Riallacciandosi all’assunto del Cavalier Marino – “è del poeta il fin la meraviglia” ‒, la tedesca Amelie Von Wulffen (Breitenbrunn, 1966) sviluppa una pittura della fantasia che apre sconfinati mondi interiori, dove rifugiarsi inseguendo le proprie sensazioni e assecondando i propri desideri, come la scelta di un gelato.
L’eclettismo dell’artista spazia fra reminiscenze della Neue Sachlichkeit e inquietanti richiami simbolisti, e un’atmosfera dolceamara permea l’intera mostra. L’idea è quella di scene intime, improbabili, ambigue, che l’osservatore, ospite inatteso, coglie dall’esterno come un estraneo qualsiasi, ne resta meravigliato e in parte anche turbato, e in mezzo, fra lui e il quadro, si frappone una percezione di fragilità difficilmente attribuibile, forse alla realtà, forse alla fantasia. Una fragilità che ricorda quella espressa da Tennessee Williams ne Lo zoo di vetro. Da qui la scelta di un titolo claustrofobico, a ricordarci come la fantasia sia sempre stata prigioniera della realtà.
‒ Niccolò Lucarelli