Milano Art Week 2024. Guida alle grandi mostre da vedere

Con l’inizio di miart, fiera di arte moderna e contemporanea di Milano, tutti i musei e le gallerie della città sono pronti a fare eco al fermento che anima gli stand espositivi. La nostra guida delle grandi mostre da non farsi davvero scappare

Nell’aprile del mondo dell’arte più affollato di sempre, miart – la fiera internazionale d’arte moderna e contemporanea di Milano – torna a gran voce con ben 181 gallerie partecipanti e tante novità. Dal 12 al 14 aprile 2024, l’Allianz MiCo ospita la ventottesima edizione, guidata per la quarta volta da Nicola Ricciardi. La città – dal centro alle periferie – tiene il ritmo, con un calendario di eventi altrettanto ricco e interessante. Per prendersi una pausa dagli stand, l’offerta di mostre è ampia e variegata. Ce n’è per tutti i gusti: dal contemporaneo alla fotografia, dal Rinascimento fino alle antichità degli Etruschi. E non manca neanche l’Impressionismo – che quest’anno celebra i centocinquant’anni dalla nascita del movimento – con ben due mostre organizzate a Palazzo Reale. Pino Pascali, Martin Parr, Renoir in coppia con Monet: sono solo alcuni dei protagonisti dell’attuale scena espositiva milanese. Agenda alla mano, seguite la guida fino in fondo, per segnarvi tutti i luoghi da visitare in questi giorni.  

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Fondazione Prada ricorda il genio imprevedibile di Pino Pascali

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Alla scoperta delle origini del cubismo con Picasso

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Palazzo Reale invita a riscoprire Giuseppe De Nittis

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Il giardino di fiori e terracotta di Chiara Camoni

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Miranda July all’Osservatorio Fondazione Prada

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I tesori etruschi di Vulci alla Fondazione Rovati

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Il Polittico di Piero della Francesca riunito per la prima e ultima volta al Poldi

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Tra kitsch, humor e street style: Martin Parr al MUDEC

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L’arte sociale di Nari Ward all’HangarBicocca

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Renoir e Cézanne per i 150 anni dell’Impressionismo

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Il PAC celebra la lotta contro il razzismo visivo di Adrian Piper

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I Padiglioni di Dan Graham nel giardino della Triennale

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Il cuore artistico del mondo di Dolce & Gabbana a Palazzo Reale

Si comincia con Fondazione Prada, nella sede di Milano Sud in Largo Isarco, con una grande retrospettiva che ripercorre tutta la carriera – brevissima: soli tre anni – di Pino Pascali. Un artista esibizionista, come l’ha definito Mark Godfrey, il curatore della mostra. Un’occasione imperdibile per vedere ricostruite le sedi espositive che ospitarono le sue opere. Dalla galleria La Tartaruga nel 1965, fino alla Biennale di Venezia del ‘68. Evento, quest’ultimo, di cui egli non vide mai la fine: morì in un incidente stradale quando ancora era in piena apertura. Come si può intuire dal numero e dalla varietà delle opere presentate, anche in pochissimo tempo Pascali riuscì a rivoluzionare e segnare per sempre l’arte italiana e internazionale degli Anni Sessanta, raccontando con ironia la società consumistica dell’epoca.

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Pino Pascali

Un inaspettato Picasso è quello proposto dal MUDEC milanese, che invita a risalire le origini del movimento cubista. E lo fa esponendo al pubblico le pagine ingiallite di un quaderno a righe dell’artista, su cui sviluppò i primi schizzi preparatori alla grande opera delle Damoiselles d’Avignon. Opera che, nel 1907, segnò la fine del suo Periodo Rosa, e dunque la nascita del cubismo.
Accanto a questi disegni – un vero rullino in cui seguire le fasi ideative e i cambiamenti in corso d’opera – una selezione di manufatti tribali, appartenenti ai popoli dell’Africa Subsahariana, dal Sudamerica e dell’antichità iberica. Esempi, questi ultimi, di arte primitiva (come allora era definita) scoperta da Picasso tra le sale dei musei etnografici, che lo influenzarono nello sviluppo della sua poetica. Il loro impatto è ben visibile in alcune sue tele e sculture, anche queste esposte (e a tratti confondibili) con gli oggetti originali.

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Picasso. La metamorfosi della figura. Installation view at Mudec, Milano, 2024. Photo Carlotta Coppo
Picasso. La metamorfosi della figura. Installation view at Mudec, Milano, 2024. Photo Carlotta Coppo

Aprendo le danze delle celebrazioni milanesi per i centocinquant’anni dell’Impressionismo – nato nel 1874 con la prima mostra del gruppo nell’atelier del fotografo Felix Nadar – Palazzo Reale invita ad approfondire la figura di Giuseppe De Nittis. Principe, per così dire, degli Italiani a Parigi che lavorarono accanto agli impressionisti francesi, nonché unico tra loro a prendere parte all’esposizione inaugurale del movimento.
Si tratta di un altro artista che fu capace di guadagnarsi un certo successo anche in una breve e fulminea carriera (visse solo 38 anni). Dopo decenni di oblio da parte della critica, la grande mostra si propone di ripresentarlo al grande pubblico in tutto il suo valore. Ciò è stato possibile grazie alla sinergia con diverse istituzioni italiane e straniere, a partire dalla Pinacoteca di Barletta (sua città natale) che conserva oggi una ricchissima serie di sue opere. Sono infatti esposti tutti i suoi maggiori capolavori, dal Salotto della Principessa Matilde, alla grandiosa Colazione in giardino.

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Giuseppe De Nittis, Piccadilly (Giornata invernale a Londra), 1875, Coll. privata, courtesy METS - Gallerie Maspes, Milano © Archivio Gallerie Maspes, Milano
Giuseppe De Nittis, Piccadilly (Giornata invernale a Londra), 1875, Coll. privata, courtesy METS – Gallerie Maspes, Milano © Archivio Gallerie Maspes, Milano

L’artista piacentina – anima sensibile in piena armonia con la campagna toscana in cui vive – ha allestito un vero e proprio giardino di opere nello Shed dell’HangarBicocca. Donne candelabro e Vasi farfalla sono solo alcuni degli abitanti: un popolo di sculture di terracotta ispirato alle creature animali e vegetali. Dalle leonesse, agli insetti… ma le vere protagoniste sono le serpentesse. Simbolo antichissimo dai molteplici significati, rappresentano la femminilità e la forza della natura: tematiche centrali nella poetica dell’artista.
La grande mostra è un riassunto della sua produzione, caratterizzata tanto dall’evocazione del mondo delle piante e degli animali, quanto dalle pratiche collettive e partecipate che conducono alla realizzazione di manufatti unici. Testimonianze di una tradizione artigianale che adopera materiali ancestrali come l’argilla, e li trasforma in sculture attuali e contemporanee.

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Chiara Camoni, Barricata #1, 2016, (particolare), Terracotta policroma, acqua, fiori. Courtesy of the artist and SpazioA Pistoia. Photo Camilla Maria Santin
Chiara Camoni, Barricata #1, 2016, (particolare), Terracotta policroma, acqua, fiori. Courtesy of the artist and SpazioA Pistoia. Photo Camilla Maria Santin

In parallelo a quella di Pascali, Fondazione Prada propone un’altra retrospettiva dedicata a un altro personaggio – una donna in questo caso – letteralmente spettacolare e multiforme. Si parla di Miranda July: attrice, scrittrice, performer, creatrice di contenuti web. La critica la inquadra come artista femminista – a volte persino narcisista – ma il termine è riduttivo. Premiata a Cannes nel 2005, porta all’Osservatorio in Galleria Vittorio Emanuele II una rassegna multimediale. Cortometraggi, performance, installazioni. Due piani di immagini crude, nette, d’impatto. Un assaggio della sua filmografia integrale, proposta invece sugli schermi del Cinema Godard della Fondazione.

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Miranda July, Love Diamond, 1998
Miranda July, Love Diamond, 1998

Inaugurando una serie di mostre tematiche sulle Metropoli etrusche, il piano interrato della Fondazione Rovati si rinnova completamente ancora una volta. In questo caso, tutti i tesori raccolti hanno un’unica – antica – origine: le tombe degli aristocratici che abitarono l’antica città etrusca di Vulci. La ricchezza di cui dovette godere questa città è intuibile dalla ricchezza di questi manufatti. Vasi e anfore da simposio finemente dipinti, urne cinerarie, e pregiati capolavori di bronzo. Un pezzo rarissimo ed esclusivo sono poi le Mani d’argento: una coppia di mani argentee, facenti un tempo parte di un’intera statua funeraria in ricordo di un illustre defunto.

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Coppia di mani di statua polimaterica, seconda metà VII sec. a.C. (630-600 a.C.), Proveniente da Vulci, necropoli dell’Osteria, area C, tomba I, Soprintendenza per la provincia di Viterbo e per l’Etruria meridionale ©Ministero della Cultura
Coppia di mani di statua polimaterica, seconda metà VII sec. a.C. (630-600 a.C.), Proveniente da Vulci, necropoli dell’Osteria, area C, tomba I, Soprintendenza per la provincia di Viterbo e per l’Etruria meridionale ©Ministero della Cultura

Il Polittico di Sant’Agostino fu realizzato da Piero della Francesca tra il 1454 e il 1469 per la Chiesa agostiniana di Borgo San Sepolcro. Smembrato pochi decenni dopo, andò in parte disperso e in parte spartito tra i musei di tutto il mondo. Tra Italia, Portogallo e Stati Uniti. Il Museo Poldi Pezzoli – proprietario di una delle tavole sopravvissute – riunisce per la prima e forse ultima volta (alcune parti soffrono infatti di gravi pregiudizi conservativi) tutti i pezzi ad oggi ritrovati. Il ricongiungimento, già tentato e fallito in passato da altri, è un’occasione unica: un miracolo, come lo definiscono i curatori. Un miracolo che permette di ammirare e comprendere quanto più possibile della grandiosa opera originale, grazie anche ad un allestimento scenico d’eccezione.

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Piero della Francesca. Il polittico riunito al Museo Poldi Pezzoli, Milano. Photo Marco Beck Peccoz
Piero della Francesca. Il polittico riunito al Museo Poldi Pezzoli, Milano. Photo Marco Beck Peccoz

Seconda fermata al MUDEC, questa volta per una mostra fotografica. Quella di Martin Parr: noto artista dallo stile documentaristico, che associa colori sgargianti e piccante satira della società. Gli scatti in esposizione rispecchiano la sua visione esteticamente ricercata e umoristica, che coglie tanto gli impliciti malumori degli Inglesi per il brutto tempo, quanto i cliché dell’industria del turismo. Il tutto con un gusto pop vivace e allegro, che rimane immutato in ognuna delle oltre duecento immagini proposte.

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Martin Parr. La torre pendente, Italia, Pisa, 1990, Da “Small World” © Martin ParrMagnum Photos
Martin Parr. La torre pendente, Italia, Pisa, 1990, Da “Small World” © Martin ParrMagnum Photos

Cogliendo la sfida di occupare l’ampio spazio delle Navate dell’HangarBicocca, l’artista giamaicano Nari Wardpresenta un suo ampio corpus di opere. Lavori realizzati prevalentemente con materiali di recupero: bottiglie di vetro, passeggini, lacci di scarpe, e persino elettrodomestici. Tutti diventano materia fertile per intessere narrazioni dal significato sociale e politico. Le sue grandiose installazioni – alcune delle quali allestite per la prima volta in un vero contesto espositivo – dialogano con lo spazio milanese, creando un’atmosfera unica, che induce a meditare sulle tematiche suggerite dall’artista.

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Si conclude a Palazzo Reale, con il secondo appuntamento per il compleanno del movimento nato nell’atelier di Nadar. In questo caso, i protagonisti sono due degli impressionisti francesi per eccellenza: Pierre Auguste Renoir e Paul Cézanne. Diversissimi per biografia – di umili origini l’uno e figlio di un ricco banchiere l’altro – quanto per stile di pittura, eppure grandi amici ed estimatori l’uno dell’altro. Si unirono alla cerchia di Monet e Pizarro, per poi distanziarsene, prendendo ciascuno una propria strada particolare.
La mostra milanese propone un interessante doppio percorso espositivo, che mette a confronto i due maestri, evidenziandone somiglianze e differenze. Ecco che alle Bagnanti geometriche e spigolose di Cézanne si contrappongono i nudi sensuali di Renoir. Diversi, eppure in implicito dialogo tra loro.

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Auguste Renoir, Bouquet de tulipes (2024 RMN - Grand Palais/ Franck Raux / Dist. Photo SCALA, Firenze)
Auguste Renoir, Bouquet de tulipes (2024 RMN – Grand Palais/ Franck Raux / Dist. Photo SCALA, Firenze)

A neanche quattro anni di distanza dalla morte di George Floyd, le opere di Adrian Piper sembrano difficili da far risalire agli ormai lontani Anni Novanta. Eppure, già allora l’artista statunitense – Leone D’Oro alla Biennale di Venezia del 2015 – si trovò a riflettere su temi così attuali. Identità razziale, di genere, violenza e crimini sociali: questi sono alcune delle chiavi di lettura dei lavori di Piper in mostra al Padiglione di Arte Contemporanea milanese. Una grande esposizione retrospettiva, che ripercorre i suoi oltre sessant’anni di carriera, con prestiti provenienti dai più grandi musei internazionali, tra cui il MOMA di New York e la Tate Modern di Londra.
Le immagini, i video, e le installazioni esposte, fanno emergere in modo chiaro la sua analisi del razzismo in quanto “patologia visiva”. Testimonianza concreta della sua continua ricerca sugli stereotipi rappresentativi che caratterizzano la società americana.

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Adrian Piper, Safe, 1990. Collection of Tate Gallery, London © Adrian Piper Research Archive (APRA) Foundation Berlin. Photo Andrej Glusgold
Adrian Piper, Safe, 1990. Collection of Tate Gallery, London © Adrian Piper Research Archive (APRA) Foundation Berlin. Photo Andrej Glusgold

Gli spazi verdi e alberati attorno alla Triennale si popolano delle installazioni di Dan Graham – un omaggio che l’istituzione milanese ha voluto dedicare a uno dei protagonisti dell’arte concettuale del Novecento.
Il progetto si sviluppa su tre spazi – ingresso esterno, Giardino e Cuore – con due dei celebri Padiglioni dell’artista, video documentari, e il modello della sua Swimming Pool/Fish Pond (visibile dall’11 aprile). Tutte opere realizzate a partire dagli Anni Ottanta, che giocano sulla percezione spaziale del pubblico, attraverso l’uso di materiali a specchio: ad ogni passo, la visione cambia, e il paesaggio riflesso muta con lei.

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dan graham Milano Art Week 2024. Guida alle grandi mostre da vedere
Dan Graham

Per concludere, ancora un’ultima proposta a Palazzo Reale, con la prima assoluta della mostra di Dolce & Gabbana, che hanno scelto Milano come tappa iniziale di un tour internazionale. Dal cuore alle mani, titolo emblematico che anticipa il percorso espositivo: un alternarsi di arte e tradizioni artigianali italiane – fonte primordiale di ispirazione per i due stilisti – e pezzi unici delle loro collezioni. Risultati, questi ultimi, della loro inimitabile capacità di trasformare l’idea in abiti, accessori e gioielli, dal cuore dell’ingegno al prodotto delle mani.
La mostra grandiosa, articolata al piano nobile di Palazzo Reale, raggiunge l’apice creativo nella quinta sala. Lì, ogni venerdì, per tutta la durata dell’evento, dalle 11 alle 13, e dalle 16 alle 18, sarà possibile assistere a un vero spettacolo: ammirare gli artigiani al lavoro, scoprendo così il dietro le quinte di ogni capolavoro di artigianalità che porta la firma di Dolce & Gabbana.

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Dal Cuore alle Mani: Dolce&Gabbana, la mostra a Milano
Dal Cuore alle Mani: Dolce&Gabbana, la mostra a Milano
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Fondazione Prada ricorda il genio imprevedibile di Pino Pascali

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Il Polittico di Piero della Francesca riunito per la prima e ultima volta al Poldi

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Tra kitsch, humor e street style: Martin Parr al MUDEC

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L’arte sociale di Nari Ward all’HangarBicocca

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Renoir e Cézanne per i 150 anni dell’Impressionismo

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Il PAC celebra la lotta contro il razzismo visivo di Adrian Piper

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I Padiglioni di Dan Graham nel giardino della Triennale

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Il cuore artistico del mondo di Dolce & Gabbana a Palazzo Reale

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Emma Sedini

Emma Sedini

Milanese ed etrusca in parti uguali, Emma Sedini è nata a Milano nel febbraio del 2000. Si definisce “artista” per la sua indole creativa e pittorica, ma è laureata in Economia e Management per l’Arte all’Università Bocconi, e tutt’ora frequenta…

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