti” appartenenti agli ambiti più disparati e comunicati con linguaggi differenti. Il tutto condensato nei leggendari 365 giorni.

Marta Santacatterina

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Marta Santacatterina

Marta Santacatterina

Giornalista pubblicista e dottore di ricerca in Storia dell'arte, collabora con varie testate dei settori arte e food, ricoprendo anche mansioni di caporedattrice. Scrive per “Artribune” fin dalla prima uscita della rivista, nel 2011. Lavora tanto, troppo, eppure trova sempre…

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