Superare la separazione tra interno ed esterno. La mostra del grande Ugo La Pietra a Milano
Nella mostra di Ugo La Pietra, gli spazi domestici come aree di interazione e trasformazione diventano lo scenario in cui performance e arte si fondono per offrire esperienze immersive

Ugo La Pietra (Bussi sul Tirino, Pescara, 1938), attivo fin dai primi Anni Sessanta, ha ingaggiato un ininterrotto dialogo con arte, architettura e design per promuovere una nuova percezione degli spazi: non più entità fisse e separate, ma aree di interazione e trasformazione continua. Anche la mostra Interno-Esterno alla Nuova Galleria Morone, ideata dal fondatore Diego Viapiana e curata da Elisabetta Longari, si configura come un invito a riscoprire e ridefinire il rapporto tra l’essere umano e lo spazio che lo circonda.
L’approccio propositivo di Ugo La Pietra alla Nuova Galleria Morone
Con un approccio tanto propositivo e provocatorio nelle intenzioni quanto pacificato, poetico e quasi visionario nei risultati, Ugo La Pietra sfida la netta separazione tra ambienti interni ed esterni, tra spazi privati e pubblici, proponendo una narrazione in cui il quotidiano si trasforma in un palcoscenico vivo e dinamico nel contesto di una rinnovata percezione e un inedito modo di abitare: integrare la comodità e la sicurezza dell’interno, con la vivacità, l’apertura e la socialità dell’esterno, alla ricerca di un senso dell’abitare senza restrizioni, umanisticamente rimeditato e ridefinito. Il suo lavoro è il prodotto di un incessante dialogo tra discipline come disegno, pittura, fotografia, collages; e ancora: sculture, ambienti, filmati, performances, fumetti e ceramiche. L’architettura, poi, con la sua capacità di modellare lo spazio fisico, diventa lo scenario su cui l’azione performativa e l’installazione artistica si fondono per creare esperienze immersive.




A Milano Ugo La Pietra ripensa lo spazio vivendolo in ogni sfaccettatura
Non si tratta di abitare uno spazio secondo gli usuali canoni, ma di ripensarlo e di viverlo in ogni sua inesplorata sfaccettatura: cattura perfettamente l’essenza dell’opera dell’architetto-artista il suo celebre motto, “Un pezzo di strada nella stanza, un pezzo di stanza nella strada”, che è anche il titolo di un celebre lavoro esposto una prima volta in Triennale nel 1979 e, dopo altre numerose apparizioni, esposta anche nella presente occasione. Si tratta di una sorta di casetta che, ricostruita in galleria, presenta sullo sfondo la gigantografia in bianco e nero di una via milanese e invita gli spettatori a entrare, sedersi e lasciarsi fotografare.
Se già Carrà e Boccioni ci avevano convinto che ciò che si agitava e sferragliava nelle strade aveva la capacità di riverberarsi oltre i muri di casa e quasi di accoccolarsi sui divani, e viceversa, c’è da dire che quello che agli occhi dei Futuristi era solo un frenetico incastrarsi e sfilarsi di forme, si trasforma nei progetti di Ugo La Pietra in una placida osmosi di funzioni, in un’aspirazione di completezza esistenziale, a tutela delle aspettative di un individuo, di un cittadino, che si vuole pensare come riconciliato con la sede del suo abitare, in grado di cooperare con la comunità.



La dimensione poetica della ricerca di Ugo La Pietra
Sull’onda di tali auspici, la ricerca di La Pietra si colora talvolta di una dimensione quasi favolistica, con sculture, disegni e fotomontaggi che sembrano ispirare un teatrino utopistico, con scorci di intimità domestica che si aprono in mezzo a una strada, o con facciate di mattoni che si estroflettono e assumono la forma di comode poltrone o, addirittura, di soffici tendaggi, come se, attraverso giochi di prestigio e virtuosismi incantatori, appartamenti, vie e ambienti si trasfigurassero, animati da un tocco di leggerezza e da un’atmosfera di magia.
L’allestimento della mostra trasforma la galleria in un laboratorio sensoriale in cui ogni elemento opera, come un catalizzatore di riflessioni, induce lo spettatore a mettere in discussione i meccanismi automatici della percezione spaziale e a riscoprire le potenzialità rigenerative dell’ambiente che abitiamo. Ogni angolo, ogni oggetto esposto, sembra in grado di svelare un nuovo significato, un invito a reinterpretare i concetti stessi di “abitare” e “essere” nel mondo moderno. Come scrive Elisabetta Longari nel catalogo che affianca la mostra, dalla veste grafica particolarmente ricercata e consona al contenuto ospitato tra le sue pagine, ogni lavoro di Ugo La Pietra “si potrebbe definire una lezione di volo”.
Alberto Mugnaini
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