Portare Venezia fuori Venezia è tuttavia impresa titanica e quasi impossibile, come dimostrano le tante esposizioni in giro per il mondo consacrate ai tesori della Serenissima. Impossibile, se non si è Napoleone, asportare i grandi teleri; portare in mostra le architetture aeree con cui dipinti e statue vivono in simbiosi; inondare le sale espositive dell’acqua e della luce di cui sono imbevute le tele.
E però ci si continua a cimentare nell’impresa: i nomi dei grandi maestri veneziani assicurano le file al botteghino. Pensiamo alle Scuderie del Quirinale, in cui negli ultimi anni si sono succeduti Bellini, Lotto, Tintoretto e, da ultimo, Tiziano. Mostre zeppe di capolavori, che tuttavia non convincevano, anche perché, con quei titoli costituiti dal solo nome dell’artista, promettevano un’esaustività che erano ben lontane dal poter vantare. Potrebbe andare meglio, perché usciti dalla mostra c’è Venezia, alle rassegne allestite in Laguna, ma anche qui non sono mancati i problemi: l’arrivo dall’Hermitage, nell’estate del 2012, di un enorme e più che dubbio giovane Tiziano sollevò un vespaio.

Molto stimolante è invece l’esperimento tentato con la mostra di Manet in corso a Palazzo Ducale, che potrebbe inaugurare un filone espositivo sul ruolo dell’arte veneziana come modello: da mostre dedicate a un tema di straordinario interesse come questo potrebbero venire frutti significativi, se si sarà in grado di abbinare rigore scientifico e richiamo sul pubblico.
Fabrizio Federici
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #13/14
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