Gastronomia, vino e musica. Grazie al Ventre di Parigi

E chi poteva immaginarsi, ad eccezione dei pochi musicologi specializzati nel periodo e nell’autore? Ebbene sì, l’austero Gaspare Spontini, compositore di corte sia di Napoleone che di Federico II di Prussia (quindi autore imperiale per eccellenza), aveva tra i sui lavori una “Liturgia de la Gourmandise”. Un vero e proprio inno sacro al bel mangiare e all’ancor meglio bere?

L’interesse di Gaspare Spontini per il bel mangiare e l’ancor meglio bere lo si scopre nello spettacolo Le Ventre de Paris , in prima esecuzione a Venezia il 10 febbraio, in coincidenza con il Carnevale, nella Scuola Grande di San Giovanni Evangelista (nulla di religioso: le “scuole grandi” veneziane erano essenzialmente confraternite di intellettuali), organizzato dal Palazzetto Bru Zane – Centre de musique romantique française, una fondazione interamente privata che ha come vocazione la riscoperta del patrimonio musicale francese del grande Ottocento (1780-1920), con sede a Venezia ma con attività in tutta Europa. Le Ventre de Paris, ad esempio, sarà a Parigi al Théâtre des Bouffes du Nord in maggio e a Milano al Teatro Paolo Grassi in giugno. Verrà poi ripresa in autunno al Théâtre des Bouffes du Nord e successivamente andrà in una lunga tournée.
Nasce come un omaggio del Centre a Expo ma ha una vita propria come espressione del nesso tra gastronomia, vini di classe e musica nel Romanticismo francese. È una determinante che caratterizzata il periodo 1780-1910 in Francia più che, ad esempio, in Italia e Germania, nel cui teatro in musica non mancano i banchetti ma non hanno il ruolo che assumono in Francia, anche a ragione di come il cibo distingueva le classi sociali. Si pensi alla regina Marie-Antoinette, che suggeriva di dare brioches al popolo affamato che protestava, chiedendo pane, di fronte ai palazzi reali. Oppure alla borghesia sempre più golosa che accompagna l’industrializzazione trionfante e l’aumento della produttività in agricoltura sino a tutta la belle époque. “Mangiare bene e bere ancore meglio”, ci dice il direttore artistico del Centre, Alexandre Dratwicki, “diventa sempre più segno di distinzione sociale. Sono anche centrali alla politica; quindi, nel grand-opéra francese, nei banchetti si trama, si fanno e si disfano i governi”.

Palazzetto Bru Zane © Matteo da Fina

Palazzetto Bru Zane © Matteo da Fina

Le Ventre de Paris ha un unico legame, molto labile, con il trucido romanzo di Emile Zola del 1873, che è stato oggetto di varie riduzioni cinematografiche: il titolo. La storia di Zola si svolge interamente alle Halles, i mercati generali di Parigi costruiti tra il 1854 e il 1870. In effetti, al di là delle intricate e intrecciate vicende, Le Ventre de Paris è una metafora che fa riferimento all’abbondanza di cibo nel quartiere dei mercati generali e alla bellezza di donne “grassocce”, ma anche alle miseria nei bassifondi e nelle periferie. Nulla di ciò nello spettacolo veneziano. In primo luogo, non si basa sul grand-opéra ma sull’operetta e sulla musica popolare, dalle canzonette ai canti d’osteria. Quindi non si mangia e non si beve per tessere intrighi, ma solo per il piacere del gusto (associato a quello dell’eros).
Un po’ come una diecina di anni fa, in una mirabile regia di Denis Krief, alla Sagra Malatestiana di Rimini, Il Trionfo del Tempo sul Disinganno di Georg Friederich Händel venne presentato come una cena tra due coppie, con tentativo di seduzione, nella mise en éspace di Florent Siaud, in un ipotetico fine Ottocento, due coppie (il soprano Camille Poul, il mezzosoprano Caroline Meng, il tenore David Ghillardi, il baritono Arnaud Marzorati) si danno appuntamento per un convivio. Li accompagna un piccolo ensemble: Danier Isoir al pianoforte, Isabelle Sant-Yves al violoncello, Mélanie Flahaut al flagioletto e al fagotto.

Le Ventre de Paris - Scuola Grande San Giovanni Evangelista, Venezia 2015 - photo Michele Crosera

Le Ventre de Paris – Scuola Grande San Giovanni Evangelista, Venezia 2015 – photo Michele Crosera

Si inizia con chiacchiere salottiere (sul tema comunque della gastronomia), per passare agli aperitivi (una vera e propria cerimonia) e, una volta a tavola, agli elogi delle varie pietanze su base di carne (al manzo, al maiale, ai vari tipo di agnello); allora la cena diventa davvero carnale, con una sensualità sempre più esplicita. Ma la Francia ottocentesca è anche bacchettona: non manca “la canzone del verme solitario” sino a un coro finale in cui si prega il Signore: se si deve morire, ciò avvenga a stomaco pieno di buone vivande e con il palato profumato di gran cru.
Arnaud Marzorati e Florent Siaud hanno concepito lo spettacolo scegliendo arie, duetti, terzetti, quartetti e musiche di compositori notissimi anche in Italia come Bizet, Thomas, Offenbach, Hervé, e anche meno conosciuti come Aulagnier, Lecocq, Audran, Ponchon, Bugnot, Hyspa, di un teatro in musica considerato “minore” unicamente perché differente dal grand opéra e frequentato anche dalla piccola borghesia (vi ricordate il film di Marcel Carné, Les Enfants du Paradis?) che riempiva i loggioni per prendere in giro l’ingordigia (non solamente di cibo, vini e belle donne) dei potenti.
In breve, uno spettacolo gustosissimo che non poteva non terminare con un delizioso buffet di squisitezze francesi.

Giuseppe Pennisi

www.bru-zane.com

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Giuseppe Pennisi

Giuseppe Pennisi

Ho cumulato 18 anni di età pensionabile con la Banca Mondiale e 45 con la pubblica amministrazione italiana (dove è stato direttore generale in due ministeri). Quindi, lo hanno sbattuto a riposo forzato. Ha insegnato dieci anni alla Johns Hopkins…

Scopri di più