Un immaginario sospeso fra l’ambiente urbano e l’infinito della spazialità cosmica. Lo sviluppa Tavar Zawacki (San Francisco, 1981) per tramite di una libertà di esplorazione creativa; la linea geometrica è la cifra per pitture di grandi dimensioni dall’afflato architettonico, che rimandano alle ampie superfici murarie urbane. Le linee disegnano traiettorie che sembrano decollare, librarsi in un immaginario fatto di percorsi labirintici, mentre le sculture rimandano a una simbologia ‒ frecce e cerchi ‒, il cui dinamismo è condizione per la metamorfosi, per la ricerca di nuove direzioni spaziali e mentali.
Si ritrova un costante richiamo alle linee concentriche della Op Art, le cui illusioni ottiche sono accentuate dall’intersezione formale spezzata da continue strutturazioni ad angolo, una soluzione che permette di ampliare i punti di vista dell’osservatore. E dove ricorre la forma circolare, la sua concretezza ne fa una finestra sull’infinito, una porta da varcare.
‒ Niccolò Lucarelli