A New York la grande installazione di Antonio Marras per la mostra dedicata a Maria Lai 

Ad animare la prima retrospettiva dell'artista sarda negli Stati Uniti è 'Llencols de aigua', la grande installazione realizzata assieme allo stilista italiano Antonio Marras

Eclettico e visionario: così si può definire il lavoro di Maria Lai (Ulassai, 1919 – Cardedu, 2013), figura chiave dell’arte italiana del secondo Novecento. Attraverso le sue opere, Lai è riuscita a collegare le tradizioni della nativa Sardegna e l’influenza della cultura americana, lasciando un segno sulla scena artistica internazionale. È a lei che Magazzino Italian Art a Cold Spring (New York) ha deciso di dedicare Maria Lai. A journey to America, la prima retrospettiva negli Stati Uniti, visibile fino al 28 luglio. A cura di Paola Mura, direttrice artistica del museo, la mostra si compone di circa 100 opere di Maria Lai a cui si unisce la grande installazione Llencols de aigua realizzata dall’artista assieme ad Antonio Marras.

Maria Lai e Antonio Marras, Alghero, 2003. Courtesy Daniela Zedda
Maria Lai e Antonio Marras, Alghero, 2003. Courtesy Daniela Zedda

La mostra di Maria Lai da Magazzino Italian Art a New York

Maria Lai. A Journey to America si apre con una rassegna delle opere che indagano il paesaggio e la cultura sarda, elementi che hanno profondamente influenzato i suoi primi lavori. Nel 1945 Maria Lai inizia a creare disegni a matita, inchiostro e acquerello (in mostra Veduta di Cagliari, 1952, MIA; Ritratto di Salvatore Cambosu, 1952, Collezioni civiche di Cagliari), oltre a dipinti e sculture che rivelano le sue straordinarie capacità tecniche e artistiche nella figurazione.
Successivamente, nella sua produzione avviene una trasformazione significativa: il realismo che aveva caratterizzato le opere degli anni precedenti si evolve in uno stile più essenziale, come si evince in Ovile (1959) e Gregge di pecore (1959), dove la semplicità formale si intreccia a una profonda tensione narrativa. Dalla fine degli Anni Cinquanta, e per quasi un decennio, Lai si dedica alla sua ricerca artistica senza cercare opportunità espositive e orientandosi verso una linea più radicale. Inizia a esplorare l’uso di vari materiali dando vita a un linguaggio artistico del tutto rinnovato, come in Composizione Polimaterica (1964) di MIA e Composizione Policromatica. Territorio Sardo dal cielo (1965) della Collezione d’Arte della Fondazione di Sardegna.

Maria Lai e l’America

La mostra pone un focus importante anche sul viaggio di Maria Lai in America, tra Montreal, Canada e New York, USA, durante il quale porta con sé alcune delle opere (per lei più significative) con la speranza di esporle. Visibili per la prima volta, in mostra sono presenti sette di queste opere, tra cui Notturno n.2 e Pietre (1968), provenienti da una collezione privata americana. In questa occasione Lai sviluppa un forte interesse per le culture visive dei nativi americani, che esplora durante il suo soggiorno in Ontario. La mostra dà rilevanza a queste opere attraverso, fra le altre, la tela cucita Veliero (1972) e la geografia La costellazione di Raffaello (1983) di MIA; il telaio Senza titolo (1975) e la Geografia (1986) della collezione MAN. E ancora i Libri cuciti asemantici (in mostra Non era un sogno, 1979, di MIA), esposti nella collettiva Materializzazione del Linguaggio, curata da Mirella Bentivoglio in occasione della Biennale di Venezia del 1978, cui seguiranno le Fiabe cucite (in mostra Tenendo per mano l’ombra, 1987, MIA e Maria Pietra, 1994, collezione privata) che riflettono la sua fascinazione per le leggende, i sogni e gli archetipi, temi ricorrenti nella sua opera.

Maria Lai, 2008. Courtesy Daniela Zedda
Maria Lai, 2008. Courtesy Daniela Zedda

Maria Lai: la Sardegna come punto di ancoraggio e fonte di ispirazione

‘Maria Lai. A Journey to America’ esplora il percorso creativo e personale di Maria Lai, con la Sardegna come punto di ancoraggio e fonte inesauribile di ispirazione”, spiega Paola Mura, direttrice artistica di Magazzino e curatrice della mostra. “Da queste radici profonde, Lai ha espanso la sua ricerca artistica, intrecciando le tradizioni sarde con i principi dell’Arte Povera. In questo processo, si è confrontata con i dibattiti culturali e sociali del suo tempo, accogliendo le influenze degli artisti e degli scrittori americani che ammirava. Queste combinazioni uniche fanno di Maria Lai un’artista straordinariamente attuale in un mondo in cui la fusione di tradizioni storiche, filosofie diverse e immagini contrastanti è parte integrante della nostra quotidianità. Sono profondamente orgogliosa di presentare la prima retrospettiva statunitense del suo lavoro al Magazzino Italian Art, dove l’eccezionale collezione di Arte Povera del museo offrirà il contesto ideale per valorizzare il contributo unico di Maria Lai”.

Valentina Muzi

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Valentina Muzi

Valentina Muzi

Valentina Muzi (Roma, 1991) è diplomata in lingue presso il liceo G.V. Catullo, matura esperienze all’estero e si specializza in lingua francese e spagnola con corsi di approfondimento DELF e DELE. La passione per l’arte l’ha portata a iscriversi alla…

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