Burn What Needs To Be Burned, la prima personale italiana di Ibrahim Ahmed (Kuwait City, 1984) organizzata alla Z2O Gallery di Sara Zanin, è il risultato di una ricerca – durata ben due anni – sulla virilità maschile nei tessuti delle società contemporanee. Destrutturando costantemente il proprio corpo e riarticolandolo mediante un sapiente utilizzo del collage, Ahmed plasma un progetto ibrido dove frammenti di architetture, di automobili o elementi di varie culture africane si intersecano alla propria geografia fisica per dar luogo a strutture metaforiche, a forme di identità apparentemente rafforzate da suffissi visivi che lasciano trasparire un fondo di debolezza, di mancanza, di soffocante costrizione sociale.
Nella nutrita sfilata di collage e fotografie – la mostra si apre con The Things I Hope To Bury, una fotografia in bianco e nero che ritrae a mezzo busto l’artista con una maschera metallica (la maschera è presente, come unica scultura in mostra, su un piedistallo di cemento) – offerta da Ahmed si evince lo sforzo e la tensione dell’uomo contemporaneo di fronte alle rigide regole d’oggi, ma anche tutta una lettura delle nuove dinamiche gerarchiche nate con il postcolonialismo e con il multiculturalismo.
‒ Antonello Tolve