Milano d’estate. Dal sofferto bilancio per la cultura, ai (quasi) successi del Bramantino e di Dario Fo. Pochi entusiasmi e qualche polemica. Ma ci resta la movida. Forse…

Si sta spegnendo ineluttabile, serena come una vecchia zia che – alla meglio – lascerà in eredità qualche ammennicolo di poco conto. L’estate di Milano va via così, senza soffrire troppo; quasi eutanasica nell’accettazione della propria condizione di sciatta e consumata povertà, solo in parte mascherata e motivata da una natura storicamente e giustamente poco […]

Si sta spegnendo ineluttabile, serena come una vecchia zia che – alla meglio – lascerà in eredità qualche ammennicolo di poco conto. L’estate di Milano va via così, senza soffrire troppo; quasi eutanasica nell’accettazione della propria condizione di sciatta e consumata povertà, solo in parte mascherata e motivata da una natura storicamente e giustamente poco incline all’accoglienza del turista d’agosto. Milano, d’estate, chiude per ferie: arrivederci a settembre. Quando si presenteranno, puntuali, le gatte da pelare.
Il bilancio previsionale 2012 è stato un mezzo miracolo. È passato a larghissima maggioranza, al termine di una discussione da maratoneti chiusa con un voto favorevole che arriva prima delle scadenze imposte per legge; ha rispettato il Patto di Stabilità Orizzontale e permesso quindi di mettere le mani su un tesoretto da 30 milioni di euro che, altrimenti, sarebbe rimasto congelato. Ma come tutti i conti degli enti locali ha previsto lacrime e sangue, soprattutto alla voce cultura. Il taglio agli investimenti del pubblico sul comparto viaggiano, a seconda delle stime e delle campane, tra il milione e il milione e settecentomila euro; più o meno tra l’8 ed il 15% di quanto messo sul piatto, nel 2011, dalla precedente giunta Moratti.
Nozze con i fichi secchi per MiTo, il grande settembre musicale che si vede decurtati 600mila euro; accettata da mezzo milione anche per il Teatro degli Arcimboldi. La coperta è corta e le indicazioni su come lasciare al freddo il minor numero possibile di operatori è chiara: si spenderà qualcosina in più per mantenere i servizi di musei e biblioteche, si manterrà inalterato il fondo di oltre 2milioni di euro per le convenzioni con i teatri, si insisterà con la produzione in house di mostre low cost. Dalle parti di Palazzo Marino considerano un successo il Bramantino al castello, come pure i 15mila visitatori per Dario Fo a Palazzo Reale. Nel 2011 la mostra meno vista, in quello stesso spazio espositivo, vantava circa 200 accessi giornalieri in più rispetto al giullare: quando si dice accontentarsi di poco.

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Maurizio Cattelan, L.O.V.E., Piazza Affari (restauri in corso) – foto Zeno Zotti/ Rossella Faronotti, LabRouge

Un piccolo pantano culturale, Milano. Dove è passato sotto silenzio l’addio allo Smeraldo, settant’anni di teatro; dove i ponteggi che circondano L.O.V.E., il dito di Cattelan in piazza Affari, raccontano di lavori di pulitura eseguiti tra giugno e luglio, di un’occupazione di suolo pubblico scaduta ai primi di agosto e rinnovata fino al 30 settembre… per un’opera che oggi, telonata, non si può vedere; e domani potrebbe essere rimossa.
Ma ad accendere la polemica, oggi, è il fuoco amico sul caso movida, con Sinistra Ecologia e Libertà che mette alla berlina la banda Pisapia sul presidio che nelle sere d’estate fa delle colonne di San Lorenzo – tra vigili e carabinieri – una specie di Zona Rossa. Di quel bel vermiglio che un tempo associavi giusto al Campari, e che oggi profuma invece di allarme, per una città che sfarfalla come una falena e non sembra aver capito dove andare.

– Francesco Sala

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Francesco Sala

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