L’età del consenso (VII). Matasse

Nuovo capitolo della rubrica firmata da Christian Caliandro e incentrata su un presente sempre più liquido.

La vita gemma e sfavilla e spumeggia. “Lemon / She’s gonna make you cry / She’s gonna make you whisper…”; “…and I feel / like I’m slowly slowly slowly slipping under”.

29 maggio. Palermo, piazza Politeama (ore 7,30). Mentre Terry Riley e Don Cherry suonano la loro musica celestiale nelle cuffie (Köln, February 23, 1975), grazie per essere vivo e in forma in questa mattina nella splendida città, grazie per una seconda giovinezza inaspettata, grazie persino per i lavori in corso (fastidiosissimi) al di là della barriera, proprio di fronte ai tavolini del bar – una linea di metropolitana che sarà forse pronta quando sarò nonno – sbriglia la mente e la penna, vediamo che succede, così, senza previsioni e preconcetti – improvvisiamo come questi due che suonano (alza il volume) – DOGMAN che domina riflessioni e discorsi in questi giorni e settimane, che si è saputo imporre come punto di riferimento (molto più di LORO) – intanto il disco è finito, durava quaranta minuti, adesso è iniziato quello degli Screaming Trees (abbassa il volume) – le due voci della vedova Schifani, quella dell’Autorità e quella della Verità, in contrasto tra di loro, mentre il prete odioso le TOGLIE il microfono quando sta parlando lo Spirito Autentico (di cui egli dovrebbe, in teoria, essere servitore) e non la Retorica, male oscuro dell’Italia da secoli, male pernicioso dell’Italia controriformista e bigotta e ipocrita – la commozione mia e di Francesco mentre riguardiamo su YouTube il video di quella messa, rievocando i noi stessi tredicenni del maggio 1992, chi eravamo, dove eravamo, e il fatto che eravamo troppo piccoli per controllare quegli eventi così grandi ma non per esserne influenzati e determinati – interferenze sul televisore della villa a Borgo Pineto, è luglio dello stesso anno e sono sul patio con mia madre e dopo il pezzo di autostrada, è saltata in aria una via e mezza palazzina – la scena ripresa più tardi, nel pomeriggio di fine maggio 2018, con tinte acide warholiane su un potente frammento di carretto siciliano dai Laboratorio Saccardi, e prima molto prima che Vincenzo mi dica che quella è via D’Amelio io lo so perché questa scena è incistata nel mio cervello e in quello di milioni di miei coetanei, una ripresa televisiva più vera del vero che aspetta da ventisei anni di esplodere nuovamente e culturalmente, di esplodere una seconda volta e STAVOLTA per la vita, non per la morte, di esplodere nella comprensione e nella consapevolezza, non più nell’oblio e nella rimozione e nell’omertà, di esplodere nel cambiamento e nell’evoluzione e nella trasformazione di un posto che non ne può davvero più. In questo appartamento-studio, mentre parlo con Alessandro al telefono sul balcone e mentre indago le relazioni profonde che si creano tra gli elementi dipinti e poi ripresi in altri quadri (o direttamente sul muro), gli intrecci e i cortocircuiti che si costruiscono e che si riproducono in questo spazio esistenziale, le metafisiche dell’abbandono e il pittore spaziale che dipinge il meteorite stando SUL e NEL meteorite, le risate e la “paura della pittura” (e Trombadori visto a Roma con Francesco in un’altra bellissima giornata: grazie per tutte le opere favolose viste in questi mesi: Fontana Golub Tacchi Turner Garrone Carpignano Bulgini Allora & Calzadilla Roxy in the Box Savinio Casorati Martini Mafai Pirandello), mentre fotografo Francesco e Giuseppe seduto sul divano, e contemplo l’ambiente gioiosamente esoterico, esuberante e selvaggio – così diverso dalle mestizie milanesi… -, un punk italiano nutrito di de Chirico e di ansie meridiane, mentre Maria Giulia entra e ammira le Lilies, ecco, io ho trentanove anni, ascolto gli Screaming Trees come quando ne avevo quattordici e, dopo un sacco di tempo, sono stanco, stanchissimo ma contento. :)
Il fisico l’ha snello e gentile, vispo si muove e non sa, non vede, non distingue, la piccola testa uguale a un frantume di specchio, ed è commosso di felicità quando trafelato mi arriva con la bottiglia” (Mario Tobino, Le libere donne di Magliano [1953], Mondadori 2010, p. 73).

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31 maggio (in volo per Torino). La costa adriatica vista dall’alto, le città e i paesi e le spiagge – i moli – riconoscere punti e linee, aeropittura + connessioni, collegamenti come fili – Cottarelli è entrato al Quirinale con zaino e trolley, è uscito poi senza nulla di fatto – questo è un tempo che sgomitola e ingarbuglia di nuovo le matasse, sempre più veloce, sempre più forte – contraddizione e smentita costante – situazione caotica, imprevedibile – “fronti temporaleschi di reti di informazioni attraversano come un mare increspato il tessuto della terra” (Bruce Sterling).

Christian Caliandro

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Christian Caliandro

Christian Caliandro

Christian Caliandro (1979), storico dell’arte contemporanea, studioso di storia culturale ed esperto di politiche culturali, insegna storia dell’arte presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze. È membro del comitato scientifico di Symbola Fondazione per le Qualità italiane. Ha pubblicato “La…

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