Franco Mulas, ricordo di un artista incapace di invecchiare

Il critico d’arte Roberto Gramiccia ricorda il pittore recentemente scomparso, all’età di 85 anni. Dall’impegno degli Anni Sessanta e Settanta alla pittura di segno e colore, espressione dell’artista che non si ferma mai

Si stenta a credere che Franco Mulas (Roma, 1938 – 2023) ci abbia lasciato, non tanto per la notizia che bruscamente ha ferito la comunità dell’arte, ma proprio perché Franco non potevi “vederlo” come un uomo segnato dal tempo. Non che non avesse i suoi anni e i suoi acciacchi. Le sue 85 primavere, infatti, c’erano tutte. Così come i suoi amici conoscevano le croniche vicissitudini cliniche che sapeva gestire con coraggio e sapienza, senza farne mistero. È che non aveva la faccia del vecchio e nemmeno il fisico minuto e ben proporzionato sembrava tradire l’età. Forse anche perché la sua ricerca e il suo entusiasmo non hanno mai subito rallentamenti o cali di energia che lasciassero intravvedere un’incipiente debolezza senile.

Franco Mulas, Nous sommes tous indésirables, 1969, olio su tavola, 110 x 123 cm. Proprietà dell'artista

Franco Mulas, Nous sommes tous indésirables, 1969, olio su tavola, 110 x 123 cm. Proprietà dell’artista

FRANCO MULAS E LA FIGURAZIONE DI IMPEGNO

Non più di due anni fa gli telefonai perché avevo acquisito in un’asta romana un suo magnifico dipinto su tavola del 1968, della serie che lo ha reso famoso, con la scalinata che ricorda Valle Giulia, i poliziotti e la maschera insanguinata che indossavano i contestatori parigini. Un capolavoro, scheggiato in mezzo, però, come fosse ferito. Fu felice quando glielo portai per restaurarlo, e, in poco meno di due settimane, me lo restituì perfetto, felice che sarebbe finito a casa mia in una collezione di cui già faceva parte e che conosceva bene.
Una collezione cha dà ampio spazio a quella Figurazione di impegno, trascurata da critici e storici dell’arte, che si dispiegò fra Roma e Milano, attorno agli Anni Sessanta e Settanta, con esiti tanto straordinari quanto misconosciuti a distanza di tempo (come dimostra ampiamente Domenico Guzzi, nel suo L’anello mancante). Una corrente di cui Mulas fu uno dei massimi esponenti, assieme a Renzo Vespignani che gli fu amico, a Ennio Calabria, a Guccione, a Gianfranco Ferroni e a tanti altri grandi pittori coraggiosi che facevano ricerca senza nascondere la propria prospettiva etico-politica. Una prospettiva capace di raccogliere le sollecitazioni di un tempo, che vedeva la rivoluzione dietro l’angolo.
La rivoluzione non c’è stata ma Franco non si è mai fermato. Ha governato, piuttosto, il suo pazzesco virtuosismo tecnico secondo una disciplina che rifiutava l’autoreferenzialità per guardare “attraverso” la crisi della società e quella dell’ambiente, che il sistema perverso che lui tanto odiava alimentavano in un vortice malefico, che ci ha condotto sino ai milioni di morti della recente pandemia e al rischio di estinzione del pianeta e della specie.

Franco Mulas per il progetto L'Osteria dei pittori, 2021

Franco Mulas per il progetto L’Osteria dei pittori, 2021

L’ARTE DI FRANCO MULAS. TRA SPAESAGGI E CALENDARI

L’investigazione pittorica di questo artista “sempre giovane” mantiene una sua interna coerenza anche quando l’opzione della pittura di figura viene sostituita da codici espressivi che sembrano alludere all’aniconismo, senza mai, tuttavia, che il suo interesse critico per la realtà scemi a vantaggio di una “scolastica dell’eleganza formale”. Il formalismo è il contrario della cifra del Mulas delle Schegge che ai volti, alle maschere del ‘68, alle macchine in fila che celebrano il consumismo e alle fisionomie espressionistiche di alcuni suoi personaggi divenuti famosi, preferisce i colori acidi della contemporaneità, quelli che sembrano affiorare dallo schermo dei computer.
Fino al ciclo dei suoi magnifici Spaesaggi, presentati al Museo Bilotti (2013) in una mostra di rara potenza che ho avuto l’onore di curare. Un titolo – Spaesaggi – che Mulas ha molto amato credo perché fedele interprete della “felice irregolarità” della sua pittura. Ma la ricerca del “pittore che non invecchia” non si ferma mai, e arriva il ciclo dei suoi Calendari che esaltano la sua magnifica vocazione di pittore di segno e di colore, riportando vagamente alla memoria le esperienze astratte di un altro pittore troppo poco ricordato: Corrado Cagli.
E ancora gli omaggi a Carlo Levi, una serie riuscitissima che ho avuto il privilegio di vedere nel suo studio meno di un anno fa. Molti, ma sempre inferiori a ciò che meritava, sono stati i riconoscimenti ottenuti da Franco Mulas: le mostre importanti, la grande Antologica di Roma a Palazzo Braschi, le Biennali, il Premio Presidente della Repubblica per la pittura, la nomina ad Accademico di San Luca, fino alla mostra di Ascoli Piceno presso il Palazzo dei Capitani del Popolo.
Io preferisco ricordarlo e salutarlo, però, citando la sua convinta adesione a quella che, credo, sia stata la sua ultima mostra, che ancora una volta mi ha visto lavorare con lui: L’Osteria dei pittori. Una grande collettiva, che ha avuto uno significativo successo, in memoria della famosa Trattoria dei fratelli Menghi e di Ugo Pirro che ne raccontò la storia. La sua opera, realizzata, come tutte le altre, su una salvietta da osteria, era superba. E io ho ancora davanti lo scintillio dei suoi occhi quando venne a vederla esposta. Erano gli occhi di un giovane grande pittore. E io così lo voglio ricordare.

Roberto Gramiccia

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Roberto Gramiccia

Roberto Gramiccia

Roberto Gramiccia, scrittore, critico d’arte, giornalista e medico vive e lavora a Roma. Ha curato numerosi e importanti eventi espositivi (fra cui sei grandi antologiche su Tano Festa, Pizzi Cannella, Cloti Ricciardi, Lucilla Catania, Giacinto Cerone, Franco Mulas) e un…

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