Da Cavour a Izhar Patkin, passando per Pistoletto. Com’è cambiato il Ristorante Del Cambio, a Torino
Dopo un importante restauro, uno dei più antichi e prestigiosi ristoranti di Torino, ha riaperto i battenti. Con molte novità, legate anche all’arte contemporanea. Ecco un video di presentazione e uno, nuovissimo, dedicato alle porcellane dell'artista Izhar Patkin
Un paio di mesi fa l’opening. Un nuovo capitolo nella secolare storia di un locale torinese, leader assoluto nel campo della ristorazione d’alta fascia, noto non solo per le prelibatezze culinarie ma anche per le atmosfere d’antan, sontuose ambientazioni tardo-settecentesche, che trasportano d’un balzo in un passato di fasti nobiliari e sfavillii borghesi. Lo scorso 14 aprile, il ristorante Del Cambio, in Piazza Carignano, è cambiato. Gioco di parole perdonabile, anzi necessario. Perché a cambiare è stato tutto, per davvero.
La proprietà, per cominciare. Che passata alla società Risorgimento, guidata da Michele Denegri, ha subito investito una somma importante per un restyling conservativo ma radicale. Restauri condotti sotto l’occhio vigile della Soprintendenza; nuovi allestimenti, che tanto hanno puntato sul recupero del classico, ma che pure hanno giocato la carta del contemporaneo; e poi nuovi menu, affidati alla squadra dello chef Matteo Baronetto e in parte ripensati anche nei costi, a favore di target più giovani.
Il contemporaneo, dicevamo. Quello, innanzitutto, di una serie di artisti internazionali, invitati a dialogare con i due piani dello spazio, connettendo la monumentalità di architetture storiche, la preziosità di arredi d’epoca e la radicalità estetica e concettuale di forme e segni del presente. Operazione riuscita, grazie alle serigrafie su specchi di Michelangelo Pistoletto, al wall painting dorato su soffitto di Arturo Herrera, all’utopica città disegnata da Pablo Bronstein, ai tavoli e le sedute di Martino Gamper. Il tutto a convivere, manco a dirlo, con velluti, stucchi, cristalli, marmi, affreschi, stampe antiche.
E non poteva mancare, naturalmente, un intervento originale che riguardasse anche i servizi per la tavola. Porcellane pregiate, ça va sans dire, affidate all’estro dell’israeliano Izhar Patkin. Da un minuzioso lavoro di recupero e personalizzazione, sono venuti fuori 150 piatti assolutamente unici, con interventi a mano dell’artista: si tratta di stoviglie appartenenti ad alcune serie leggermente difettose, scarti manifatturieri di porcellane di Sèvres, su cui Patkin è intervenuto in maniera decisa, riprendendo il logo del ristorante e marchiando pittoricamente ogni pezzo. Testimonianze di una straordinaria eccellenza artigiana, contaminata dall’audacia dell’arte contemporanea.
Così, tra le sale in cui nei decenni hanno cenato, passeggiato, conversato, Casanova, Mozart, Goldoni, Balzac, Cavour, Nietsche, Eleonora Duse, la Callas o Audrey Hepburn, altri illustri personaggi si accomoderanno, magari gustandosi dell’agnello o degli agnolotti alla piemontese su un piatto scintillante d’artista. Tra glorie della tradizione ed energia del cambiamento.
Helga Marsala
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