È Kader Attia (Dugny – Seine-Saint-Denis, 1970) a conquistare la 16esima edizione del Prix Duchamp, il massimo riconoscimento per un artista che sia nato in Francia o abbia scelto questo Paese come propria residenza, che comporta un sostegno alla sua attività creativa del valore di 35mila euro. L’annuncio, arrivato nel pieno della settimana di FIAC – la fiera d’arte che anima la Ville Lumière dal 20 al 23 ottobre – vede il vincitore avere la meglio, come da tradizione, su altri tre finalisti, in questo caso Barthélémy Toguo (M’Balmayo –Camerun, 1967. Vive a Parigi), Yto Barrada (Parigi, 1971), e Ulla von Brandenburg (Karlsruhe, 1974. Vive a Parigi).
Attia, che lavora anche con la galleria italiana Continua, sembra essere l’uomo del momento in quel di Parigi: ha appena inaugurato nel 10° arrondissement, a un passo dalla Gare du Nord, il suo La Colonie, luogo multidisciplinare ideato in collaborazione con il ristoratore Zico Selloum con lo scopo di costruire una piattaforma conviviale dove discutere e fare arte – attraverso tal, letture pubbliche, workshop – uscendo dalle dinamiche proprie degli spazi museali. Un progetto dalla forte valenza simbolica – l’inaugurazione del 17 ottobre cadeva nell’anniversario della repressione nel sangue, nel 1961, della rivolta degli algerini residenti in Francia, che secondo le stime non ufficiali avrebbe causato almeno 200 morti – e che vivrà il 21 ottobre il suo primo grande happening: con un intervento di Michelangelo Pistoletto e una cena collettiva, cucinata dalla madre dello stesso Attia.
IL PREMIO: ORIGINI E OBIETTIVI
Ritenuto da alcuni l’equivalente francese del Turner Prize, il Prix Duchamp nasce in realtà da presupposti diversi: è istituito su iniziativa dell’ADIAF, Associazione Internazionale per la Diffusione dell’Arte Francese, che raccoglie circa 400 collezionisti e si occupa attraverso l’allestimento di mostre e la promozione del lavoro dei singoli artisti, di incrementare la cultura del collezionismo privato nel Paese. Trovando una sponda nel Centre Pompidou, da sempre partner dell’iniziativa, che solitamente metteva a disposizione le proprie sale per una personale dell’artista vincente della durata di tre mesi. È la prima volta, quest’anno, che tutti i quattro nomi della shortlist vengono chiamati a esporre insieme nel Centre Pompidou – fino al 30 gennaio 2017 – cambiando quindi radicalmente la formula dell’iniziativa. In questo avvicinandola sì a quella proposta dal Turner
LA GIURIA E I VINCITORI
A determinare il successo una giuria quest’anno composta dai collezionisti Erika Hoffmann, Gilles Fuchs (presidente di ADIAF) e Laurent Dumas, cui si sono aggiunti il direttore del Musée national d’art moderne di Parigi Bernard Blistène, quello del Reina Sofia di Madrid Manuel Borja-Villel e la direttrice della Whitechapel Gallery di Londra Iwona Blazwick.
Il palmares vede in rigoroso ordine cronologico Thomas Hirschhorn (2000), Dominique Gonzalez-Foerster (2002), Mathieu Mercier (2003), Carole Benzaken (2004), Claude Closky (2005), Philippe Mayaux (2006), Tatiana Trouvé (2007),Laurent Grasso (2008), Sâadane AFIF (2009), Cyprien Gaillard (2010), Mircea Cantor (2011), Daniel Dewar e Grégory Gicquel (2012), Latifa Echakhch (2013), Julien Prévieux (2014), Melik Ohanian (2015). E ora, naturalmente, Attia.