Erbe infestanti e libertà. La nuova pittura di Andrea Chiesi a Modena

La mostra allestita nell’ex chiesa di San Paolo nella Sala delle Monache a Modena ripercorre le due tappe fondamentali della ricerca di Andrea Chiesi. Dagli scenari industriali alle rovine dall'atmosfera romantica.

È stato un processo lento, un’evoluzione quasi impercettibile, come lenta e impercettibile è la crescita delle piante. Per oltre vent’anni ho dipinto a olio su lino le trasformazioni del paesaggio contemporaneo e a un certo punto è iniziato a cambiare lo sguardo: stessi luoghi, ma occhi diversi”: è quello che ci ha risposto Andrea Chiesi (Modena, 1966) quando gli abbiamo chiesto cosa lo ha portato a mettere da parte le vedute “post industriali” per volgere l’attenzione a edifici, sempre abbandonati, ma di altra natura, e soprattutto rioccupati dalla natura.
Mi sono accorto che non ero più interessato soltanto al corpo architettonico, nelle sue strutture e linee in cerca di ordine – fino a quel momento il soggetto del dipingere – e che osservavo le piante pioniere che abitavano quei luoghi. Le erbacce, insomma, che ritornavano ad abitare gli spazi, come i punk che occupavano gli squat negli Anni Ottanta. Erbe matte, dai più ritenute fastidiose e infestanti, eppure portatrici di vita e soprattutto, nel loro caotico espandersi, di libertà”, spiega ancor meglio l’artista, che ammette anche un altro fattore chiave per una svolta stilistica ben percepibile visitando la sua mostra in corso a Modena: da otto anni vive e lavora “in un boschetto selvatico alle porte di Modena, al confine tra tangenziale e campagna, letteralmente avvolto dalla vegetazione”. E pare quasi di sentirli, quei rumori “vegetali” che riempiono gli spazi abbandonati, le rovine che piano piano riprendono vita, escludendo quella umana.

IL RITORNO AL DISEGNO DI ANDREA CHIESI

Ma il cambiamento non si limita ai soggetti: le nuove opere, concentrate nella Sala delle Monache, sono realizzate con un “disegno a intreccio con i pennarelli che costruiscono una tessitura chiaroscurale sottilissima, e passaggi a velature di inchiostro di china che definiscono l’intensità cromatica finale del lavoro”, dichiara ancora Chiesi. Un ritorno alle origini, insomma, perché proprio dal disegno è iniziata la carriera dell’artista modenese, il quale trova nella sua città le fonti di ispirazione. Lo dimostrano i disegni e i taccuini disposti su grandi tavoli e in cui compaiono luoghi noti a chi conosce la città.

Andrea Chiesi, Dharma, 2019, taccuino a pennarello e inchiostro su carta, cm 29x21 ca. chiuso

Andrea Chiesi, Dharma, 2019, taccuino a pennarello e inchiostro su carta, cm 29×21 ca. chiuso

LA MOSTRA DI CHIESI A MODENA

E se Andrea Chiesi rende omaggio a Modena, Modena lo ricambia con il grande spiegamento di forze: per il progetto sono infatti scesi in campo l’assessorato alla Cultura del Comune di Modena, l’Associazione culturale CerchioStella, la galleria di riferimento di Chiesi, D46, con relativo gallerista Andrea Losavio, l’importante sponsor Hera e Fulvio Chimento nelle vesti di curatore esterno, alla cui “scuderia” appartiene il duo artistico Saggion-Paganello che ha pensato gli allestimenti. L’investimento? 54mila euro: niente male.
E non si dimentichi la sede: questa è la prima mostra – delle tante future, promette l’assessore Andrea Bortolomasi – allestita nelle Sale di Cultura del San Paolo appena restaurate proprio con finalità espositive. Con non poche difficoltà, se si vuol raggiungere un risultato gradevole, visto da un lato le due tonalità di ocra, verosimilmente lasciate per questioni conservative, che ricoprono le pareti della prima sala, l’ex chiesa, e che stonano con i toni freddi delle opere di Chiesi, e dall’altro l’assenza di adeguati sistemi di sostegno dei dipinti, molti dei quali ora sono appoggiati su basamenti tono su tono con l’ambiente; nella seconda sala l’allestimento è invece risolto con possenti travi di legno e tavoli con copertura in vetro.

Marta Santacatterina

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Marta Santacatterina

Marta Santacatterina

Giornalista pubblicista e dottore di ricerca in Storia dell'arte, collabora con varie testate dei settori arte e food, ricoprendo anche mansioni di caporedattrice. Scrive per “Artribune” fin dalla prima uscita della rivista, nel 2011. Lavora tanto, troppo, eppure trova sempre…

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