Da status symbol a oggetto da collezione. Al Labirinto della Masone in mostra la storia del batacchio

Fontanellato stupisce ancora con una mostra originalissima che espone i più bei picchiotti in ferro della Collezione Cesati di Milano. Tra mostri e animali spaventosi, figure bizzarre, decori eleganti, il racconto si dipana tra la storia della forgiatura del ferro e il significato simbolico della porta

Sono trascorsi cinque anni dalla scomparsa Franco Maria Ricci e nel frattempo la sua creatura più visionaria, il Labirinto della Masone in provincia di Parma, ha compiuto dieci anni. Eccentrico, originale, lungimirante, il noto editore ha lasciato a chi ne ha preso il posto – in particolare a Laura Casalis, presidente dell’omonima Fondazione e a Edoardo Pepino, direttore del Labirinto – un’eredità non semplice da raccogliere e che tuttavia sta dando frutti magnifici, seguendo una linea di perfetta continuità con le passioni di Ricci: l’amore per gli artisti sconosciuti e naïf e quello per gli oggetti insoliti e misteriosi, capaci di generare un senso di meraviglia. Proprio percorrendo questa direzione, oggi nelle sale destinate alle esposizioni temporanee si può ammirare la mostra Knock Knock Knock. Guardiani di ferro dalla collezione Cesati. Raffinatissima selezione di 65 picchiotti da porta in ferro battuto prestati, per l’appunto, da Alessandro Cesati, attuale proprietario di una raccolta unica al mondo, che conta centinaia di esemplari di diverse provenienze (soprattutto da Italia e Spagna, oltre che da Francia e Germania e Austria) e datazioni (dal XIV al XVIII Secolo). 

Al labirinto del Masone un viaggio dalle origini del picchiotto al collezionismo

Il battente per porta in ferro battuto è un’invenzione tardo medievale, resa possibile dalla straordinaria evoluzione della tecnica siderurgica avvenuta in quel periodo e dalla coeva necessità di iniziare a difendere le dimore delle famiglie nobili, spesso in lotta tra di loro. Forse proprio per questo molti battenti si presentano con un’aria minacciosa: draghi, leoni con le fauci spalancate, corna di ariete, inquietanti grifoni, pericolosi rettili, ma anche e soprattutto cani – che per ragioni compositive si trasformano quasi sempre in buffi bassotti –, cioè i guardiani per eccellenza della casa. Niente di più lontano, insomma, dallo zerbino con l’invito “Benvenuti”. Non sono rari però anche i manufatti con protomi umane, simboli sessuali in chiave apotropaica, personaggi in pose acrobatiche, decori vegetali ed eleganti nodi. 

I batacchi un vero status symbol del passato, tutta la storia nella mostra in provincia di Parma

L’abitudine di dotare le porte di questi metallici difensori della proprietà privata è una costante fino al pieno ’700, quando cominciarono a diffondersi sempre di più i picchiotti in bronzo realizzati in serie e poi strumenti più moderni. Una volta smontati, quei manufatti originali non tuttavia venivano buttati, anche perché erano considerati dei biglietti da visita del proprietario che li aveva fatti realizzare: dapprima conservati nelle case, in breve divennero oggetto di un collezionismo di nicchia: celebre in tal senso la raccolta Mylius (oggi dispersa e alcuni esemplari sono stati acquistati dai Cesati). Per raccontare questa passione per il “ferro civile” – come era stata intitolata un’esposizione alla Galleria Lorenzelli di Bergamo nel 1991 – Alessandro Cesati ha quindi scelto i batacchi figurati più belli, sia del tipo ad anello sia a martello, tutti pezzi unici forgiati da abilissimi fabbri, nella quasi totalità anonimi. 

A Fontanellato, la mostra al Labirinto del Masone apre le porte della conoscenza su un oggetto spesso trascurato

L’allestimento dell’esposizione, a cura di Maddalena Casalis e Elisa Rizzardi, è assai suggestivo: la gran parte dei picchiotti spicca su alti pilastrini, mentre alle pareti fanno da contrappunto stampe fotografiche che raffigurano gli stessi picchiotti su fondo nero – l’autore degli scatti è Roberto Bigano – e alcune gigantografie di porte di Massimo Listri che invitano il visitatore a riflettere sul significato simbolico di quel diaframma che separa il dentro dal fuori. Per quanto l’accostamento di base sia semplice, è assai efficace dal punto di vista estetico, come del resto i colori vivaci scelti sala per sala, in un crescendo quasi alchemico che conduce verso l’oro dell’ultimo ambiente, sul quale quei piccoli manufatti neri e luccicanti spiccano con forza.

Marta Santacatterina

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Marta Santacatterina

Marta Santacatterina

Giornalista pubblicista e dottore di ricerca in Storia dell'arte, collabora con varie testate dei settori arte e food, ricoprendo anche mansioni di caporedattrice. Scrive per “Artribune” fin dalla prima uscita della rivista, nel 2011. Lavora tanto, troppo, eppure trova sempre…

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