Gli orizzonti dell’entroterra salentino sono un po’ più contratti di quelli dell’Arizona o del deserto di Tabernas, ma al netto di una natura decisamente più generosa la dominante cromatica resta quella rossa, bruna e polverosa che ci ha riempito gli occhi attraverso i western. Spaghetti o meno che siano. Non è forse un caso, quindi, se Maurizio Vierucci trova maggiore soddisfazione nell’armonica che non nella fisa, nel rock alla Johnny Cash e non nella pizzica di una Puglia diventata terra da desperados del folk. Un cantautorato crudo e vigoroso quello che il nostro porta avanti da anni attraverso il mooniker di Oh Petroleum, marchio dietro cui si cela una compatta e asciutta one man band da tempo entrata nell’orbita dell’arte contemporanea. Come spalla musicale di Luigi Presicce, che ha accompagnato nel corso dell’azione andata in scena a Bologna in occasione dell’ultima Arte Fiera; ma anche come ospite dei concerti della serie Tappeto Acustico alla Strozzina. Vierucci compare ora a Milano per un inedito ed intimo live show: un concerto peer-to-peer, ma rigorosamente analogico e mai così distante dalla virtualità, in scena negli spazi ibridi della Marsélleria. Si entra uno alla volta stanza vuota, obliata da quinte rigorosamente nere; l’occhio di bue tratteggia appena nel buio la silhouette dell’artista, voltato di spalle. Completo total black e acustica a tracolla, l’invito è ad appoggiare un orecchio sulla spalla, trasformando il suo corpo in cassa di risonanza, in cantautore in juke-box casuale che distilla brani dell’imminente Memory of mine memory to be, in uscita a gennaio proprio con Marséll. Non dura che una manciata di minuti, ma l’esperienza coinvolge e delizia. Nell’annullamento del palco, nella rivoluzionaria semplicità del contatto fisico, si accelera il flusso diretto di una musica che ferisce e al tempo stesso sanguina. Come nella miglior tradizione del folk-blues d’autore.
– Francesco Sala