Italia desaparecida. Alla Gwangju Biennale in autunno ci saranno artisti da Francia, Germania, Slovacchia, Romania, Grecia, Polonia, ma nessun connazionale: perché?

Che si annunci la lista degli artisti invitati a una biennale che si tiene in Corea, ovvero a sette ore di fuso orario dal nostro paese, e che fra questi non ci sia nessun italiano, potrebbe anche non essere una notizia. Ma se quella rassegna risponde al nome di Gwangju Biennale, ovvero una rassegna tradizionalmente […]

Jessica Morgan, la curatrice della biennale

Che si annunci la lista degli artisti invitati a una biennale che si tiene in Corea, ovvero a sette ore di fuso orario dal nostro paese, e che fra questi non ci sia nessun italiano, potrebbe anche non essere una notizia. Ma se quella rassegna risponde al nome di Gwangju Biennale, ovvero una rassegna tradizionalmente molto aperta alla scena globale, e se in quella lista compaiano artisti provenienti – per restare solo alla vecchia Europa – da Francia, Germania, Svizzera, Inghilterra, Belgio, Islanda, Svizzera, Slovacchia, Romania, Grecia, Polonia, allora qualcosa su cui riflettere c’è. Siamo alle solite: salvo rarissime eccezioni, l’Italia brilla per desolante assenza dal panorama artistico internazionale.
Quali le motivazioni? Una questione sulla quale tutti si interrogano: difetti di “sistema”? Eccessiva esterofilia dei nostri curatori? Problemi di prospettiva degli artisti nostrani, che continuano a confrontarsi con un panorama troppo circoscritto? Fatto sta che dal 5 settembre al 9 novembre prossimi andrà in scena una nuova biennale “italian-free”, con 105 artisti provenienti da diversi 36 paesi e ben 35 nuove commissioni, per la cura di un nome forte come quello di Jessica Morgan, curatrice di International Art alla Tate Modern di Londra. E non è neanche una novità, visto che l’Italia era assente anche all’ultima edizione, nel 2012, quella curata dal pool di sei critiche donne.
Qualche highlight? Ci sarà modo per fornirne di approfonditi, intanto c’è solo di che far bruciare ancor più forte le ferite, visto che la lineup è davvero prestigiosa, con nomi come quelli di Allora & Calzadilla, George Condo, Jeremy Deller, Ólafur Elíasson, Urs Fischer, Dan Flavin, Camille Henrot, Carsten Höller, Pierre Huyghe, Gabriel Orozco, Piotr Uklański.

www.gwangjubiennale.org

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Massimo Mattioli
É nato a Todi (Pg). Laureato in Storia dell'Arte Contemporanea all’Università di Perugia, fra il 1993 e il 1994 ha lavorato a Torino come redattore de “Il Giornale dell'Arte”. Nel 2005 ha pubblicato per Silvia Editrice il libro “Rigando dritto. Piero Dorazio scritti 1945-2004”. Ha curato mostre in spazi pubblici e privati, fra cui due edizioni della rassegna internazionale di videoarte Agorazein. È stato membro del comitato curatoriale per il Padiglione Italia della Biennale di Venezia 2011, e consulente per il progetto del Padiglione Italia dedicato agli Istituti Italiani di Cultura nel mondo. Nel 2014 ha curato, assieme a Fabio De Chirico, la mostra Artsiders, presso la Galleria Nazionale dell'Umbria di Perugia. Dal 2011 al 2017 ha fatto parte dello staff di direzione editoriale di Artribune, come caporedattore delle news.