Arte e religione nel sorprendente libro di Don Giuliano Zanchi 

Un libro intenso quello di Don Zanchi, in cui il destino d’estinzione di arte e religione si intreccia con filosofia, scienza e fantascienza

Rispetto. Impossibile non avere rispetto per la tradizione visiva di cui il cattolicesimo è portatore. Come è profondo il rispetto che scaturisce dalla lettura di un libro denso e per molti versi sorprendente, come quello appena pubblicato di Giuliano Zanchi. Nella breve introduzione a Lo spirituale dell’Arte. Estetica e società nell’epoca postsecolare l’autore indica un percorso articolato in cinque capitoli: lo fa utilizzando vocaboli che indicano un atteggiamento programmaticamente umile quanto a svolgimento e obiettivi. Tuttavia, questa scelta appare una tattica diversiva per preparare meglio l’assalto. Don Zanchi, cinquantasei anni, direttore della Rivista del Clero italiano e docente di Teologia presso l’Università Cattolica del Sacro cuore di Milano, nella Chiesa cattolica rappresenta una delle voci più significative per quel che riguarda l’arte contemporanea. Il libro in questione fa parte di una serie di pubblicazioni attraverso le quali l’autore sembra voler monitorare la “febbre di spiritualità” in crescita, a suo dire, nel nuovo millennio: il frutto di una cultura post-secolare diretta emanazione del post-moderno. I primi due capitoli sono indicati dall’autore come guidati da un intento didattico: una didattica dove si dispiega però la pars destruens di un argomentare che indica nel “secolarismo” col suo “disincanto” (Max Weber) la ragione della perdita di autorevolezza prima della religione e poi dell’arte. Ambedue divenute materia di studio per antropologi e sociologi con gli occhi rivolti al passato: “La storia dell’arte e la storia delle religioni sono (..) il prodotto congiunto di due eclissi quasi concomitanti: due estinzioni intrecciate una all’altra”. 

L’eredità di Hegel secondo Don Giuliano Zanchi 

L’apparentamento tra religione e arte emerge così come una delle tesi forti in questo volumetto. La loro perdita di valore sarebbe un drammatico fraintendimento portato a definitivo compimento da Friedrich Hegel. Scrive Zanchi: “Dopo Hegel sembra impossibile concepire l’Arte fuori dal concetto. Dopo la religione anche l’arte ha perso il suo posto di principale percettore dell’assoluto e della verità, ereditato, secondo Hegel, dal pensiero e dalla Ragione, del cui esercizio a filosofia detiene gli strumenti essenziali”. L’elenco dei responsabili di questa apocalisse è ricco e indicato in almeno tre filoni. Quello che da Spinoza attraverso Kant giunge a Hegel, ma trova ulteriori svolgimenti in Schopenhauer, Nietzsche ed Heidegger sino a raggiungere Foucault; quello accademico dove si allineano i pensieri negativi del tedesco Sloterdijk, del canadese Charles Taylor e dello sloveno Slavoj Zizek;  e infine quello fantascientifico che a partire Jules Verne e H.G. Welles giunge ad Isaac Asimov.  

Il ruolo di scienza e fantascienza  

Sorprendente risulta il profondo interesse di Zanchi verso questo ultimo filone. Dopo aver dedicato alcune pagine a smantellare le ragioni in una fede avversa (quella nella Scienza) l’autore non fa mistero del suo interesse per la fantascienza dimostrando una sorprendente competenza: per Zanchi la fantascienza a partire da un preconcetto “basato su principi razionali e tecnico-scientifici” (così l’autore) è sì colpevole di un riduzionismo sociologico e psicologico che esclude la teologia, ma porta al suo interno i semi di una possibile fruttuosa contraddizione. Così opere di cineasti come Wachowski, Luc Besson, Ridley Scott e Alfonso Cuarón, ma pure di Korosawa e John Irvin e Gene Roddenberry, vengono prese in esame a fianco degli scritti di J.G. Ballard, Philip K. Dick e il meno noto Gabriel Tarde, sociologo di fine ottocento incline alla narrativa.  

Da Nietzsche in poi nel libro di Don Giuliano Zanchi 

Nel quarto capitolo l’autore affronta il tema della rottura con il paradigma della bellezza operata dagli artisti contemporanei. Nei Frammenti postumi (1888) Nietzsche giunge a questa conclusione: “La verità è brutta”. Da quel momento l’arte smette la sua funzione di conciliazione e armonia degli elementi che costituiscono la realtà. Ma proprio a partire da questa affermazione, l’autore prova a operarne il ribaltamento. Vediamo come. Zanchi è uno straordinario erudito capace di includere le suggestioni più diverse in un gioco di polarità o ambivalenze: Gianni Vattimo/Jean Baudrillard (estetizzazione del mondo), Giorgio Agamben/Walter Benjamin (concetto di aura), Richard Rotry/Regis Debray (nuova cultura delle immagini) Paul McCarty/ Ólafur Eliasson (sublime)… solo per fare qualche esempio. Suggestioni che poi utilizza per sostanziare l’apparentamento tra le forme millenarie dei rituali religiosi e quelli tipici dell’arte contemporanea. Così le cattedrali di un tempo sono ora i musei, i fedeli oranti sono i turisti che questi nuovi spazi percorrono in quella sorta di nuovo pellegrinaggio che è la visita guidata. Se le attuali collezioni permanenti risultano diretta discendenza dei reliquiari un tempo custoditi nelle basiliche, le opere d’arte, in esposizione appaiono i nuovi sacramenti impartiti in cerimonie pubbliche che prevedono nuovi sacerdoti (i curatori), nuovi traduttori del verbo (i critici che riempiono le pagine dei cataloghi): tutti strumenti  atti a suscitare l’attuale devozione verso oggetti a cui viene applicato comunque uno “studiato isolamento ostensivo” nel caso tramite apparati elettronici.  

Il libro in questione non si presenta come un’opera definitiva, ma nel capitolo conclusivo Zanchi avanza la sua proposta. L’arte sarà da considerare come l’extrema ratio “con cui l’Homo Æsteticus tiene istintivamente viva la densità dell’esperienza come incontro sensibile o la giustizia dell’essere nel contesto delle strategie (che ne rimuovono culturalmente la legittimità)”. Nemici dichiarati sono dunque il logos degli scienziati e il nomos dei burocrati. Impossibile non avere rispetto per una riflessione del genere.  Ma forse altrettanto impossibile condividerne appieno il sentimento per chi non basa le sue convinzioni sulla trascendenza come punto di arrivo del senso della vita. 

Aldo Premoli 
 
Giuliano Zanchi, Lo spirituale dell’arte. Estetica e società nell’epoca postsecolare  
Editrice Bibliografica 
220 pagine, 23 euro  
ISBN 9788893575300 

https://www.editricebibliografica.it

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Aldo Premoli

Aldo Premoli

Milanese di nascita, dopo un lungo periodo trascorso in Sicilia ora risiede a Cernobbio. Lunghi periodi li trascorre a New York, dove lavorano i suoi figli. Tra il 1989 e il 2000 dirige “L’Uomo Vogue”. Nel 2001 fonda Apstudio e…

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