Dalla Francia a Basilea il passo è breve: la collezione Renard trova casa alla Fondazione Beyeler. Una trentina le opere dello storico dirigente Renault ereditate dal museo, che per la prima volta diventa beneficiario di un lascito
Piove sempre sul bagnato. Come se non avesse già una collezione di strepitosa importanza; come se non avesse la forza – economica, in primis: ma non solo – di allestire temporanee dal profilo empireo: la Fondazione Beyeler mette ora a segno un altro colpo. E questa volta senza nemmeno muovere un dito. Non era mai […]
Piove sempre sul bagnato. Come se non avesse già una collezione di strepitosa importanza; come se non avesse la forza – economica, in primis: ma non solo – di allestire temporanee dal profilo empireo: la Fondazione Beyeler mette ora a segno un altro colpo. E questa volta senza nemmeno muovere un dito. Non era mai successo, nella quindicina d’anni di vita del museo svizzero, che qualcuno scegliesse proprio la Beyeler come beneficiaria di un lascito: capita con le trentatré opere raccolte nel corso degli anni da Claude Renard e dalla moglie Micheline, nucleo principale di una più ricca collezione, impacchettate e spedite dalla Francia a Basilea. La fondazione sentitamente ringrazia: arrivano Jean Dubuffet, Sam Francis e Sigmar Polke; ma anche Basquiat e Baldessari. Si rimpolpa il catalogo, insomma, con una infornata di nomi che coprono il secondo dopoguerra e arrivano fino all’attualità: una finestra omogenea, integrata negli inventari del museo senza smarrirne l’identità. La collezione mantiene infatti la propria denominazione: più che una vera e propria annessione, allora, l’inizio di un comune percorso parallelo. Che comincia in questi giorni con l’imprescindibile esposizione dei nuovi arrivati, mostrati al grande pubblico per la prima volta tutti insieme.
Un’operazione che rinfresca la memoria sulla eccezionale figura di Renard, dirigente Renault scomparso nel 2005, che portò con l’istituzione del dipartimento Reserches, art et industries alla nascita della prima raccolta aziendale d’arte francese. Erano i primi Anni Sessanta, quelli che inaugurarono le grandi collettive sponsorizzate dalla casa automobilistica nell’abbazia di Sénanque. Erano altri tempi, altri modelli aziendali, altre economie. Altri uomini, soprattutto.
– Francesco Sala
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati