ITsART non ha ingranato perché è un errore o perché deve modificare il modello?

Il primo bilancio della "Netflix della Cultura" non è andato bene. Le perdite sono ingenti ma fosse quello il problema. Il problema è che gli utenti registrati sono solo 141 mila. Si può ancora correggere la rotta?

Nella sua newsletter il giornalista economico Andrea Giacobino ha anticipato ciò che si poteva facilmente intuire: i conti di ITsART, la “Netflix della cultura”, chiudono il primo bilancio con una netta perdita: meno 7 milioni. In realtà non dovrebbe essere un dato particolarmente preoccupante: è piuttosto normale che una startup – in special modo una startup tecnologica o editoriale – chiuda i primi bilanci in rosso. E se l’obiettivo è davvero realizzare una piattaforma culturale di grandi ambizioni, registrare deficit di quella entità non dovrebbe rappresentare un grande problema e nessun piano industriale poteva prevedere qualcosa di chissà quanto diverso.

La home di ITsART

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ITSART POCHI UTENTI REGISTRATI

I problemi sono altri: la nota allegata al bilancio racconta i dati sugli utenti registrati e sui ricavi che questi utenti generano per la piattaforma. Qui i numeri sono particolarmente deludenti. Nel suo primo anno solare di vita ITsART con i suoi 1.400 titoli contenuti nella library ha interessato un numero troppo esiguo di utenti registrati (solo 141mila), un numero ancor più esiguo ha poi una volta entrato nella piattaforma speso qualcosa. Al di là dei rifinanziamenti e della copertura delle perdite, qui c’è forse da ripensare al modello di offerta.

PERCHÉ ITSART NON HA ANCORA INGRANATO?

Come mai ITsART non è ancora entrato nel cuore degli spettatori? Come mai non sembra coinvolgere il pubblico, tenerlo fedele, spingerlo a spendere? I motivi possono essere molteplici:

– la library di contenuti non è interessante, è noiosa, non è appetibile

– il pricing è errato

– le procedure di registrazione e profilazione sono macchinose e respingenti

– la concorrenza (tra Youtube e RaiPlay per non dire di Netflix o Amazon e Disney) è fin troppo agguerrita

– è necessaria una comunicazione molto molto più massiccia

È probabile che vi sia un mix di tutti questi fattori e di altri ancora. La cosa certa è che immaginare una piattaforma di contenuti che veicoli materiale prodotto e realizzato dalle grandi istituzioni culturali italiane non può essere liquidata come un errore e via. Non può essere derubricata con la retorica del “flop” giusto per togliersi il sassolino e dare addosso a Franceschini.

IL PROGETTO ITSART PUÒ MIGLIORARE?

Più interessante e costruttivo sarebbe provare a immaginare correzioni di rotta. Capire quale ruolo potrebbe avere un soggetto del genere. Ipotizzarlo, ad esempio, completamente gratuito, senza complicate registrazioni e tariffe poco legittimabili, libero. Realizzare il palcoscenico e l’archivio di tutti i contenuti riguardanti il design, l’arte, la moda, l’architettura. Rendere il progetto più verticale, più di nicchia, uscire dai territori già battuti da altri (il cinema, la musica), accettare magari il fatto che debba essere in perdita (come lo sono i teatri, o i musei e come potranno esserlo i cinema come spieghiamo nell’editoriale di questo numero di Artribune Magazine). Non metterlo in concorrenza ma magari in una logica di integrazione con la Rai. Insomma, si può decidere di gettare il bambino con l’acqua sporca oppure si può provare a capire se c’è un qualche spazio per una piattaforma che sia di servizio alla produzione audiovisiva delle nostre tante istituzioni culturali e – caso unico a livello mondiale – dei nostri mille festival. Indubbiamente qualche cambiamento va fatto e alla svelta.

-Massimiliano Tonelli

https://www.itsart.tv/it/

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Massimiliano Tonelli

Massimiliano Tonelli

È laureato in Scienze della Comunicazione all’Università di Siena. Dal 1999 al 2011 è stato direttore della piattaforma editoriale cartacea e web Exibart. Direttore editoriale del Gambero Rosso dal 2012 al 2021. Ha moderato e preso parte come relatore a…

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