Primo maggio. Le opere più rappresentative per celebrare la Festa dei Lavoratori

Abbiamo selezionato un nucleo di opere che, da migliaia di anni fa ad oggi, rappresentano la fatica e le conquiste dei lavoratori

Lavorare stanca, lo diceva Pavese nel ’36 ma è vero da sempre. Sfibrati dalla costante presenza online e offline, dalla difficoltà della conquista del reddito minimo (almeno in Italia) e dalla confusione tra tempo del lavoro e tempo della vita e dei conseguenti obiettivi di benessere, è particolarmente importante ricordare la rilevanza ad oggi delle conquiste ottenute dei lavoratori negli ultimi secoli, e soprattutto quel primo maggio 1886, che sancì negli Stati Uniti il limite massimo a otto ore lavorative. Vediamo ora con una collezione di opere, dall’antichità alla contemporaneità, l’evoluzione del lavoro umano, le conquiste sindacali ottenute (e ogni tanto perse).

Giulia Giaume

SCENE DI VITA LAVORATIVA NELL’ANTICO EGITTO

Scena agricola dalla tomba di Nakht a Tebe, Egitto, XVI XIV se. a.C. copia a tempera su carta del 1915

Scena agricola dalla tomba di Nakht a Tebe, Egitto, XVI XIV se. a.C. copia a tempera su carta del 1915

Realizzate durante il Nuovo Regno, intorno al XVI secolo avanti Cristo, le pitture murali egizie della Tomba di Nakht a Luxor testimoniano la vita quotidiana dello scriba, della sua famiglia e dei suoi contemporanei. Tra le piccole figure che ritraggono la gente comune ce ne sono diverse che riprendono l’attività agricola, con i diversi lavoratori addetti ai singoli mestieri, ma anche altri addetti alla caccia o all’artigianato.

I LUPANARI DI POMPEI

Le raffigurazioni dei Lupanari di Pompei

Le raffigurazioni dei Lupanari di Pompei

I graffiti ritrovati sulle pareti del piano inferiore del Lupanare di Pompei e risalenti al più tardi al 79 d.C. ritraggono le sex worker del tempo, tutte schiave greche e mediorientali il cui costo a prestazione si aggirava tra i due e gli otto assi. La condizione di queste donne (ben riconoscibili per via della loro muliebris toga) era caratterizzata da forte emarginazione, sul piano e sociale e giuridico, dall’esclusione da ogni carica politica e dagli organi assembleari, oltre al divieto di sposare ingenui o accedere a gran parte dei templi della città.

I MESTIERI DI CAMPAGNA E DI CITTÁ NEI MANOSCRITTI E CALENDARI MEDIEVALI

Aratea carolingia (830). Vienna, Österreichische Nationalbibliothek, 387, fol. 90v.

Aratea carolingia (830). Vienna, Österreichische Nationalbibliothek, 387, fol. 90v.

Punto di riferimento per la divisione stessa dell’anno, il lavoro agricolo è al centro di molte miniature contenute nei manoscritti Alto Medievali, così come anche nei calendari di epoca carolingia. Prendendo a esempio uno di questi, che ritrae il lavoro di campagna, si capisce quanto fosse esemplificativo per la comprensione dello scopo e dell’identità degli esseri umani il loro ruolo sociale, e come tale il loro ruolo all’interno della catena produttiva. Stesso vale per i ruoli urbani, ritratti in opere celebri come l’Allegoria del Buon Consiglio.

I MIETITORI

Pieter Bruegel il Vecchio, Mietitori, 1565, olio su tavola cm 116 x 159 MET New York

Pieter Bruegel il Vecchio, Mietitori, 1565, olio su tavola cm 116 x 159, MET New York

Il Cinquecento è segnato da importanti dipinti dedicati al mondo del lavoro, come i Mietitori di Pieter Bruegel il Vecchio (1565) o la Macelleria di Joachim Beuckelaer (1568). L’opera di Bruegel ritrae la mietitura nei mesi di agosto e settembre senza però ricorrere al pretesto religioso, separando il lavoro dell’uomo sulla terra dalla sua ricompensa celeste. Per molti è l’inizio di un umanesimo lavorativo e non.

LE SPIGOLATRICI

Jean François Millet, Le spigolatrici, 1857, olio su tela, cm 84 x 112, Musée d’Orsay, Parigi

Jean François Millet, Le spigolatrici, 1857, olio su tela, cm 84 x 112, Musée d’Orsay, Parigi

Il lavoro e i lavoratori diventano sempre più un tema popolare e indagato nell’Ottocento, anche con un afflato documentaristico e di denuncia. Le Spigolatrici, dipinto ad olio su tela del pittore francese Jean-François Millet del 1857, ritrae in primo piano tre donne, curve nei campi, che raccolgono le spighe sfuggite alla mietitura. Le tre donne, piegate, rappresentano il proletariato rurale, il cui povero raccolto si contrappone alla moltitudine di fasci e covoni alle loro spalle e al clima frenetico e festoso che anima il gruppo di mietitori; in lontananza, un uomo a cavallo sovrintende il lavoro. La composizione diventa emblematica delle disparità sociali tra i diversi gruppi di lavoratori, tutti alle (diverse) dipendenze del latifondista. Segue questa stessa linea di denuncia l’opera Per ottanta centesimi! di Angelo Morbelli del 1895-97, con protagoniste sono le mondine del nord Italia.

IL QUARTO STATO

Giuseppe Pellizza da Volpedo, Il Quarto Stato. Milano, GAM

Giuseppe Pellizza da Volpedo, Il Quarto Stato. Milano, GAM

Da poco trasferito alla Galleria d’Arte Moderna di Milano, dal Museo del Novecento, Il quarto stato è il capolavoro del pittore Giuseppe Pellizza da Volpedo. Il dipinto a olio su tela, realizzato tra il 1898 e il 1901 dopo le opere Ambasciatori della fame e Fiumana, ebbe uno straordinario successo di pubblico grazie alla stampa socialista e alle innumerevoli riproduzioni che lo fecero assurgere a simbolo del proletariato e delle sue lotte. Nonostante le censure iniziali, il dipinto divenne unilateralmente apprezzato dopo la Seconda Guerra Mondiale, venendo esposto a Palazzo Marino, luogo dall’alta valenza simbolica, e approdando nella cultura popolare e al cinema, dove fu eternato da Novecento di Bernardo Bertolucci.

SCIOPERO

Sergei Eisenstein, Sciopero, 1925

Sergei Eisenstein, Sciopero, 1925

Sono moltissime le opere cinematografiche che ritraggono i lavoratori e le loro fatiche. Anche se la scelta ovvia sembrerebbe Tempi moderni di Chaplin, scegliamo di optare per il capolavoro poco noto del leggendario maestro sovietico Sergei Eisenstein, meglio conosciuto per la sua Corazzata Potemkin. Sciopero, film d’esordio del regista sovietico del 1925, presenta appunto uno sciopero operaio all’inizio del XX secolo, e la reazione brutale dei proprietari nel tentativo di sopprimere le azioni collettive dei lavoratori. Eisenstein crea immagini visive evocative, confrontando il trattamento dei lavoratori con il trattamento del bestiame, inclusa una famigerata scena in cui la violenza nei confronti dei lavoratori è intervallata al massacro del bestiame.

LUNCH ATOP A SKYSCRAPER

Charles Clyde Ebbets, Lunch atop a Skyscraper, 1932

Charles Clyde Ebbets, Lunch atop a Skyscraper, 1932

Lunch atop a Skyscraper, anche nota come New York Construction Workers Lunching on a Crossbeam, è una celebre fotografia del 1932 da Charles Clyde Ebbets che riprende gli 11 lavoratori addetti alla costruzione del 30 Rockefeller Plaza del Rockefeller Center. Al centro dello scatto c’è l’incredibile precarietà del gruppo di lavoratori, che apparentemente incuranti del pericolo (o piuttosto rassegnati alla pericolosità del proprio lavoro) mangiano seduti su una trave d’acciaio sospesi decine di metri sopra la città. Lungi dal considerare il problema risolto, nel 2023 l’OIL (Organizzazione internazionale del lavoro) ha stimato circa 2,8 milioni di decessi sul posto di lavoro nel mondo, per una media di oltre cinque al minuto.

IL LAVORO NELL’AMERICA DEL SUD DI SALGADO

Sebastião Salgado, Portatori. Serra Pelada, Stato di Parà, Brasile, 1986

Sebastião Salgado, Portatori. Serra Pelada, Stato di Parà, Brasile, 1986

Delle molte denunce delle condizioni di lavoro realizzate dai fotografi negli ultimi cinquant’anni e più in varie parti del mondo, spiccano per costanza e potenza d’esecuzione gli scatti del celebre fotografo brasiliano Sebastião Salgado (1944). Dei molti reportage umanitari e sociali realizzati in Africa, Sudamerica e Medio Oriente, Salgado ha raccontato con particolare efficacia la durezza del lavoro contemporaneo, la disperazione dei migranti e il peso postcoloniale portato dal Sud del mondo.

SLAVE LABOUR

Banksy, Lavoro da schiavi, 2012, New York

Banksy, Lavoro da schiavi, 2012, New York

Celebre l’opera Slave Labour, murale dipinto nel maggio 2012 da Banksy sulla parete di un negozio Poundland a Wood Green, a Londra. Il piccolo graffito (122 per 152 cm), che ritrae un bambino inginocchiato davanti ad una macchina da cucire per assemblare delle bandiere con la Union Jack, è una protesta contro lo sfruttamento lavorativo dei minori per la produzione di gadget realizzati per il Giubileo della regina Elisabetta II e delle Olimpiadi di Londra nel 2012. Nonostante un appello da parte dei residenti di Wood Green per tenere l’opera, il murale è stato venduto all’asta.

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Giulia Giaume

Giulia Giaume

Amante della cultura in ogni sua forma, è divoratrice di libri, spettacoli, mostre e balletti. Laureata in Lettere Moderne, con una tesi sul Furioso, e in Scienze Storiche, indirizzo di Storia Contemporanea, ha frequentato l'VIII edizione del master di giornalismo…

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