Non c’è solo Luca Beatrice in pole position per dirigere la prossima Artissima. Roberto Casiraghi potrebbe essere protagonista di un ritorno clamoroso. E Roma resterebbe senza fiera

La verità vera è che a Torino si sono scocciati, anche se non lo ammetterebbero neppure sotto tortura, di questa storia della curated-fair. Per carità, tutto molto figo e glam, ma poi il progetto industriale, perché una fiera è una azienda, ne scapita. Il curatore – che sia Andrea Bellini o Francesco Manacorda – può […]

La verità vera è che a Torino si sono scocciati, anche se non lo ammetterebbero neppure sotto tortura, di questa storia della curated-fair. Per carità, tutto molto figo e glam, ma poi il progetto industriale, perché una fiera è una azienda, ne scapita. Il curatore – che sia Andrea Bellini o Francesco Manacorda – può essere la persona più onesta e corretta del mondo, ma necessariamente pensa più alla sua carriera che al bene della rassegna. E la vive, intendiamoci in perfetta buona fede e in modo assolutamente professionale e lecito, come un taxi veloce che lo porterà al successivo incarico museale. E così da qualche anno Artissima oltre a riempire la casella della fiera italiana delle tendenze internazionali, ha dovuto riempire anche la casella “trampolino di lancio per giovani curatori verso grandi musei”. Bellini è saltato a Rivoli, Manacorda alla Tate.
Ovvio, dunque, che i vari Gianaria e Viglietta (della Fondazione Crt), i responsabili della Fondazione Torino Musei, la Compagnia di San Paolo, insomma tutti gli enti che hanno qualcosa a che fare con Artissima, oltre naturalmente a Regione Piemonte e Comune di Torino, stiano ripensandoci un po’ su. Ecco da dove deriva l’indiscrezione di una idea-Roberto Casiraghi che potrebbe essere qualcosa in più di un pettegolezzo. L’alternativa (starring l’assessore regionale Coppola) sarebbe Luca Beatrice, ma l’ipotesi Casiraghi è via via più concreta e potrebbe prendere forma in maniera clamorosa anche prima della fine dell’anno. Perché? Perché le austere istituzioni sabaude sanno alla perfezione che Casiraghi sta incontrando qualche difficoltà (lentezza, pressappochismo, mancanza di chiarezza? O semplicemente modo di fare “alla romana”?) nella Città Eterna, dove il Comune, Macro, Camera di Commercio tardano a mettere la macchina organizzativa nelle condizioni di partire per poter essere pronta a maggio per la nuova edizione.
Naturale, dunque, che il fantamercato dell’arte contemporanea speculi sugli spread e veda un Casiraghi richiamato a Torino in fretta e furia ed una Roma che rimane con un palmo di naso vedendosi scippare una rassegna che negli anni ha acquisito peso internazionale e che funge ormai da pivot ideale per gallerie, fondazioni e musei che nella Capitale sono tanti, ma che faticano a considerarsi sistema.

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