Dalla notte del 20 maggio, sventola vittorioso, il vessillo nero dell’Isis su Palmira. Dopo la conquista dell’antica oasi nel deserto siriano, la cittadina si è spopolata e l’antico anfiteatro romano, sino a qualche tempo fa meta di turisti, si è trasformato nel palcoscenico di pubbliche esecuzioni capitali. Secondo quanto riportato dall’Osservatorio nazionale per i diritti umani, tra le antiche colonne del sito sarebbero stati giustiziati venti soldati e miliziani filo-regime siriani. Ai jihadisti dell’Isis piacciono gli atti eclatanti, lo sappiamo. E cosa c’è di meglio che ambientare esecuzioni a colpi d’arma da fuoco in un luogo dove nei tempi antichi ci si sollazzava di fronte a scene sanguinarie?
Nella tragedia non è dato neanche rallegrarsi del fatto che l’anfiteatro sia ancora in piedi. Per ora. Nelle ultime ore si sta diffondendo la voce – non ancora confermata – che le milizie del nuovo Stato Islamico hanno preso in mano i picconi per distruggere il museo dell’antico sito romano e la monumentale statua raffigurante il sacro leone di Al-lat. Un rappresentante dell’Isis avrebbe fatto sapere ad un’emittente radio vicina al Califfato che non è loro intenzione radere al suolo le antiche vestigia, mentre invece ha dichiarato che non avranno alcuna pietà per le statue che in tempi passati sono state oggetto di venerazione.
– Marta Pettinau