Una congerie di quasi due chilometri di tubi al neon che si intersecano in linee, cerchi, curve e spirali: è nelle Duveen Galleries, sezione della Tate Modern dedicata alla scultura contemporanea, che si dipana l’ultima opera di Cerith Wyn Evans (Llanelli, 1958; vive a Londra). Per rispondere alla chiamata della Tate Britain Commission, che ogni anno chiede a un artista britannico un progetto plastico che risponda alla grandiosità degli spazi (compito già assolto in precedenza da Phyllida Barlow, Fiona Banner, Martin Creed, Mark Wallinger e Mona Hatoum) Cerith Wyn Evans immagina e realizza un immenso e complesso “scarabocchio” luminoso, intersecando miriadi di geometrie semplici ottenute da tubi al neon, medium di elezione dell’artista gallese. Già scelto in questo periodo da Christine Macel per partecipare alla Biennale di Venezia con un lavoro di stampo concettuale di diversi anni fa (Pasolini Ostia Remix, 1998-2003), Wyn Evans gioca invece in casa la carta del puro appagamento estetico.
‒ Valeria Carnevali