Come sarà il 2020 dei Musei italiani? Intervista a Letizia Ragaglia

Anno nuovo anche per Museion, un anno nevralgico, pieno di cambiamenti che vedrà a maggio il passaggio di testimone tra l’eccellente direzione della Ragaglia e il nuovo corso van der Heide…

Prosegue l’inchiesta sui Musei Italiani. Oggi a essere sotto la lente è il Museion di Bolzano. Dopo le interviste che hanno riguardato la programmazione della GAMeC, del MAMbo, del Maxxi, di Palaexpo, di Punta Dogana e Palazzo Grassi, del Centro Pecci, del Museo Novecento di Firenze, delle OGR, del Madre di Napoli, incontriamo Letizia Ragaglia, direttrice uscente (Bart van der Heide sarà in carica da giugno 2020) dell’istituzione bolzanina…

Come sarà la programmazione dell’anno 2020?
La nuova stagione a Museion continua a rispecchiare la visione su cui si è mossa la programmazione di questi anni, cioè di un museo come luogo aperto alla pluralità di significati e lontano da facili conclusioni; di un luogo che dà voce a chi mette in discussione storie e visioni ufficiali e porta il pubblico oltre il già noto. Come da tradizione a Museion, anche nel 2020 queste voci saranno in gran parte femminili.
La nuova stagione espositiva si apre infatti il 14 febbraio prossimo con Bestiario de Lengüitas, la mostra dell’artista argentina Mercedes Azpilicueta (La Plata, 1981) curata da Virginie Bobin e frutto di un progetto di collaborazione internazionale con CentroCentro, Madrid e CAC Brétigny. In un mondo che richiede ordine ed efficienza, la mostra di Azpilicueta si muove sul filo del caos e dell’eccesso e coinvolgerà visitatori e visitatrici con tutti i sensi. In primavera si prosegue con un progetto pensato per Museion da Karin Sander (Bensberg, Germania 1957): la sua mostra sfiderà non solo le aspettative del pubblico, ma anche quelle del museo stesso. Le presenze femminili continuano, nel mese di ottobre, con la personale di Sonia Leimer (Merano, 1977), che si presenta come una prima retrospettiva dell’artista. La stagione autunnale si aprirà poi l’11 settembre con la mostra sulla collezione di Erling Kagge, curatore ospite a Museion 2020. L’esposizione è pensata come un itinerario che, da Oslo a Bolzano, raccoglie l’arte di oltre 30 artisti e artiste dai Paesi nordici alla Germania. Sono particolarmente felice di questa collaborazione: la raccolta di Kagge presenta numerose affinità con lo spirito che ha caratterizzato la programmazione di Museion negli ultimi anni, ovvero una spiccata attenzione ai talenti più giovani e sperimentali della scena dell’arte contemporanea internazionale. 

Ci sarà spazio per l’arte italiana? Se sì, in che modo?
Certamente: fino al sette giugno prossimo è visibile “Intermedia” -la mostra sulle ricerche verbo-visuali dall’Archivio di Nuova Scrittura di Paolo della Grazia. L’esposizione presenta il lavoro diverse artiste e artisti italiani, ma soprattutto sottolinea come la rivoluzione linguistica italiana e internazionale degli anni Sessanta e Settanta sia più attuale che mai. Oltre alla già citata personale di Sonia Leimer, la collettiva unlearning categories, che apre a fine giugno, offrirà poi uno sguardo approfondito sulla creatività del territorio altoatesino. Nel mese di ottobre ospiteremo inoltre l’artista Cristian Chironi per un progetto speciale legato al Cubo Garutti, mentre è in corso il progetto “ART WORKS! European Culture of Resistance and Liberation”, in collaborazione con l’artista Alessandra Ferrini. 

Su quali risorse contate?
La Provincia Autonoma di Bolzano è il nostro sostenitore principale. Contiamo inoltre sul supporto di privati come la Fondazione Cassa di Risparmio di Bolzano e l’Associazione di Promozione /Förderverein, a cui si aggiungono numerosi partner tecnici dall’economia locale. Per progetti speciali abbiamo il sostegno del Comune e dell’Azienda di Soggiorno e Turismo di Bolzano. Cerchiamo inoltre di avvalerci di finanziamenti e bandi dedicati a iniziative specifiche o singole mostre, come per esempio per l’esposizione di Marguerite Humeau, supportata dalla Fondazione Nuovi Mecenati. 

Museion Bolzano. Photo Luca Meneghel

Museion Bolzano. Photo Luca Meneghel

Un bilancio dell’anno che si è appena concluso?
È stato un anno improntato alla sperimentazione, con due mostre in particolare che hanno sottolineato come Museion sia un luogo di “resistenza”. La mostra “Doing Deculturalization”, curata da Ilse Lafer, si è confrontata con la figura di Carla Lonzi, gettando nuova luce su posizioni femminili degli anni ’70 e contemporanee. L’artista Keren Cytter ha presentato a Museion non solo i noti lavori video, ma anche una nuova animazione in una mostra, Mature Content, che fin dal titolo era pensata per diversi pubblici e fasi della vita. Infine, la mostra immersiva di Marguerite Humeau si è rivelata un vero highlight per il pubblico, che si è lasciato avvolgere da un’atmosfera sensoriale e spirituale allo stesso tempo.

Un decennio si è appena concluso. Quale è la sfida che secondo te i Musei e le istituzioni culturali italiani devono affrontare nel prossimo decennio?
Credo che la sfida sia sempre la stessa: a me piace citare Suzanne Pagé e il suo elitisme pour le masse, riuscire a veicolare dei contenuti alti, ma per un pubblico ampio e diversificato, quindi essere sempre più inclusivi e soprattutto provare diversi formati per trasmettere i contenuti. Sono assolutamente convinta che i social media siano fondamentali e che i musei debbano riuscire a utilizzare in maniera sempre più esperta e capace questi canali. Ciò nonostante, proprio per la loro ampia diffusione, credo che il museo debba rimanere il luogo dell’esperienza, anche fisica, dell’arte.

Quali sono le esigenze del visitatore che il Museo deve cercare oggi di soddisfare?
Mi collego a quanto appena detto: è importante che il museo sia luogo d’incontro fisico, in cui essere protagonisti – lo osserviamo quotidianamente anche nel lavoro con i giovani, nel nostro youth club.

E quali invece le problematiche del sistema dell’arte che oggi impattano sui musei?
In un sistema in cui per le istituzioni pubbliche non c’è la certezza delle risorse su cui poter contare, ritengo comunque che i musei siano gli unici luoghi in cui sviluppare visioni a lungo termine. Penso inoltre che il ruolo dei privati sia fondamentale: in questo senso, è importante che pubblico e privato si incontrino per sviluppare delle strategie di collaborazione.

Santa Nastro

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Santa Nastro

Santa Nastro

Santa Nastro è nata a Napoli nel 1981. Laureata in Storia dell'Arte presso l'Università di Bologna con una tesi su Francesco Arcangeli, è critico d'arte, giornalista e comunicatore. Attualmente è vicedirettore di Artribune. È Responsabile della Comunicazione di FMAV Fondazione…

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