Qualcuno si esprima sul futuro delle Sovrintendenze

Attaccate da un lato e difese dall’altro, le Sovrintendenze si trovano in mezzo a un fuoco che non permette loro di lavorare come dovrebbero per tutelare il patrimonio e il territorio. Quale futuro si prospetta?

Al Senato arriva una legge Lega-FdI che potrebbe estendere il silenzio assenso ai progetti privati e toglie altri poteri agli enti. Nel commentare la legge, alcuni Senatori in Fratelli d’Italia dichiarano su Repubblica che “La tutela è sacrosanta ma spesso diventa un alibi per i dirigenti per non firmare gli atti”. Una legge e una dichiarazione che chiaramente, in campo culturale, sono l’equivalente di un “ring” su cui far salire i rappresentati delle due tifoserie: non stupiscono dunque i cori che da un lato inneggiano al progresso e all’altro alla tutela, le affermazioni lapidarie dell’una e dell’altra parte, i commenti senza contenuto che ribadiscono la posizione e non le motivazioni che le generano. Quello sulle sovrintendenze è infatti uno degli argomenti più delicati che ci possano essere in ambito culturale: un tema la cui carica esplosiva è veramente difficile da disinnescare, atteso si tratti di un tema profondamente politico e preso atto di come il dibattito su temi così fortemente politici venga gestito nel nostro Paese.

Luci e ombre delle Sovrintendenze

Al fine di chiarire dunque le premesse, è necessario esplicitare alcune posizioni di base: è innegabile che le Sovrintendenze abbiano svolto e svolgano un ruolo fondamentale per la tutela del nostro territorio; è altrettanto innegabile che tali uffici, nell’esercitare il proprio potere, abbiano talvolta assunto posizioni ideologiche interpretando il proprio ruolo con un approccio vicino all’ortodossia; è, ancora, altrettanto innegabile che al di là di tali casi, la mole di lavoro attribuita a tali uffici sia cresciuta nel tempo, e che invece le dotazioni organiche ed economiche non abbiano seguito la medesima proporzione.

Arsenale Borbonico di Palermo, una delle sedi della Soprintendenza del MareArsenale Borbonico di Palermo, una delle sedi della Soprintendenza del Mare
Arsenale Borbonico di Palermo, una delle sedi della Soprintendenza del Mare

Dobbiamo salvare le Sovrintendenze?

Tenendo conto di queste premesse, la condizione che oggi viviamo è più o meno questa: da un lato c’è chi ritiene che le Sovrintendenze siano uno degli ultimi baluardi di un approccio socialista alla cultura, che conferisce ai sovrintendenti un potere di veto che talvolta viene espresso con arbitrarietà e che va a discapito delle innovazioni e delle grandi opere; dall’altro abbiamo chi difende il lavoro e il ruolo delle Sovrintendenze, attribuendo ad esse il compito di tutelare l’interesse, il patrimonio e il territorio nazionale dall’agire spesso spregiudicato di imprenditori con poca attenzione alla cultura; infine, abbiamo le Sovrintendenze, che ormai giunte in una condizione di difficoltà d’organico, difficoltà che si rintraccia sia sotto l’aspetto quantitativo sia sotto l’aspetto qualitativo (condizione potenziata dall’avvento delle nuove tecnologie), faticano ad evadere la crescente mole di pratiche, all’interno delle quali si alternano casi di grande rilevanza a quisquilie che tuttavia, a fronte dell’elevato livello di burocrazia, richiedono in ogni caso un tempo ante-informatico di risoluzione.

Lo stillicidio delle Sovrintendenze

In uno dei più calorosi tentativi di mettere a fuoco la condizione delle Sovrintendenze, Cecchi, nel suo Abbecedario, inserì un crono di lavoro che mostrava come, per “iniziare” un restauro di un bene culturale (inteso in senso giuridico), fossero necessari diciannove mesi, e di come, di tali diciannove mesi, poco più della metà fossero rappresentati da scadenze istituite per legge. Di fronte a tali condizioni, quindi, pare opportuno affrontare in modo più chiaro e aperto il futuro che si vuole riservare alle sovrintendenze. Per quanto sia un tema delicato, infatti, bisogna in qualche modo rendersi conto che allo stato attuale le Sovrintendenze sono sottoposte ad una condizione di stillicidio, cui si aggiungono, sporadici ma rumorosi, attacchi più o meno frontali al loro operato, senza tuttavia creare le condizioni per migliorarlo.

Quale futuro per le Sovrintendenze?

È infatti innegabile che, se le sovrintendenze devono esserci, devono essere messe in condizione di eseguire il proprio lavoro in modo consono, produttivo, e coerente con le direttive che vengono loro attribuite. E questo è vero sia che si tifi per le Sovrintendenze, sia che si tifi per le ruspe. Lasciarle affogare in un muro di gomma non è propriamente la strategia più corretta per il bene del nostro Paese.

Stefano Monti

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Stefano Monti

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Stefano Monti, partner Monti&Taft, è attivo in Italia e all’estero nelle attività di management, advisoring, sviluppo e posizionamento strategico, creazione di business model, consulenza economica e finanziaria, analisi di impatti economici e creazione di network di investimento. Da più di…

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