Il meglio e il peggio di quello che abbiamo visto nella settimana dell’arte di Art Basel in questo 2025
Il mercato che regge, le mostre davvero straordinarie, le fiere collaterali che cercano di tenere botta e immancabilmente non ce la fanno. Una città con prezzi senza senso ma con una mobilità perfetta che ti fa dimenticare anche la tazzina di caffè a 7 euro

Edizione non banale, questa di Art Basel 2025. Il mercato dell’arte soffre da mesi di una sofferenza che sembra più strutturale che transitoria. La fiera ha esordito qualche giorno dopo l’inizio di pesanti operazioni militari di Israele in Iran e ha chiuso col pesantissimo ingresso nelle medesime operazioni degli Stati Uniti. In uno scenario di grande crisi globale, “come si fa a pensare alla compravendita di opere d’arte?”, ci siamo chiesti il primo giorno nel nostro top 11 dei migliori stand. Eppure la cara vecchia Art Basel ce l’ha fatta. Ha risposto con una qualità elevata, circondata da mostre di spessore assoluto e contribuendo a ripristinare un po’ di ottimismo: uno scenario che alla vigilia era insperato. E per quanto riguarda l’Italia la fiera ha portato anche fortuna: durante i giorni di apertura della kermesse – non per caso – il Governo ha annunciato una revisione fiscale sull’IVA delle opere d’arte che incrementerà notevolmente la competitività del Paese.
In questo quadro vediamo quali sono stati i flop e i top di questa settimana dell’arte 2025 ad Art Basel.
TOP
Il mercato resiliente

Forse è il messaggio più limpido che proviene dalla Art Basel 2025: il mercato è stufo di vivere mesi di crisi e depressione e vuole rimettersi in una carreggiata di crescita o per lo meno di stabilità. Probabilmente il fondo è stato toccato, ed è una buona notizia per tutti.
Le mostre grandiose

Non importa la fiera, non importano le fiere collaterali, non importano neppure le pubbliche relazioni, gli aperitivi, le cene e le mille colazioni (ora va di moda così) che fungono da momenti di networking. Sgomberate tutto e tenetevi la mostra su Medardo Rosso alla Kunsthalle e quella di Steve McQueen allo Schaulager. Solo questi due contenuti giustificavano il viaggio a Basilea e i miliardi di franchi necessari per alloggiare e mangiare.
Photo Basel

Sono ondivaghe e altalenanti le edizioni di questa fiera tutta dedicata alla fotografia che si svolge nella platea del teatro della Volkshaus. Però quest’anno l’edizione era buona, piena di chicche, pure di affari e di contenuti ben presentati. Ora questa fiera necessita di una ulteriore crescita e del suo terzo cambio di location, perché qui si sta stretti e abbastanza scomodi.
La mobilità a Basilea

Tutto è organizzato per facilitare la mobilità a Basilea. Tantissime cose si possono fare a piedi, perché via via le fiere e le altre rassegne si sono assiepate nello stesso fazzoletto di città (Art Basel, Liste, Volta, June, gli Swiss Art Awards stanno tutti attaccati). E poi è facilissimo muoversi in bicicletta e i tram sono impeccabili. Come avviene in tutte le città evolute e civili (dovunque salvo che in un Paese, indovina un po’…) ormai quasi più nessuno adopera l’automobile privata e se ne ricava un’atmosfera di sicurezza, pace e facilità. Che favorisce anche il business.
FLOP
La fiera Volta

Non ce la fa. La fiera che quest’anno festeggia 20 anni non beneficia dei continui cambi di sede. Si è posizionata vicinissima alla fiera principale ma la sensazione è sempre quella di un salon de refusés con troppe, troppe, troppe gallerie che scendono sotto al livello del buon gusto.
Basel Social Club

Questa specie di fiera alternativa ha fatto tutto il giro per arrivare ad assomigliare alla vecchia Liste di qualche anno fa. Prima si è svolta in una villa fuori città, poi in una ex fabbrica di maionese e infine, lo scorso anno, in campagna tra le aziende agricole periurbane di Basilea. Ogni volta era qualcosa di originale, ma quest’anno molto meno. Per il 2025, infatti, Basel Social Club si è tenuta in uno storico palazzo di una banca nel centro di Basilea. Tra scalette, sgabuzzini, cantine, caveau e sottotetti l’atmosfera era la stessa – un po’ superata – delle edizioni di Liste di tanti anni fa, che si tenevano dentro a un vecchio birrificio. Insomma divertente e interessante, forse, ma nulla di innovativo come nelle edizioni precedenti.
E il design?

C’è qualcosa che non torna tra il design e la settimana dell’arte di Basilea. Si è provato a portare in Svizzera la fiera Design Miami, ma le edizioni sono state sempre in peggioramento fino alla cancellazione. Quest’anno è subentrata l’organizzazione MAZE che ha azzardato una piccola fiera di design dentro a una chiesa neogotica sconsacrata. Poche gallerie e pochi giorni di apertura non hanno contribuito al pieno successo dell’iniziativa. Vedremo il prossimo anno. Altrimenti si tratterà di arrendersi all’evidenza che, in questa settimana, per il design non c’è spazio.
La fiera Liste

Festeggiava 30 anni quest’anno, Liste. Niente male per una fiera considerata “giovane” e orientata alle gallerie più di ricerca. La qualità delle proposte era oggettivamente elevata, ma il fascino della rassegna è andato da tempo a farsi benedire a causa di un allestimento standardizzato in cui le gallerie sembrano tanti polli in batteria costretti a spazi tutti uguali e monotoni. Quest’anno il tentativo di dare una svolta è apparso piuttosto patetico: invece di presentarsi con un allestimento circolare come negli ultimi anni, Liste ha smontato il grande cerchio di cartongesso attorno al quale erano allestiti gli stand e ne ha fatto un disegno diverso disponendo diversamente tante porzioni di cerchio. Un po’ poco perché cambiasse l’atmosfera che è quella piuttosto banale di un hangar fieristico. E pensare che Liste è stata la fiera che ha insegnato al mondo come si allestisce una fiera alternativa al punto che, come diciamo sopra parlando di Basel Social Club, quella atmosfera viene oggi addirittura copiata e ispira progetti nuovi…
Massimiliano Tonelli
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