La serie tv di Guillermo del Toro dedicata al collezionismo in chiave gotica

Si intitola “Cabinet of Curiosities” la serie televisiva in onda su Netflix prodotta dal regista di pellicole cult come “Hellboy”. I protagonisti degli otto episodi sono oggetti “curiosi”, accompagnati da storie spesso irrisolte. Una serie che richiama la passione di del Toro per le Wunderkammer, qui commentata da Luca Cableri, titolare della galleria Theatrum Mundi di Arezzo

Guillermo del Toro ha un debole per le Wunderkammer. Nella sua Bleak House, la casa delle meraviglie in California dove raccoglie tutte le sue curiosità e i cimeli, ci sono tredici biblioteche, statue dei suoi idoli, Poe e Lovecraft in primis, e ogni genere di rarità sul mondo dell’horror letterario e cinematografico. Il concetto di collezione è un riferimento importante nel mondo di del Toro, ed è un motivo di ispirazione, come testimoniano i libri dedicati alla sua collezione, diventata anche oggetto di una mostra itinerante in tutto il mondo.
L’idea di collezione è l’anima di un progetto ambizioso quale Guillermo del Toro’s Cabinet of Curiosities, la serie tv messa in onda da Netflix alla fine di ottobre, una serie che comprende otto episodi legati in un modo o nell’altro all’idea di Wunderkammer. Ovviamente il concetto di camera delle meraviglie è cambiato nel tempo, e del Toro, che introduce gli episodi alla maniera dell’Hitchcock televisivo (ma anche di Rod Serling in Night Gallery), prende atto di questi cambiamenti. È pur vero che nei suoi brevi preludi il regista messicano è sempre ripreso accanto a un complesso cabinet in legno massiccio dalle decine di scomparti segreti, emblema dei più raffinati lavori da compagnon, tipico di un genere classico di Wunderkammer.

Uno scaffale dell'Art Room della Bleak House di Guillermo del Toro (dal libro Guillermo del Toro's Cabinet of Curiosities)

Uno scaffale dell’Art Room della Bleak House di Guillermo del Toro (dal libro Guillermo del Toro’s Cabinet of Curiosities)

LA SERIE DI DEL TORO SUL COLLEZIONISMO

Però le storie della serie non sempre ruotano attorno ai classici oggetti strani che ci si aspetta di vedere. Certo, nel primo episodio, uno dei più belli, ci sono dei libri rari e maledetti; nel secondo, un misterioso ciondolo e una spada; nel quinto e nel sesto dei quadri che rappresentano un tramite con altre dimensioni lovecraftiane; ma in altri episodi non sono gli oggetti ma le persone i veri protagonisti di queste intriganti raccolte.
Cosa accade quando il collezionista diventa la collezione”, dice Guillermo del Toro presentando il settimo episodio della serie Cabinet of Curiosities. Proprio allora il regista offre la chiave per capire tutto questo strano mondo che va in scena negli otto episodi. La sua è una Wunderkammer di persone con le relative storie, soprattutto con le loro disgrazie, racconti di ordinaria follia che non necessariamente sono legati a un oggetto, come spesso accade negli horror Anni Sessanta alla Corman, bensì a casi della vita, a situazioni imprevedibili. Prendono così vita singolari “camere esistenziali delle meraviglie”, che poi meraviglie non sono, ma complessi accadimenti tenuti in serbo dal destino. La Wunderkammer televisiva approntata da del Toro, che non ha diretto nessuno degli episodi, affidati a valenti registe e registe, è quindi una vetrina di vite umane, accomunate dall’incursione del “weird”, dello strano, nella loro quotidianità. All’idea di Wunderkammer classica, oltre al monumentale cabinet che troneggia nelle presentazioni degli episodi, è riservato il bellissimo filmato dei titoli di testa, ricco di strani oggetti e rarità.
Un mondo ben noto a Luca Cableri, titolare della galleria Theatrum Mundi di Arezzo, che negli anni ha reinventato l’idea di camera delle meraviglie, aggiornandola allo spirito contemporaneo, proponendo nelle sale della sua esposizione scheletri di dinosauro e tute originali da astronauta affiancate ai memorabilia di grandi film. A lui abbiamo chiesto di raccontarci, in veste di spettatore d’eccezione, le sue impressioni dopo la visione di Cabinet of Curiosities.

Theatrum Mundi, Galleria Spazio

Theatrum Mundi, Galleria Spazio

INTERVISTA A LUCA CABLERI

Che cosa l’ha colpita di più in Cabinet of Curiosities?
Sicuramente le parti che precedono ogni episodio, quelle in cui Guillermo del Toro introduce le storie, presentandosi alla maniera di Hitchcock, accanto a un armadio pieno di cassetti e cassettini segreti che incarna il vero cabinet of curiosities, concepito come una sorta di reliquario, legato alla Kunstkammer ancor più che alla Wunderkammer. Molto belle anche le sequenze della sigla iniziale, con tutti gli strani oggetti della Wunderkammer classica, con uova di struzzo, mascheroni, automi, teschi, meccanismi complessi, chiavi di stanze segrete e lo scheletro esploso. Trovo che la serie rifletta molto il gusto di Guillermo del Toro, che ha realizzato un “cabinet” molto personale, tagliato sulle sue passioni. Del Toro ha una forte predilezione per i mostri cinematografici classici, come la prima mummia e il mostro della laguna nera. L’idea del mostro, centrale in vari suoi film, da Hellboy a La forma dell’acqua, è molto presente anche in questa serie. Poi si sente molto anche il filone del cabinet of curiosities americano. Da una ventina d’anni negli States i collezionisti prediligono le “oddities”, le stranezze, un discorso molto legato al mondo del macabro. C’è chi raccoglie solo teschi umani, oppure armi usate da serial killer. Queste cose vanno tantissimo in America. Si collezionano oggetti molto duri, e questa serie riflette anche quel particolare gusto.

Nella serie, gli oggetti da Wunderkammer hanno sempre un carattere di mistero. È una prerogativa delle rarità da collezione?
Non necessariamente, salvo pochi casi, come i libri antichi dedicati ai misteri, gli oggetti legati alla Massoneria e quelli che raccontano la storia dell’antico Egitto.
I libri antichi misteriosi, non a caso, sono ben presenti nella serie di del Toro, che ha dedicato il primo episodio a una storia di satanismo legata a quattro rarissimi volumi in grado di scatenare terribili magie. Ci sono molti collezionisti di libri antichi che trattano temi insoliti, come per esempio il culto della morte, la Totentanz, i riti satanici e quelli delle streghe. Sempre in tema di mistero, sono assai richiesti gli oggetti legati alla Massoneria, così come quelli provenienti dall’antico Egitto, che esercita un grande fascino su molte persone legate al mondo della spiritualità.

GLI OGGETTI DA COLLEZIONE SECONDO LUCA CABLERI

In Cabinet of Curiosities la forza degli oggetti è legata soprattutto alla loro storia, al loro passato. Anche gli oggetti che tratti hanno una storia importante da raccontare? Attorno a ogni oggetto va costruito un discorso di storytelling?
La storia aiuta tanto. È fondamentale, quasi quanto l’oggetto stesso. Molti oggetti li scelgo proprio in base alla loro storia. Questo succede soprattutto nell’ambito dell’arte primitiva e dell’archeologia. Ma non solo. Vari altri oggetti hanno bisogno di essere raccontati. Pensiamo a un frammento di meteorite, che si stacca da Marte, passa nella nostra atmosfera e poi precipita nel deserto del Sahara, dove rimane lì per milioni di anni. È chiaro che questa cronaca fa parte del valore intrinseco di quel reperto. Stesso discorso per la maschera degli indiani Hopi indossata dai ragazzini della tribù durante il rito dell’iniziazione per il passaggio all’età adulta. Lo stesso vale per le prime fotografie della Terra vista dallo Spazio, scattate negli Anni Sessanta. Sono tutti oggetti che vivono anche attraverso le loro storie.

Gli oggetti di Theatrum Mundi sarebbero adatti per un episodio di Cabinet of Curiosities?
Vista la fantasia dei registi, direi proprio di sì, a parte un paio di episodi troppo splatter, come quello dell’autopsia e quello del pittore folle, con un finale davvero eccessivo. A Theatrum Mundi si evitano oggetti legati direttamente alla morte. Invece ci sono molte rarità dal carattere misterioso che potrebbero essere fonte di ispirazione, come gli oggetti egizi o il frammento di meteorite. Ma, azzardando, citerei anche il cappello di Michael Jackson, un talento talmente unico da apparire come un alieno.

È mai stato contattato da Guillermo del Toro, grande appassionato di Wunderkammer?
Per il momento no. Però seguo da sempre il suo percorso: apprezzo molto i suoi film e ho letto i suoi libri dedicati alle collezioni. E poi ho comprato vari oggetti dei suoi film, come Hellboy o La forma dell’acqua, trovati in varie aste internazionali.

Mario Gerosa

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Mario Gerosa

Mario Gerosa

Mario Gerosa (1963), giornalista professionista, studioso di culture digitali, cinema e televisione, si è laureato in architettura al Politecnico di Milano. È stato caporedattore di AD e di Traveller e ora è freelance. Dopo aver scritto il primo libro uscito…

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