Ha imparato l’arte e l’ha messa da parte. Intesa come Pop Art, naturalmente: una decade di onorato apprendistato nella Factory, dal 1972 al 1982, lavorando in veste di strettissimo collaboratore di Andy Warhol. Conosciuto nel 1965 quando, adolescente, bazzicava gli indemoniati party a base di sesso e droga che incendiavano la scena ella Grande Mela; finendo a partecipare in prima persona, già l’anno successivo, ai furibondi show dell’Exploding Plastic Inevitable. Poi la scelta di svincolarsi, uscire dal cono d’ombra generato dall’ingombrante maestro; una prima personale, nell’80, ha aperto la strada ad una carriera che lo ha portato al Whitney, al MoMA e al MOCA. New York piange Ronnie Cutrone: scompare a 65 anni uno tra i protagonisti della seconda generazione della Pop Art, quella che attraverso personalità come Peter Mason è arrivata alla definizione del linguaggio Post Pop.
Cutrone ha eletto il mondo dei comics a proprio privilegiato ambito di riferimento: colori fluo e tinte shock per trattare la Pantera Rosa come fosse la Gioconda, indugiando sui profili dei vari Mickey Mouse, Woody Woodpecker, Felix. In Italia è arrivato presto, messo da Lucio Amelio su un aereo in direzione Napoli; negli ultimi anni ha esposto a Milano con Lorenzelli.
– Francesco Sala