Tariffe per le concessioni degli spazi museali: facciamo chiarezza

Le recenti, e molto dibattute, linee guida del Ministero della Cultura inducono a una riflessione sui criteri e sulle tariffe per la concessione degli spazi museali a uso individuale. Specie se l’obiettivo è la tutela ma anche la valorizzazione

Il dibattito suscitato dall’adozione delle “Linee guida per la determinazione degli importi minimi dei canoni e dei corrispettivi per la concessione d’uso dei beni in consegna agli istituti e luoghi della cultura statali” (decreto del Ministro della cultura N. 187 dell’01/05/2023) ha registrato un forte interesse sul tema delle riproduzioni, ma poco o nulla è stato detto in relazione alla concessione degli spazi museali. Questo tema di primaria importanza sollecita alcune considerazioni di carattere giuridico ed economico.
Il nostro ordinamento prevede diverse fattispecie riconducibili all’istituto “concessorio”. La disciplina contenuta negli artt. 106 e 107 del D. Lgs 22 Gennaio 2004, n. 42, “Codice dei beni culturali e del paesaggio” (di seguito, “Codice”) consente alle amministrazioni statali e locali di concedere l’uso dei beni culturali, per finalità compatibili con la loro destinazione culturale, a singoli richiedenti.
La disposizione prevista dall’art. 106 si differenzia da quella contenuta nell’art. 107 prevalentemente per la durata: uso stabile il primo, uso precario e strumentale il secondo.
In ogni caso, al fine di determinare la natura stabile dell’uso, è utile richiamare la nota n. 13014 del 16 giugno 2009 del MiBACT, nella quale si precisa, in riferimento alle concessioni in uso individuali, che l’articolo 106 trova applicazione ogni qualvolta la concessione in uso richiesta non rappresenti una cesura temporale significativa nella persistenza della titolarità dei poteri dominicali in capo all’amministrazione consegnataria.

“Si tratterebbe di ribadire quanto previsto dal Codice e dallo stesso decreto e cioè che nessun canone è dovuto, da parte di soggetti pubblici e privati, per le attività realizzate senza scopo di lucro e per finalità di valorizzazione”

CANONI E CONCESSIONI

Detto ciò, è bene precisare che il decreto si occupa dell’uso individuale, contrapposto all’uso generale, in forma strumentale e precario e cioè a titolo temporaneo (artt. 107 e 108 del Codice). Dunque tre sono gli elementi caratterizzanti l’istituto in commento:
a) la possibilità concessa di uso individuale di un bene in deroga al principio generale di godimento pubblico del patrimonio culturale;
b) il carattere oneroso di tale istituto: il godimento del bene a favore del richiedente può avvenire a fronte del pagamento di un corrispettivo (canone di concessione) che giustifica la convenienza finanziaria della concessione;
c) la sorveglianza dell’amministrazione consegnataria dei beni la quale è tenuta “essenzialmente” a vigilare, nell’ambito del rapporto concessorio, il corretto uso, in coerenza con le funzioni pubbliche che a essa sono attribuite in ordine alla tutela, alla conservazione e all’attenta verifica della compatibilità della destinazione d’uso con il carattere culturale del bene.
L’art. 108 detta la disciplina dei criteri per la determinazione dei canoni di concessione per l’uso dei beni culturali, tenendo conto:
a) del carattere delle attività cui si riferiscono le concessioni d’uso;
b) dei mezzi e delle modalità di esecuzione delle riproduzioni;
c) del tipo e del tempo di utilizzazione degli spazi e dei beni;
d) dell’uso e della destinazione delle riproduzioni, nonché dei benefici economici che ne derivano al richiedente.

VALORIZZAZIONE E CHIAREZZA

È da osservare, peraltro, per quanto attiene alle riproduzioni (fotografiche, cinematografiche, diapositive ecc.) e all’uso strumentale e precario dei beni, che il tariffario in vigore era ancora quello stabilito con d. m. 8 aprile 1994 (in Gazzetta Ufficiale 6 maggio 1994, n. 104).
Era dunque del tutto necessario un provvedimento che da una parte aggiornasse i tariffari e dall’altra fornisse criteri applicativi agli istituti del Ministero.
Nel dibattito troppo poco spazio è stato dedicato alle concessioni degli spazi avendo assorbito l’attenzione maggiore il tema delle riproduzioni.
Il decreto specifica, in relazione agli spazi, che nessun canone è dovuto per il perseguimento di finalità istituzionali. Non poteva essere diversamente. Lo scopo del decreto è quello di individuare i criteri per l’applicazione dei canoni uti singuli e dunque in un perimetro estraneo alle finalità istituzionali e in linea con quanto previsto dallo stesso Codice.
A tal proposito il decreto prevede, per delimitare lo scopo istituzionale da quello individuale, che l’evento per il quale lo spazio è concesso rientri pienamente nelle finalità istituzionali del Ministero e che il progetto tecnico-scientifico sia definito unitamente a uno o più organi del Ministero e/o attraverso la presenza, nel Comitato scientifico o nel Comitato organizzatore della manifestazione o dell’evento, di un dirigente o di un funzionario da lui delegato, in rappresentanza del Ministero.
Sarebbe utile in via interpretativa ribadire che tutti i casi di cooperazione istituzionale con enti pubblici e privati per finalità di valorizzazione esulino dal campo di applicazione delle linee guida nel solco di quanto previsto dal Codice. Analogo ragionamento vale per tutti gli accordi o le convenzioni stipulati con organismi pubblici ed enti privati per finalità di valorizzazione in attuazione degli scopi istituzionali dell’Istituto.
Infine sarebbe auspicabile che il Ministero spiegasse che per eventi di minore complessità l’eventuale “condivisione” del progetto tecnico-scientifico dell’evento è attuata anche attraverso apposita motivazione nel provvedimento autorizzatorio.
Questi indirizzi esplicativi potrebbero contribuire a chiarire l’applicazione delle linee guida senza compromettere le attività di valorizzazione attuate spesso mediante preziose collaborazioni con enti pubblici e privati. Non c’è motivo di ritenere che il Ministero non intervenga in via interpretativa in questa direzione. Si tratterebbe infatti di ribadire quanto previsto dal Codice e dallo stesso decreto e cioè che nessun canone è dovuto, da parte di soggetti pubblici e privati, per le attività realizzate senza scopo di lucro e per finalità di valorizzazione.

LA COOPERAZIONE PUBBLICO-PRIVATO

Chiaramente non sarà solo un decreto a determinare una valorizzazione economica degli spazi a uso individuale. Sarà necessario dotare gli uffici di competenze e strumenti per costruire un modello di gestione che punti a qualificare un aspetto che a oggi è lasciato allo spontaneismo e alle decisioni dei singoli responsabili. Situazione questa che ha determinato nel corso degli anni una applicazione del tutto eterogenea delle tariffe e non ispirata a criteri economici oggettivi.
Sarà necessario adeguare gli spazi in modo da renderli effettivamente adatti a processi di questa natura. Si tratterà di qualificare sempre di più i servizi accessori (wi-fi, attrezzature, standard di accessibilità, etc.) e soprattutto di adottare un modello organizzativo orientato a una più proficua relazione tra gli istituti di cultura e il mondo privato.
Ai fini dell’applicazione del decreto sarà necessario periodicamente valutare gli effetti anche in termini economici dei canoni e adeguare eventualmente le tariffe per renderle il più possibile aderenti alla realtà spesso molto eterogenea delle varie articolazioni ministeriali.
Resta inoltre il nodo principale sul quale andrà concentrata l’attenzione e cioè il perseguimento delle finalità istituzionali di tutela e valorizzazione attraverso l’attuazione di tutti gli strumenti di cooperazione pubblico-privato per incrementare sia l’una che l’altra.

Marco D’Isanto

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Marco D'Isanto

Marco D'Isanto

Marco D’Isanto è consulente di istituzioni culturali, enti del terzo settore e imprese culturali. È dottore commercialista a Napoli, docente di master universitari, editorialista del Corriere del Mezzogiorno Ed. Corriere della Sera. Nell’ambito dell’attività professionale conduce attività di assistenza alle…

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