Mank, un film d’altri tempi sul perché è stato scritto Quarto Potere

Il 2020 cinematografico si avvicina al termine con un vero capolavoro, degno di essere riconosciuto come tale a prima vista. David Fincher racconta lo scontro tra Mankiewicz e Wells e la loro collaborazione per Quarto Potere. Niente nostalgia ma ritratto del sistema Hollywood di ieri e anche di oggi.

In bianco e nero, avido, sgangherato. Impossibile non innamorarsi. Il suo nome è Herman J. Mankiewicz e usa le parole come nessun altro. È il protagonista del nuovo film di David Fincher ed è lo sceneggiatore che collaborò con Orson Welles alla creazione di Quarto potere(non solo è un gran film ma anche una pietra miliare della storia del cinema).Mank, disponibile su Netflix dal 4 dicembre, ripercorre la genesi e le difficoltà produttive del film di Welles fino alla successiva lotta per i diritti tra Mankiewicz e il regista dopo che il film vinse l’Oscar alla Migliore Sceneggiatura Originale nel 1942. Mank è un progetto cinematografico sbalorditivo. Usa la storia del cinema come arma potente ma senza alcuna necessità di ripiegare nella sfera nostalgica. È un vero trattato narrativo che riflette, e senza giudizio, sulla politica cinematografica di ieri, e anche di oggi, usando come magnifiche pedine attori straordinari, tra questi e prima di tutti Gary Oldman e Amanda Seyfried. In Mank le citazioni sconfinano dal cinema alla letteratura, dal teatro alla politica e proseguono di atto in atto a colpi di flashback. Il risultato è un film accogliente come quei film che facevano un tempo, quindi di vecchia datazione, e dalla giusta intuizione contemporanea. 

Mank, il film

Mank, il film

C’ERA UNA VOLTA E SEMPRE CI SARÀ…

Siamo nel momento il cui il cinema di Hollywood si appresta all’età dell’oro, sta per salutare del tutto il muto e la parola sta guadagnando e assumendo una forza smisurata, oltre che necessaria. Nel film è mostrata la Hollywood dei grandi sceneggiatori che lavorano in gruppo, delle star che brillano di luce propria, conservatrice e non troppo inclusiva, ritratto agrodolce di un tempo perduto, andato. Non è una Hollywood che luccica, è l’immagine di una industria che sente forte l’eco della depressione e non mantiene la parola data. Mank è un film che non risparmia nessuno e racconta di come repubblicani e democratici si sfidavano (e lo fanno tutt’ora) come fossero avversari in una partita di poker senza sosta. Mank è un vero scontro, non tra titani ma tra narcisi, iniziando per l’appunto da Herman e Orson. Sin dalle prime immagini David Fincher mostra, e impone, la sua volontà di fare con Mank un film di un altro tempo. Per questo motivo fa sue e si appropria di caratteristiche e stili di quegli anni, degli anni 30 e 40 del secolo scorso. E che ritmo incalzante che si ha, dettato da inquadrature pulite, pochissimi movimenti di macchina a favore di molte immagini ferme che seguono un dinamismo instancabile, il tutto sostenuto dalle musiche eccezionali di Trent Reznor e Atticus Ross. È come se tutto in Mank appartenesse a quegli anni, a un’altra epoca, non come una macchina del tempo che riporta indietro la visione dello spettatore, ma come effettivo capolavoro del passato.  

PERSONAGGI AL SERVIZIO DELL’IMMAGINE

In questo caso non sono i personaggi che sostengono il film ma è l’immagine stessa che accompagna questi. E i personaggi sono tutti noti: Marion Davies, interpretata da Amanda Seyfried, fu l’amante ufficiale dell’eccentrico magnate William Randolph Hearst, che utilizzò la propria influenza per farla imporre stella del cinema; Charles Dance è il magnate e produttore cinematografico William Randolph Hearst, alle cui vicende si ispira Quarto potere di Orson Welles; Tom Pelphrey veste i panni di Joseph L. Mankiewicz, fratello di Herman destinato a diventare uno dei più influenti registi di sempre, con alle spalle cult come Lettera a tre moglie ed Eva contro Eva. E poi c’è tutto il parterre di piccoli ruoli, uno più invitante dell’altro, tra tutti quello che David Fincher affida a Lily Collins, che interpreta Rita Alexander, la segretaria di Mankiewicz che lo aiutò a stendere la sceneggiatura di Quarto potere, e all’attore inglese Tom Burke, ovvero il regista e attore Orson Welles. Precisiamo, Mank non è un film su come è stato fatto Quarto potere, ma sul perché è stato fatto. Mank è un film sulla magia del cinema e quindi sul ricordo, ma anche sulla perfidia del sistema stesso di cui fa parte.Mank è una perla d’altri tempi, e come dice lo stesso Herman J. Mankiewicz verso fine film, “il vero amore sul grande schermo è cieco”. 

-Margherita Bordino

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Margherita Bordino

Margherita Bordino

Classe 1989. Calabrese trapiantata a Roma, prima per il giornalismo d’inchiesta e poi per la settima arte. Vive per scrivere e scrive per vivere, se possibile di cinema o politica. Con la valigia in mano tutto l’anno, quasi sempre in…

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