Referendum Costituzionale. Il mondo dell’arte dice la sua: i No e i Non so

Non si parla d’altro, in Italia. Il referendum costituzionale manipola il dibattito pubblico. Tante le dichiarazioni di voto, da parte della società civile. Ma il mondo dell’arte che dice? Abbiamo provato a chiederlo a un po’ di figure selezionate, tutte diverse e tutte attente all’attualità. Ne è venuta fuori un’inchiesta in due puntate. Tra chi è a favore e chi è contro questa riforma della Costituzione, con tutti gli annessi e connessi…

L’ITALIA AL VOTO. IL TEMPO DELLA SVOLTA?
Ossessione referendum. Spaccata in due, nevrotica, avvitata intorno al dibattito politico più caldo degli ultimi anni, l’Italia pare sospesa fra la percezione del precipizio, la speranza di una svolta e il solito torpore. Chiusa in una bolla, col rumore del countdown in sottofondo.
E intanto non si ferma la corsa del governo per tirare il paese fuori dall’impasse, a colpi di riforme, leggi, patti per il Sud, stanziamenti economici, tavoli con l’Europa, misure più o meno efficaci. Una corsa disperata incontro alla verifica e al consenso, difendendo l’idea di un decisionismo che si riveli virtuoso e non autoritario. Correre, fare, raccontare: senza tregua, fino al 4 dicembre.
Matteo Renzi si gioca la partita della vita, insieme al suo PD. E a giocarsela con lui, probabilmente, è l’Italia intera. Per i contenuti della riforma, ma soprattutto per le conseguenze politiche del voto.
Ma quanto ne capisce il cittadino comune di diritto costituzionale? All’incirca nulla. E però, la febbre è esplosa. Tra chi prova a capire sul serio e chi se la vive a colpi di slogan, simpatie, idiosincrasie e appartenenze ideologiche. Ed è comunque un’elite. La maggior parte degli italiani poco o niente sa di questa storia. Tantissimi non voteranno, molti voteranno a caso: è la controversa faccenda della democrazia diretta. Che quando riguarda quesiti tecnici, buoni per professionisti ed esperti, si trasforma in feroce trappola collettiva.

Matteo Renzi, l'ex rottamatore

Il premier Matteo Renzi

La travagliata vicenda di questa revisione costituzionale, finalizzata principalmente al superamento del bicameralismo paritario e alla riorganizzazione del rapporto tra Stato ed enti locali, è giunta al traguardo che pareva impossibile: dopo due anni e mezzo ci discussioni fiume, tra commissioni e aule, milioni di emendamenti e 6 votazioni, il Parlamento ha approvato. E senza usare mai lo strumento della fiducia (obiezione spesso circolata nei dibattiti, ma del tutto erronea).
Non si era raggiunto però il placet dei due terzi dei componenti. Ed è in questo caso che si palesa l’opzione del voto popolare. Non un obbligo, ma una sorta di indicazione “giusta” contenuta nella stessa Carta: bene comune per eccellenza, la Costituzione chiede il più ampio consenso possibile.
A sollecitare questo passaggio alle urne sono state le opposizioni parlamentari, ma anche la maggioranza, con in testa lo stesso Renzi. I primi nella speranza di affossare l’intraprendente avversario, quest’ultimo puntando a una vera legittimazione popolare. Se per il Premier sarà l’anticamera della disfatta o la via per guadagnarsi una pagina di Storia, è materia del day after: la notte dello spoglio sarà da cardiopalma. Col futuro della Costituzione che si fa metafora e occasione di un possibile incipit (checché ne dicano certuni, interessati a minimizzare): la Terza Repubblica nasce – o abortisce – all’alba del 5 dicembre.

Riforma Costituzionale - iter

Riforma Costituzionale – iter

PAROLA AL MONDO DELL’ARTE. I NOISTI, GLI ASTENSIONISTI, I PERPLESSI
A mancare, nel coro di voci di giuristi, accademici, intellettuali, uomini di cultura e spettacolo, è il mondo dell’arte. Ampiamente assente. Con quella certa distanza snob rispetto alla politica viva, reale, di carne, polvere e fango, che si accompagna a un certo engagement estetico-politico, tutto teorico o semplicemente di tendenza. La responsabilità di una presa di posizione, di un’esposizione pubblica, viene meno quasi sempre.
Abbiamo allora deciso di violare il distacco. Di praticare una piccola incursione, stimolando il dibattito: l’agone politico, al posto del salotto buono.
Senza pretese alcune di scientificità o completezza, abbiamo messo insieme una carrellata di opinioni, bypassando quelle già note (vedi Settis, Montanari e Sgarbi, schierati per il No, oppure Melandri e Marchini, firmatarie dell’appello delle donne per il Sì). Ed ecco interpellate una cinquantina di figure, tra artisti, galleristi, critici, storici dell’arte, direttori di musei e collezionisti, sollecitati sul fatidico quesito: Sì o No? E perché?
Diverse le generazioni, i profili, i background e le aree geografiche. Mentre in comune, oltre al peso specifico professionale, ci sono cose come l’attenzione per l’attualità e la politica, la passione per storia, sociologia, antropologia, la vocazione per un’arte che è processo sociale, impegno civico, pensiero attivo. Questi i criteri alla base di una ricerca assolutamente aleatoria: un’inchiesta in due parti e non un sondaggio, un’esplorazione e non un’analisi.

Referendum Costituzionale - comitato per il No
Nella quasi totalità dei casi non avevamo idea di quali risposte sarebbero arrivate; e alcune ci hanno anche stupito. Circa il 40% dei nomi contattati ha dato forfait: chi non era interessato, chi non voleva esporsi, chi era troppo confuso, chi non aveva tempo. Bene dunque per chi ci ha messo la faccia e un po’ di concentrazione, scommettendo sull’importanza di partecipare, in un momento tanto delicato per il Paese.
E veniamo ai risultati. Tirando le somme – fra i 30 testi arrivati e i commenti raccolti random – la media riscontrata è tutta a favore del Sì. A sorpresa. In forte minoranza i No, a cui abbiamo accostato i Non so: la prima puntata è dunque all’insegna del dubbio e delle criticità. Uno spaccato breve ma rappresentativo di quello che è forse l’orientamento generale più marcato. Lì fuori c’è un esercito di gente che non si fida, che non vuole dare un assist a questo governo – e il voto, in tal senso, ha ormai una connotazione politica fortissima, a discapito del merito –, che ha paura di cambiare, che non condivide senso e metodo di questa sfida, che non ne ha capito granché, che è stanca e arrabbiata, che dice un No simbolico al sistema, che non andrà a votare. E noi, più o meno, partiamo da qua.

Michele Dantini

Michele Dantini

MICHELE DANTINI
Critico e storico dell’arte, saggista, docente all’Università del Piemonte Orientale

Il progetto di modificare la Costituzione – e in particolare di venir fuori dal bicameralismo attuale – viene da lontano, non è certo solo di questo governo. Avanzata quanto si vuole – lo è senza dubbio –, la Costituzione italiana non è un testo sacro, è nata da compromessi ideologici tra le principali forze politiche impegnate a ricostruire la nazione e corrisponde a una congiuntura storico-ideologica che non è più la nostra. Naturalmente occorre prima intendersi sul “cosa” cambiare e sul “come”. È corretto che l’iniziativa di cambiare la Costituzione sia presa dall’esecutivo? Perché mantenere in vita un Senato depotenziato, composto da amministratori locali, quella parte cioè di classe politica (almeno sino al più recente passato) meno limpida e autorevole?
Meglio sarebbe stato eliminare del tutto il Senato. Trovo poi allarmante il combinato disposto della riforma costituzionale e della riforma elettorale. La scarsa attendibilità di chi, tra i politici, si oppone alla riforma, non è purtroppo un motivo sufficiente per essere a favore.

Sveva D'Antonio e Corrado Gugliotta

Sveva D’Antonio e Corrado Gugliotta

CORRADO GUGLIOTTA E SVEVA D’ANTONIO
Galleristi – Laveronica Arte Contemporanea, Modica

È difficile scrivere un testo breve senza limitarsi agli slogan, ma è paradossale che la stessa classe dirigente che negli ultimi decenni ha reso precario il lavoro e la vita di un’intera generazione di ragazzi voglia adesso maggiore stabilità per se stessa, liberandosi da qualsiasi controllo e rischiando di portarci verso una specie di oligarchia. A scuola abbiamo imparato che la Costituzione è la legge fondamentale dello Stato e abbiamo studiato la storia e i sacrifici fatti dai personaggi che l’hanno scritta.
Anche la vita ci ha insegnato che, aldilà dei proclami, conta la fiducia che le persone si conquistano e una Costituzione non può essere stravolta da una minoranza/maggioranza capitanata da personaggi di statura meschina se paragonati a giganti come Togliatti e De Gasperi.
Di recente abbiamo letto con passione le parole di un grande siciliano, il magistrato Nino Di Matteo, che, denunciando la pericolosità di questa riforma, ci ha esortato a rileggere la nostra Costituzione e a renderci conto di come venga ogni giorno tradita… L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro? Come cittadini invitiamo tutte le persone che conosciamo attraverso il nostro lavoro, quello di galleristi, a votare No al referendum.

Alessandra Mammì

Alessandra Mammì

ALESSANDRA MAMMÌ
Critico d’arte, giornalista, firma dell’Espresso

Voto No sebbene faccia fatica dirlo tanto è diventato aggressivo il clima nel Paese. Voto No ma non voto contro Renzi e mi dispiace per il suo ego ma il mio No riguarda la Costituzione e non il suo premierato.
Voto No perché temo molto il combinato disposto con la legge elettorale e un premio di maggioranza che somiglia troppo alla vecchia legge truffa democristiana e non mi bastano le assicurazioni che dopo il mio voto sarà cambiata. È un voto non una scommessa.
Voto No perché credo nel dibattito parlamentare, nel ruolo delle opposizioni e persino nel bicameralismo.
Inoltre più leggo più mi rendo conto di quanto impasticciata sia questa riforma di cui apprezzo il voler mettere ordine fra potere centrale e regioni, ma trovo ridicolo il surrogato di Senato che mi sta proponendo.
Voto No perché non cambio la Costituzione per risparmiare, dal momento che il patto supremo che lega il cittadino e lo Stato non è la tessera punti di un supermercato.
Voto No, infine, anche perché spero in una prossima riforma della Costituzione, più degna di questo Paese e della memoria dei padri costituenti.

Antonio Manca

Antonio Manca

ANTONIO MANCA
Imprenditore, collezionista

Considero la situazione politica un fedele specchio della società. Chi governa oggi a volte mi sembra completamente staccato dalla realtà, altre volte perfettamente in linea e risolutivo rispetto alle non facili esigenze di una società come la nostra, in continua (e non sempre positiva) evoluzione.
Rispetto al referendum non mi sono ancora fatto un’idea su cosa votare. In effetti il mio pensiero è basato su due riflessioni: la prima è che penso a prescindere che la Costituzione italiana sia sicuramente da adeguare ai tempi, per esempio sul Titolo V e sulla necessità di un meccanismo di approvazione delle leggi più snello. La seconda considerazione riguarda la sostituzione del Senato (anche se ridimensionato nella funzione e nei numeri) con sindaci e consiglieri regionali: una soluzione che non mi soddisfa pienamente, sia perché non eletti direttamente sia per le competenze. Una cosa è certa: la Riforma è necessaria, anzi indispensabile, ma nonostante conosca i temi del referendum, per altro ben esplicati, non sono ancora certo di cosa deciderò.

Gianni Pettena

Gianni Pettena

GIANNI PETTENA
Artista

Cambiare la costituzione a colpi di maggioranza, magari con la fiducia, è una forzatura inaccettabile.
Deve essere ponderato ogni cambiamento, frutto di discussione, mediazione e accordo.  Ogni fretta non può che figliare superficialità e grossolane approssimazioni.  Il tutto accompagnato a vaghi impegni di adeguamento della legge elettorale, che mi sa tanto di vendita di pentole e macchine usate.
Ci ritroveremo con un cambiamento che lascia spazio a un autoritarismo demagogico e presidenziale, con conseguente drammatica riduzione di partecipazione democratica, in mano a una legittima dittatura.
Cambiamenti sì, se necessari, ma frutto di ben altri percorsi, democratici.
Rileggendo i programmi di Gelli, Berlusconi, e ora Renzi, sento tanto il profumo di Villa Wanda…
Mi sorprende che il mondo dell’arte discuta su un sì o un no. Libertà e un democratico confronto fra artisti, intellettuali e classi lavoratrici di ogni tipo, dovrebbero essere sufficienti.
Il premier (sic!) oggi ha l’appoggio di industria, banche, capitale, globalizzazione, che si fondano sulla riduzione delle conquiste democratiche di chi lavora.
Dovremmo essere tutti compatti, dall’altra parte di chi specula ad ogni livello, non infinocchiati da un’alluvione di bugie e approssimazioni, quando lo scopo di chi propone è compiacere chi dispone di grandi capitali e crea mercati di beni, superflui a una evoluzione di giustizia sociale.
Gli artisti, di tutte le discipline, stanno dall’altra parte.

Tommaso Pincio

Tommaso Pincio

TOMMASO PINCIO
Scrittore, critico d’arte

Non ho ancora deciso cosa votare perché ci sono aspetti della riforma che non mi sono chiari, in particolare quelli riguardanti il Titolo V. Dico poco chiari a me, leggendo gli articoli. Devo tuttavia aggiungere che nei tanti dibattiti che ho seguito nessuno ha saputo (o voluto) spiegare con chiarezza e concretezza cosa implicano questi articoli, sia sul fronte del Sì, sia su quello del No.
Mi appare evidente tuttavia che per giudicare meriti e/o pericoli della riforma è necessario sapere come verrà eletto il Parlamento e questo non lo sappiamo, visto che sulla relativa legge vi è al momento una grossa incertezza. Certo è che una Carta costituzionale che dipenda in modo così diretto da una legge dello Stato, dunque modificabile a colpi di maggioranza in ogni legislatura, rappresenta di per sé un’incognita non molto rassicurante.

Alfredo Pirri - ph. Rodolfo Fiorenza

Alfredo Pirri – ph. Rodolfo Fiorenza

ALFREDO PIRRI
Artista

Vorrei parlare in favore dei cittadini indecisi o che non andranno a votare per rabbia (credo saranno la maggioranza), per dire che questa scelta ha un suo valore politico e tutt’altro che qualunquista. Quello che chiede questo referendum non è di “ritoccare” il nostro Statuto costituzionale, ma modificarne aspetti importanti che pretenderebbe un accordo politico da parte di chi i cittadini li rappresenta. Decisioni tanto importanti andrebbero prese, come in passato sono state prese, in comune. Accordarsi un tempo è stato possibile addirittura fra ex monarchici e comunisti, oggi che queste identificazioni suonano sorde non ci si accorda più su nulla! Forse perché non si tratta più di concordare dei patti rilevanti per la collettività, ma solo di fornire uno strumento in più a gruppi che usano il referendum come strumento per aumentare il proprio potere.
Negare massicciamente la partecipazione al voto rafforzerebbe l’esigenza di una politica più responsabile, meno individualista e meno autoreferenziale. Perché obbligarci a decidere su particolari incomprensibili, e non assumersi invece una responsabilità diretta di governo incontrandosi e decidendo? Perché dare la possibilità di decidere a un numero irrisorio di cittadini (così sarà in ogni caso), a discapito di una maggioranza che non vuole questo referendum, non comprendendone neanche i motivi?

Marco Scotini

Marco Scotini

MARCO SCOTINI
Critico d’arte e curatore, direttore del Dipartimento di Arti Visive della NABA e direttore artistico di FM – Centro per l’Arte Contemporanea di Milano

La retorica di una classe governativa “nuova e giovane” appare per quello che è. Dove abbiamo visto del nuovo negli ultimi tempi? Per volontà o per caso, c’è stata qualche innovazione o trasformazione di cui non mi sono accorto? Nel nostro campo – quello dell’arte e della cultura – una microarea che possiamo maggiormente misurare, ho visto solo decisioni governative autocratiche sulle assegnazioni di ruoli e funzioni a improvvisati che venivano spacciati per novità di marca populista (tanto nelle forme che nei contenuti).
Ma, già, dove stanno quei contenuti che possano spostare un referendum come quello del 4 dicembre da una dimensione eminentemente tecnocratica a una politica? Mi pare che se dei contenuti ci sono, vengono tutti però dai rappresentanti del No. Da coloro, cioè, che hanno posto in gioco dell’altro, trasformando la classica alternativa referendaria di opinioni in una vera e propria divisione tra parti avverse: quelle che preconizzano una monocrazia e quelle che si ostinano a perseguire un’idea di democrazia.
Il popolo del No sta crescendo di giorno in giorno: che si possa ripartire da qui, da questa opposizione, per ritrovare una coesione emancipativa, alla faccia di ciò che sta accadendo in Europa e nel mondo? Il nuovo, siamo convinti, sta ormai altrove da dove lo si contrabbanda.

Luca Vitone

Luca Vitone

LUCA VITONE
Artista

La faccenda l’ho seguita poco. Guardando la situazione italiana da Berlino, non capisco bene cosa stia succedendo. Renzi non mi piace, ma mi sembra che tutto sommato qualcosa di buono abbia fatto, almeno in ambito culturale. Mentre alla nuova regolamentazione del lavoro non credo.
L’area del No è talmente vasta che non capisco se sia giusto votarla. C’è una critica di sinistra che forse può essere sensata, ma ci sono nel mezzo anche figure talmente negative – proprio quelli che hanno contribuito a rovinare il sistema italiano – che già solo per quello non mi uniformerei mai al loro suggerimento.
Il referendum sarebbe, in teoria, uno strumento utile. Ma credo che valga per argomentazioni di carattere civile, come divorzio, aborto, liberalizzazione delle droghe, e non per questioni tecniche complesse, come la modifica della Costituzione, una legge sul lavoro o sul nucleare. Temi su cui la maggior parte dei cittadini non sa argomentare. Me compreso.
Io non credo che voterò, anche in relazione alla piega che ha preso la faccenda: Renzi sì, Renzi no. In questi termini non mi interessa partecipare. Anche perché, che alternativa abbiamo? Il Movimento Cinque Stelle? Ho i miei dubbi, da comune cittadino.

Helga Marsala

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Helga Marsala

Helga Marsala

Helga Marsala è critica d’arte, editorialista culturale e curatrice. Ha insegnato all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Roma (dove è stata anche responsabile dell’ufficio comunicazione). Collaboratrice da vent’anni anni di testate nazionali di settore, ha lavorato a lungo,…

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