Turandot contro Turandot. Ricci/Forte contro Alfonso Signorini

Due allestimenti, teatralmente molto differenti, si confrontano al Festival Pucciniano di Torre del Lago e a quello dello Sferisterio di Macerata. Li abbiamo visti entrambi e questo è il nostro giudizio.

Il nuovo allestimento di Turandot a Torre del Lago era molto atteso per due ordini di motivi: sostituisce quello curato da Maurizio Scaparro, Enzo Figerio e Franca Squarciapino che, varato nel luglio 2008, ha avuto grande successo non solo al Festival Pucciniano ma in una dozzina di teatri in tutto il mondo (prova che Puccini esporta e rende); rappresenta una prova coraggiosa in quanto lo spettacolo è stato affidato non a un regista di professione, ma a un giornalista melomane (Alfonso Signorini, direttore del settimanale Chi). Signorini è affiancato da Carla Tolomei (scene), Cristina Gaeta (coreografia), Fausta Puglisi (costumi) e Valerio Alfieri (luci).
I giornalisti sono versatili e spesso amano la lirica, prima di Signorini già Cristiano Chiarot, dopo avere rialzato le sorti de La Fenice, è stato chiamato a rilanciare il Maggio Musicale Fiorentino. Per Signorini questa bellissima edizione di Turandot può essere l’inizio di una nuova carriera.

Giacomo Puccini, Turandot. Regia di Alfonso Signorini

Giacomo Puccini, Turandot. Regia di Alfonso Signorini

QUESTA È TURANDOT

La vicenda è nota: la principessa di ghiaccio (che manda al capestro tutti i pretendenti non in grado di risolvere i suoi tre indovinelli) si sgela (e si innamora) di fronte alla prova d’amore della schiava Liù pronta a morire per il principe Calaf. Simbolismo e tardo Romanticismo si intrecciano in un lavoro in cui Puccini incorpora le lezioni del Pelléas et Melisande di Debussy e de La Donna senz’ombra di Richard Strauss.
L’allestimento è molto accattivante sotto il profilo visivo e drammaturgico. La scena unica si apre mostrando il lago da ambedue i lati dell’impianto fisso (una Pechino del regno delle favole basata su reperti antichi ancora visibili della capitale cinese quali la Porta della città proibita). Colore dominante il rosso delle masse e il bianco di Turandot. Le masse si muovono con agilità encomiabile, Sbandieratori e mimi accentuano il carattere colossal dello spettacolo in un teatro così vasto e per una produzione concepita con aspettative internazionali – è realizzato in collaborazione con l’Opera Nazionale della Georgia. L’allestimento si pone sul solco tradizionale ma ha colpi innovativi. Specialmente nei due duetti Turandot-Calaf (la scena degli enigmi e il finale in cui avverte l’avanzare dell’eros ) e nell’uso delle maschere Ping-Pong-Pang (segnatamente nel primo quadro del secondo atto).

Giacomo Puccini, Turandot. Regia di Ricci/Forte. Photo Alfredo Tabocchini

Giacomo Puccini, Turandot. Regia di Ricci/Forte. Photo Alfredo Tabocchini

LA VERSIONE DI RICCI/FORTE

A Macerata Turandot è vista con gli occhi del duo di teatro sperimentale Ricci/Forte che da qualche tempo ha molto successo in Italia e all’estero. È la prima volta che si accostano al teatro in musica. Come affermano nel programma di sala, la vicenda è spostata dal “mondo delle favole” allo “spazio mentale” di Turandot, “una distesa di ghiaccio sulla quale ogni forma di vita viene analizzata e catalogata” per paura di essere posseduta da un uomo e diventare madre. Una lettura, quindi, psicoanalitica, in armonia con gli anni in cui Puccini scrisse l’opera mentre a Vienna Freud iniziava la psicoanalisi.
Non è una lettura nuova né originale. Il problema è che il prodotto non è rispettoso del libretto né della musica. Ad esempio, Liù non si suicida ma viene uccisa da una revolverata di Turandot. Turandot non si fa baciare da Calaf al termine del duetto finale, ma viene stuprata in una “casa mobile” (sul tipo di quelle costruite per i terremotati), gli scherani di Turandot uccidono tutti i bambini di Pechino per timore che uno di essi, diventato adulto, abbia rapporti con la Principessa di ghiaccio, la quale, dato che la vicenda è ambientata al Polo (o giù di lì), usa come mezzo di trasporto un enorme orso bianco.
Tuttavia è piaciuto al pubblico. Che non ha seguito le poche flebili proteste ma ha applaudito con calore.

– Giuseppe Pennisi

http://www.puccinifestival.it/
http://www.sferisterio.it/

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Giuseppe Pennisi

Giuseppe Pennisi

Ho cumulato 18 anni di età pensionabile con la Banca Mondiale e 45 con la pubblica amministrazione italiana (dove è stato direttore generale in due ministeri). Quindi, lo hanno sbattuto a riposo forzato. Ha insegnato dieci anni alla Johns Hopkins…

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